Carcere. Mai così tanti morti e suicidi. Anche fra le guardie carcerarie

Un girone di violenza che cresce per il diminuire di spazio vitale, delle alternative alla detenzione e delle possibilità di reinserimento. Convegno Unife “Resta diritto. Il carcere e i diritti che restano"

Al 2 dicembre sono ottantasette i suicidi nel 2024 nelle carceri italiane, su un totale di 233 morti: in tutto il 2023 erano 191, con sessantuno suicidi. Sono i dati di Ristretti orizzonti, che certifica il numero più alto di decessi e di suicidi dal 1992, con i detenuti che si tolgono la vita con una frequenza diciannove volte maggiore rispetto alle persone libere. E a ciò si aggiungono i suicidi di sette agenti di polizia penitenziaria, ulteriore segnale del disagio e della disperazione che si respirano all’interno delle strutture.

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“Ti senti come se fossi un subumano”

Striscia di Gaza. La foto di Amnesty International Italia. Rapporto"Israele sta commettendo genocidio contro la popolazione palestinese a Gaza”

Al 7 ottobre 2024, a distanza di un anno dall’inizio dell’offensiva di Israele nella Striscia di Gaza, l’esercito israeliano aveva ucciso 42mila palestinesi, tra cui oltre 13.300 bambini, e feriti oltre 97mila.
“Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza” è il titolo del rapporto di Amnesty International: oltre a morti e feriti, infatti, Israele ha anche forzatamente sfollato circa 1,9 milioni di palestinesi, il 90% degli abitanti di Gaza, almeno una volta. Queste persone si sono trovate a vivere in condizioni precarie che le sottopongono spesso a morte lenta e calcolata.

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Armi: aumentano la spesa dello Stato e gli affari delle imprese, ma i cittadini sono sempre più contrari

Impressionante il crescente scollamento delle scelte politiche e della narrazione mediatica rispetto alla volontà popolare. I dati delle ricerche

Il nostro Paese spende sempre più in armamenti, ma gli italiani sono contrari alle spese per le armi e a inviarle nei luoghi di guerra.

Lo sono ora e lo sono sempre stati, da quando i recenti conflitti – fondamentalmente la guerra in Ucraina e Medio Oriente – hanno imposto il problema alla nostra attenzione quotidiana.

L’avversione cresce, mentre il discorso pubblico, sui media e nelle dichiarazioni dei politici, vorrebbe convincere dell’utilità e necessità degli investimenti in armi: dalle opportunità economiche indicate nel Rapporto Draghi al rispetto degli impegni internazionali (obiettivo del 2% del Prodotto interno lordo in armamenti dei Paesi NATO).

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Paesi che armano le guerre. Aziende italiane fra i maggiori produttori mondiali di armi. Un decennio record di incremento delle esportazioni

Siamo i terzi fornitori a Israele dopo USA e Germania

Le spese militari nel Mondo crescono a livelli mai raggiunti prima. I dati appena pubblicati del rapporto dell’Area studi Mediobanca sul Sistema difesa “The Defense era: capital and innovation in the current geopolitical cycle”, confermano le analisi che avevamo fornito sui dati dell’Istituto SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute, l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma): le spese per la Difesa nel 2023 hanno raggiunto il massimo storico a livello globale di 2.443 miliardi di dollari, pari a 306 dollari a persona.

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Giustizia climatica: annullata la prima sentenza contro Shell. Manca un consenso scientifico unanime sulla percentuale di riduzione delle emissioni, secondo la Corte dell’Aja

Si conferma l’incertezza del diritto al clima: scienza e giudici non possono diventare legislatori

Al momento non c’è sufficiente consenso tra i climatologi su una percentuale specifica di riduzione delle emissioni a cui una singola azienda dovrebbe attenersi: è la motivazione con cui la Corte dell’Aja ha accolto l’appello della multinazionale britannica Shell contro il giudizio di primo grado con il quale un tribunale olandese le aveva imposto di ridurre le proprie emissioni di CO2 del 45% entro il 2030.

Per la Corte, infatti, non si può imporre una soglia precisa a una singola azienda: ne escono sconfitti gli ambientalisti ma, soprattutto, è stata ancora una volta messa a tacere la voce dell’ambiente.

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Disobbedire alle leggi è una pratica della democrazia, secondo Federico Zuolo filosofo politico dell’Università di Genova

“La disobbedienza compare quotidianamente nella discussione pubblica. C’è chi la evoca fiducioso, e chi la deplora; chi la attende, e chi la teme. In ogni caso, sembra far parte del nostro vissuto politico quotidiano. Eppure, oggi è difficile valutarne la consistenza storica e politica.”
Così Federico Zuolo, docente di filosofia politica dell’Università di Genova, introduce, nell’ambito delle iniziative organizzate dal Laboratorio per la pace dell’Università di Ferrara, il suo libro “Disobbedire. Se, come, quando”, in cui analizza i vari aspetti che caratterizzano la disobbedienza nel tentativo di costruire uno spazio discorsivo condiviso, aperto a prospettive valoriali, politiche e umane di diversa origine.

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Gaza: il reato di genocidio è difficile da definire, ma lì è in atto, secondo Francesca Albanese, giurista, Relatrice speciale Onu sui territori palestinesi occupati

“Gaza rappresenta la fine dell’umanità: ormai è un cimitero in cui si confondono macerie e resti umani”

“Apartheid, genocidio, sono brutte parole, sono parole ‘scabrose’. Usare la parola genocidio non è scabroso: sono crimini. È ‘scabroso’ che ciò avvenga. E ‘imparzialità ormai è diventata una parola, pomposa per giustificare l’indifferenza. Ma non è quello che faccio io. Da imparziale io guardo ai fatti, tutti, ed è per questo che oggi non esprimo semplici parole di condanna nei confronti degli israeliani.” È il concetto stesso di genocidio quello che Francesca Albanese,  giurista e relatrice speciale delle Nazioni unite sui territori palestinesi occupati ha affrontato per descrivere  la situazione di Gaza durante il festival di Internazionale che si è svolto recentemente a Ferrara.

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“Il coraggio di avere paura”. Sul filo di rasoio dell’escalation della guerra fra potenze nucleari in corso in Europa

Un solo ordigno nucleare “tattico” provocherebbe in meno di un'ora decine di milioni di morti

Nel 2019 un gruppo di ricercatori dell’università di Princeton, guidati dal professor Alex Glaser, svolse una simulazione sugli effetti di una guerra nucleare tra Russia e Nato. Il modello era basato sulla reale dotazione nucleare delle potenze in campo e sui rispettivi obiettivi strategici ed aveva come ipotesi di avvio un primo colpo “tattico” nucleare inviato dall’esclave russa di Kaliningrad – l’antica Königsberg, città di Immanuel Kant autore, tra l’altro, del progetto Per la pace perpetua… – con l’obiettivo di fermare l’avanzata della Nato verso i confini russi, e la conseguente risposta nucleare USA-Nato.

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