Sostegno alle donne che si liberano dalla violenza. Molte parole e poche risorse: il Reddito di libertà arriva in ritardo e resta insufficiente

Più della metà di quelle accolte dai centri antiviolenza di D.i.Re non hanno un reddito sicuro

Dopo un’attesa di quasi un anno, solo a dicembre 2024 è stato firmato il decreto che sblocca i fondi per il Reddito di libertà per il triennio 2024-2026: dieci milioni di euro per ognuno dei tre anni. “Pur sembrando una buona notizia – dichiara Antonella Veltri, presidente di Donne in rete contro la violenza (D.i.Re) – questi fondi sono attesi da quasi un anno dalle donne che ne hanno fatto richiesta. In molti casi, questo ritardo ha pregiudicato i percorsi di libertà delle donne, che hanno dovuto rivedere i loro progetti di vita. Quello che non sembra chiaro è che le vite delle donne non possono aspettare.”

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Il Consiglio d’Europa denuncia l’approccio violento e degradante dei Cpr italiani, diventati come carceri

Sovra-prescrizione di psicofarmaci e uso eccessivo della forza contro i migranti, secondo il rapporto

Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Committee for the Prevention of Torture, CPT), un organo del Consiglio d’Europa, ha denunciato nel suo ultimo rapporto le condizioni di vita dei migranti trattenuti in quattro Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) italiani: Milano, Gradisca d’Isonzo (Gorizia), Potenza e Roma.

Come avevano già fatto il progetto “Chiusi dentro. Dall’alto” di PlaceMarks, Altreconomia e RiVolti ai Balcani, il CPT ha criticato la struttura simil-carceraria dei centri, con schermi a tripla maglia metallica alle finestre e cortili recintati da gabbie.

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Nel Mondo una donna uccisa ogni dieci minuti

Nello scatto di Luca Profenna, durante il corteo nazionale di “Non una di meno” a Roma una donna mostra chi sono i responsabili dei femminicidi

Dall’1 gennaio all’8 dicembre 2024, l’osservatorio nazionale del movimento transfemminista Non una di meno (Nudm) ha registrato 93 femminicidi, oltre a 6 suicidi di donne, 1 suicidio di un uomo trans e 1 suicidio di un uomo gay indotti da violenza etero-cis-patriarcale, 1 donna scomparsa e 8 casi in fase di accertamento, per un totale di 110 casi. Si contano poi almeno 48 tentati femminicidi.

Quasi la metà dei femminicidi accertati (47,3%) è stata commessa dai partner, percentuale che sale all’87,1% considerando anche gli ex-partner e i familiari.

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Carcere. Mai così tanti morti e suicidi. Anche fra le guardie carcerarie

Un girone di violenza che cresce per il diminuire di spazio vitale, delle alternative alla detenzione e delle possibilità di reinserimento. Convegno Unife “Resta diritto. Il carcere e i diritti che restano"

Al 2 dicembre sono ottantasette i suicidi nel 2024 nelle carceri italiane, su un totale di 233 morti: in tutto il 2023 erano 191, con sessantuno suicidi. Sono i dati di Ristretti orizzonti, che certifica il numero più alto di decessi e di suicidi dal 1992, con i detenuti che si tolgono la vita con una frequenza diciannove volte maggiore rispetto alle persone libere. E a ciò si aggiungono i suicidi di sette agenti di polizia penitenziaria, ulteriore segnale del disagio e della disperazione che si respirano all’interno delle strutture.

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“Ti senti come se fossi un subumano”

Striscia di Gaza. La foto di Amnesty International Italia. Rapporto"Israele sta commettendo genocidio contro la popolazione palestinese a Gaza”

Al 7 ottobre 2024, a distanza di un anno dall’inizio dell’offensiva di Israele nella Striscia di Gaza, l’esercito israeliano aveva ucciso 42mila palestinesi, tra cui oltre 13.300 bambini, e feriti oltre 97mila.
“Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza” è il titolo del rapporto di Amnesty International: oltre a morti e feriti, infatti, Israele ha anche forzatamente sfollato circa 1,9 milioni di palestinesi, il 90% degli abitanti di Gaza, almeno una volta. Queste persone si sono trovate a vivere in condizioni precarie che le sottopongono spesso a morte lenta e calcolata.

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Giustizia climatica: annullata la prima sentenza contro Shell. Manca un consenso scientifico unanime sulla percentuale di riduzione delle emissioni, secondo la Corte dell’Aja

Si conferma l’incertezza del diritto al clima: scienza e giudici non possono diventare legislatori

Al momento non c’è sufficiente consenso tra i climatologi su una percentuale specifica di riduzione delle emissioni a cui una singola azienda dovrebbe attenersi: è la motivazione con cui la Corte dell’Aja ha accolto l’appello della multinazionale britannica Shell contro il giudizio di primo grado con il quale un tribunale olandese le aveva imposto di ridurre le proprie emissioni di CO2 del 45% entro il 2030.

Per la Corte, infatti, non si può imporre una soglia precisa a una singola azienda: ne escono sconfitti gli ambientalisti ma, soprattutto, è stata ancora una volta messa a tacere la voce dell’ambiente.

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Il diritto al medico di base anche a chi vive in strada è legge. Ci sono voluti 15 anni e tre legislature

L’impegno di Mumolo presidente dell'associazione Avvocato di strada con le associazioni dei medici e chi si occupa di estrema povertà

“Un giorno storico, coronata una battaglia di oltre 15 anni” ha dichiarato Antonio Mumolo presidente dell’associazione Avvocato di strada, autore di una proposta di legge nazionale, per garantire l’assistenza sanitaria di base a chi vive in strada, depositata in Parlamento in tre legislature consecutive senza essere mai approvata.
Nel nostro Paese, fino ad oggi il diritto alla salute era garantito a tutti solamente sulla carta: nella realtà le cose erano ben diverse. Chi viveva in strada ed era privo di residenza anagrafica non poteva avere un medico di base e curarsi.

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