L’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile è la strada che le istituzioni internazionali e gli Stati hanno tracciato per governare la vita della nostra specie in un Mondo globalizzato. Proseguire su questa rotta è l’unica chance attualmente disponibile per non soccombere alle spinte di disgregazione e conflitto evidenti in molti campi.
Il “Patto per il futuro” siglato dall’Onu in autunno ha rilanciato ulteriormente la posta, assumendo “un ruolo fondamentale nel definire gli sforzi futuri per rispettare gli impegni assunti nell’ambito dell’Agenda 2030 e accelerare i progressi verso gli Obiettivi” per “garantire che le istituzioni internazionali siano in grado di agire in un Mondo che è cambiato radicalmente da quando sono state create.”
Ma il “Patto per il futuro” sarà effettivamente, come ci chiedevamo quando fu approvato, il rilancio della governance internazionale o piuttosto l’ ultima illusione, ricca di buoni propositi difficilmente realizzabili?
A che punto siamo? I bilanci, anche molto precisi e dettagliati, articolati per ognuno dei diciassette Obiettivi di cui l’Agenda è composta, non mancano. L’ultimo, di cui riportiamo brevemente di seguito il quadro sintetico è di pochi mesi fa.
Avvertiamo subito che non bastano numeri e tabelle – seppur utilissimi – per capire come sta andando. Molto, moltissimo, dipende dalle dinamiche profonde, sociali, politiche, economiche ecc che agiscono a vari livelli, e di cui i dati di bilancio degli Obiettivi sono solamente un indicatore sintetico finale.
Come sempre, insomma, i dati devono essere letti e interpretati. Questo è quello che facciamo su Agenda17 Plus anche in questo dossier.
Bilancio generale per un terzo positivo. Guerra, crisi climatica e differenza di genere giocano un ruolo trasversale nei ritardi
Secondo il recente rapporto Onu che analizza i progressi negli ultimi 10 anni, “il Mondo è sulla buona strada o sta compiendo progressi moderati per quanto riguarda il 35% dei 137 obiettivi di sviluppo sostenibile. Per il 47% degli obiettivi i progressi sono insufficienti e si è registrata una regressione rispetto al valore di riferimento del 2015 per il 18%.”

Per tutti gli Obiettivi, e per i target di ognuno di essi, il report Onu fornisce un chiaro quadro dei punti di forza e debolezza del cammino percorso in questo ultimo decennio e individua cosa manca per l’ultimo quinquennio.
In questo dossier, Agenda17 Plus prende in esame alcuni Obiettivi che ci sono parsi particolarmente significativi. Nell’analizzarli, emerge – e questo ci pare importante segnalare ai lettori – che oltre alle singole variabili che descrivono la situazione, ci sono dei problemi “trasversali” che sono determinanti e generalizzati per capire l’evoluzione della situazione di tutti gli Obiettivi.
Il tema più evidente è quello della guerra. Dove c’è guerra tutti gli sforzi sembrano vani, e tutti gli Obiettivi si allontanano. Un caso eclatante, per restare alle notizie di questi giorni, è quello della guerra a Gaza, dove non solo la fame (Obiettivo 2) è una tragedia ormai inarrestabile, ma è addirittura diventata arma di guerra.
“La pace e la sicurezza sono i fondamenti dello sviluppo sostenibile – afferma il rapporto- e si sono notevolmente deteriorate. I conflitti sono aumentati in frequenza, intensità e durata, devastando vite umane e mezzi di sussistenza.
Così è per la crisi climatica che, oltre a incidere direttamente su tutti i numerosi Obiettivi legati all’ ambiente, colpisce anche la salute (Obiettivo 3) e arriva a compromettere l’istruzione (Obiettivo 4).
“L’azione per il clima- dice il rapporto – rimane ben al di sotto del livello richiesto per rispettare gli impegni previsti dall’Agenda 2030 e dall’Accordo di Parigi.”
Altro problema “trasversale” che determina il successo o l’insuccesso nel raggiungimento di molti Obiettivi è la parità di genere. Per lo specifico Obiettivo (il n. 5) il rapporto segnala che “I progressi in materia di parità di genere sono disomogenei e insufficienti. A trent’anni dalla storica dichiarazione e Piattaforma d’azione di Pechino, la parità di genere rimane un obiettivo difficile da raggiungere.”
E le conseguenze negative si riflettono in tanti campi. Un esempio per tutti è quello dell’ Obiettivo 4 (Istruzione). Dall’Afghanistan ai Paesi democratici e sviluppati. Se a Kabul – come abbiamo costantemente riferito – alle ragazze è stata chiusa ogni possibilità di accesso all’istruzione, nel nostro Paese – come documentiamo nel dossier – accedere ai più alti livelli delle istituzioni dell’alta formazione è ancora una questione di genere oltre che di origine famigliare.
Prima di passare alla lettura degli articoli di questo dossier, un’ultima avvertenza: se i ritardi e le preoccupazioni sono costanti per tutti gli Obiettivi, non mancano però indicazioni positive importanti. Ancora una volta si tratta di coglierle e interpretarle correttamente nella marea di informazioni.
Sicuramente positivo e “trasversale” a tutti gli Obiettivi è “ il netto miglioramento della disponibilità dei dati, che ha rafforzato la base di dati per l’elaborazione delle politiche” rilevato nel rapporto. “Questi aggiornamenti hanno migliorato la capacità dei Paesi di monitorare i progressi e di orientare lo sviluppo di politiche e investimenti basati sull’evidenza.”
“Dati”, “monitoraggio”, “evidenza”: questi ci sembrano criteri forti per controllare criticamente il cammino in itinere. Ottima notizia, dunque, che stiano migliorando. Dall’altra parte ci sono le dichiarazioni dei vertici istituzionali, gli auspici dei politici, gli impegni proclamati senza risorse appropriate ai summit internazionali….
In questo dossier
Per l ’Obiettivo 2 “Sconfiggere la fame” Milva Naguib ci fornisce il quadro generale che segnala, secondo le stime di Save the Children, che più di 17,6 milioni di bambini sono nati in condizione di fame nel 2023, un quinto in più rispetto al 2013.
Il caso eclatante e terribile della guerra di Gaza ci mostra come il tema “trasversale” della guerra incida drammaticamente sulla situazione dell’Istruzione. Al punto che, in un rovesciamento criminale di strategia, la fame diventa arma per vincere la guerra
Leggi tutto Fame nel Mondo: dalla crisi di Covid-19 la situazione è bloccata. Da Gaza alla Somalia, affamare le popolazioni è diventata una nuova arma di guerra, secondo Silvia Gison di Save The Children
Non solo la guerra: le carestie più recenti sono il frutto di una complessa interazione di conflitti, shock economici e condizioni climatiche estreme Secondo l’Integrated Security Phase Classification (IPC)
La malnutrizione acuta bloccherà la crescita di un bambino su cinque
L’Obiettivo 3 “Salute e benessere” viene affrontato da Emilia Guberti e Valentina Fajner sotto diverse angolazioni.
È un Obiettivo fra i più difficili e complessi da raggiungere per la quantità di risorse necessarie e per le variabili che entrano in gioco. Il quadro generale è caratterizzato da un rallentamento dei progressi che pure stavano lentamente avvenendo negli ultimi anni.
L’analisi presentata si articola secondo le principali tipologie di interventi che la sanità deve attuare e sottolinea due aspetti determinanti. Il primo è l’incidenza che ha avuto l’epidemia di Covid -19 e il secondo l’eccezionale riduzione di risorse finanziarie in questo campo decisa dall’amministrazione Trump
Rispetto al problema della difesa dalle epidemie, drammaticamente messo in luce da Covid-19, che ha condizionato i progressi nella salute globale degli ultimi anni, la buona notizia è che, seppure con l’astensione del nostro e pochi altri Paesi, nell’ambito della 78ª Assemblea mondiale della sanità, gli Stati membri dell’ Oms hanno formalmente adottato a Ginevra il primo Accordo pandemico globale.
I finanziamenti sono l’altro gravissimo problema che l’Oms, l’Agenzia Onu per la salute, ha dovuto affrontare. Certamente la scelta dell’amministrazione americana di defilarsi dall’Agenzia ha giocato un ruolo determinante, ma da tempo era sentita la necessità di una riforma. Qualcosa di positivo è già cambiato, con l’impegno degli Stati membri ad aumentare considerevolmente la propria quota fissa di finanziamento rispetto a quella delle donazioni volontarie.
Nell’ l’intervista a don Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm (Collegio universitario aspiranti medici missionari), emerge da parte di chi lavora sul campo la consapevolezza della rilevanza della mutata consistenza e geografia degli aiuti internazionali e del ruolo di concausa giocato dalle guerre, dalla crisi climatica e dal genere. E se non vi è dubbio che gli Obiettivi dell’ Agenda devono restare il faro a cui guardare, “non possiamo però più pensare a soluzioni calate dall’alto o a strategie lontane dalla realtà. Bisogna ripartire dalle comunità, dai territori, dalle persone”.

Intervista a don Carraro, direttore di Medici con l’Africa
Per l’Obiettivo 4 “Istruzione di qualità”, Francesca Maltagliati, intervistando Linda Jones di UNICEF, ricostruisce un quadro di progressi ancora insufficienti, mentre i risultati dell’apprendimento in molti Paesi mostrano un calo rispetto al passato. Centinaia di milioni di persone nel Mondo sono ancora analfabete.
Anche nel raggiungimento di questo Obiettivo si rende quanto mai evidente il peso di variabili “trasversali” come la guerra, la crisi climatica e il genere di appartenenza.
Guerre, crisi climatica, mancanza di docenti e di investimenti sono gli ostacoli
Il caso del progetto “Counting on teachers” della Sierra Leone, Paese che si trova agli ultimi posti nella graduatoria dell’ Indice di sviluppo umano, è proposto da Maltagliati come un modello di successo. Puntando sulla formazione degli insegnanti e sulla continuità e misurabilità degli interventi, il progetto costruisce una base duratura per i successivi interventi.
La situazione dei giovani ricercatori delle università italiane, esaminata da Bianca Antonica per questo Obiettivo intervistando Raffaele Vitolo, coordinatore AT Ricerca e membro della Segreteria nazionale dell’Associazione dei dottorandi e dei dottori di ricerca in Italia (Adi) e Sofia Gualandi, coordinatrice Adi Ferrara, è molto interessante perchè ci mostra come in un Paese dell’Occidente sviluppato (il nostro), anche ai più alti livelli di istruzione di qualità, permangono svantaggi e ostacoli alla piena uguaglianza dovuti alla posizione sociale della famiglia di origine e al genere.


L’Obiettivo 6 riguarda “Acqua pulita e igiene”. Alice Ghilardi ricostruisce il quadro dalla scala mondiale a quella del nostro Paese sia per quanto riguarda gli aspetti quantitativi di accesso alla risorsa idrica sia quelli qualitativi, strettamente legati alla salute. Ancora una volta la crisi climatica interviene a rendere tutto più difficile.
È un campo, questo, in cui risulta particolarmente evidente l’importanza del monitoraggio dei dati relativi all’accesso a servizi idrici sicuri e agli interventi messi in atto. Dovrebbero essere resi pubblici dati affidabili per garantire trasparenza ma anche per indirizzare decisioni future identificando le aree di intervento più critiche e gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi prefissati nei tempi auspicati.
Fondamentali la raccolta dei dati, il monitoraggio e l’intervento delle istituzioni
L’Obiettivo 14 “La vita sott’acqua” ha ricevuto particolare attenzione durante la stesura di questo dossier per alcuni concomitanti eventi internazionali dedicati al tema. Ce ne dà conto Angela Maria di Francesco, fornendoci un quadro aggiornato della situazione rispetto a grandi temi come i pericoli per la la biodiversità, l’aumento di plastiche e microplastiche e il miglioramento dello sfruttamento degli stock ittici.
Luci e ombre nel nostro Paese, ma la balneazione è sicura
È un campo, questo della protezione delle acque marine, in cui ricerca, raccolta di dati attendibili e monitoraggio giocano un ruolo fondamentale. La resilienza sta diminuendo e la prevenzione va rafforzata efficacemente La comprensione del nostro rapporto con l’ecosistema oceano è alla base di qualsiasi azione volta a tutelarlo e a utilizzarne in modo sostenibile il grande potenziale.
Non a caso “L’Ocean Literacy”, l’alfabetizzazione oceanica, definita come “la comprensione dell’influenza umana sull’oceano e dell’influenza dell’oceano sugli esseri umani” è al centro del Programma della Commissione oceanografica dell’UNESCO per il Decennio Onu delle scienze del mare per lo sviluppo sostenibile (2021-2030).
Leggi tutto Conoscere l’ecosistema oceanico per proteggerlo
L’Obiettivo 17 “Partnership per gli obiettivi” è analizzato da Sandy Fiabane, che ha intervistato Federico Frattini, docente di Economia dello sviluppo presso l’Università di Ferrara, attraverso l’attualissima chiave di lettura del protezionismo.

La scelta di Trump di ricorrere ai dazi ha stravolto il principio per cui questa misura economica è tradizionalmente riservata alle economie più povere limitatamente alla loro fase di sviluppo iniziale per potersi inserire sul mercato.
Per le economie meno resilienti dei Paesi poveri, che hanno minore possibilità di adattarsi, ora il loro sviluppo sarà rallentato, oltre che più costoso. Ma non è nemmeno detto che giovi agli americani, che nel breve periodo ci rimetteranno, con l’idea che nel medio-lungo periodo il protezionismo potrebbe, ma non è detto, portare dei benefici.
Un ruolo fondamentale dovrebbe averlo il WTO, secondo l’economista Frattini di Unife