Armi sempre più potenti all’Ucraina: inutili per rovesciare le sorti del conflitto. Pericolosissime per l’escalation che potrebbe ora coinvolgere la Nato. Cioè noi

Arrivano i Mirage francesi con missili a lungo raggio, mentre noi inviamo difesa antiaerea a un esercito incapace di usarla

Nei primi giorni del conflitto, i giornalisti nostrani con l’elmetto (cioè quasi tutti quelli asserragliati nelle redazioni dei grandi giornali) si esaltavano raccontando l’eroica risposta della popolazione all’invasione russa: dai cartelli delle indicazioni stradali spostati per sviare le colonne corazzate ai tank incendiati dalle bottiglie molotov fatte in casa. Chissà quale era la fonte di quelle sciocchezze sbattute in prima pagina. Sciocchezze e fake pericolose, però,  perché accompagnate all’istigazione ai giovani ad arruolarsi.

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Un anno pieno di armi. Trump vuole il cinque per cento del Pil alla Difesa. Intanto nel nostro Paese aumenti record delle spese militari e altro invio di materiale bellico (secretato) all’Ucraina

Strategia Usa condivisa dalla Von der Leyen. Nulla conta l'opinione contraria dei cittadini

Ieri, Donald Trump ha confermato che i Paesi NATO dovranno impegnare il 5% del proprio Prodotto interno lordo per la Difesa. Un’enormità, se si pensa che non arriviamo ancora al precedente livello richiesto del 2%. E che non sia una sparata del neoeletto presidente USA lo conferma la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha affermato che i Paesi dell’Unione devono aumentare le proprie spese nella difesa, coerentemente anche con il rapporto Draghi, da lei commissionato, sulla competitività.

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Armi: aumentano la spesa dello Stato e gli affari delle imprese, ma i cittadini sono sempre più contrari

Impressionante il crescente scollamento delle scelte politiche e della narrazione mediatica rispetto alla volontà popolare. I dati delle ricerche

Il nostro Paese spende sempre più in armamenti, ma gli italiani sono contrari alle spese per le armi e a inviarle nei luoghi di guerra.

Lo sono ora e lo sono sempre stati, da quando i recenti conflitti – fondamentalmente la guerra in Ucraina e Medio Oriente – hanno imposto il problema alla nostra attenzione quotidiana.

L’avversione cresce, mentre il discorso pubblico, sui media e nelle dichiarazioni dei politici, vorrebbe convincere dell’utilità e necessità degli investimenti in armi: dalle opportunità economiche indicate nel Rapporto Draghi al rispetto degli impegni internazionali (obiettivo del 2% del Prodotto interno lordo in armamenti dei Paesi NATO).

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Paesi che armano le guerre. Aziende italiane fra i maggiori produttori mondiali di armi. Un decennio record di incremento delle esportazioni

Siamo i terzi fornitori a Israele dopo USA e Germania

Le spese militari nel Mondo crescono a livelli mai raggiunti prima. I dati appena pubblicati del rapporto dell’Area studi Mediobanca sul Sistema difesa “The Defense era: capital and innovation in the current geopolitical cycle”, confermano le analisi che avevamo fornito sui dati dell’Istituto SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute, l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma): le spese per la Difesa nel 2023 hanno raggiunto il massimo storico a livello globale di 2.443 miliardi di dollari, pari a 306 dollari a persona.

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Conferenza per il Trattato di messa al bando delle armi nucleari. Tante adesioni ma i Paesi con le bombe non firmano

Salgono le testate operative. In Italia - che non ha firmato - 40 ordigni USA, ma i cittadini non le vogliono

Presso la sede dell’ONU a New York, si è svolta recentemente la seconda Conferenza delle nazioni che hanno firmato il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons – TPNW).
Il TPNW è il primo trattato internazionale che mette al bando gli ordigni nucleari, ed è considerato uno strumento fondamentale per raggiungere il disarmo nucleare universale e l’abolizione, tramite strumenti legali, di tutti gli ordigni di distruzione di massa nucleari.

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Mai così tante spese militari nel Mondo. Nel 2022 raggiunto il massimo storico

La guerra in Ucraina e la fine dei trattati le cause principali

“La situazione sul piano di battaglia è difficile e questo ci deve spingere ancora di più ad aiutare l’Ucraina” ha dichiarato nei giorni scorsi Jens Stoltenberg, il Segretario generale della NATO. E questo significa: più armi.
Intanto, la Russia – che si è recentemente ritirata dal Trattato CFE sul controllo e contenimento delle armi convenzionali- ha lanciato un programma di produzione bellica mai visto prima, che nel 2024 porterà la spesa militare del Paese a 10,8 trilioni di rubli (circa 111 miliardi di dollari), il 6% del PIL, in aumento rispetto al 3,9% di quest’anno e al 2,7% del 2021.

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La società civile si mobilita per la pace: tre referedum in Italia e quaranta Paesi al Vertice di Vienna

Il summit austriaco lancia una settimana di mobilitazione internazionale e i referendum chiedono sanità al posto di armi

Nel silenzio quasi totale dell’informazione e nella scarsa attenzione della politica, le voci per la pace continuano la loro difficile promozione di un dialogo che ponga fine al conflitto in corso nel cuore dell’Europa, o quantomeno incentivi la ricerca di un negoziato. Recentemente si è tenuto a Vienna il Vertice internazionale dei popoli per la pace in Ucraina, nel quale si è affermato l’invito alla mobilitazione generale contro l’uso delle armi come strumento di risoluzione dei conflitti, mentre nel nostro Paese dal 22 aprile è in corso la raccolta firme per tre referendum su sanità pubblica e pace promossi da Generazioni future e Ripudia la guerra. 

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Armati per paura

Secondo i dati della Polizia di Stato aggiornati al 2022, nel nostro Paese le licenze per porto d’armi sono 1.237.912, di cui 609.527 per la caccia, 574.842 per uso sportivo, 12.008 per difesa personale e 41.535 per le guardie giurate. Tuttavia, come spiega Giorgio Beretta nel libro “Il Paese delle armi”, le armi detenute possono essere molte di più. Il progetto di ricerca Small arms survey di Ginevra ha stimato 8,6 milioni di armi legali e illegali detenute in Italia da civili nel 2017.

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LABORATORIO PACE Primi produttori in Europa di armi leggere; conviventi e famigliari le vittime più numerose

Maggiori controlli per le licenze e l’esportazione: ne parla in Unife Giorgio Beretta, autore de Il Paese delle armi

“L’Italia e il mercato delle armi fra industria, commercio ed escalation militare”: è il tema dell’incontro organizzato dal Laboratorio per la pace dell’Università di Ferrara, in programma lunedì 13 marzo alle 17 presso il Polo didattico degli Adelardi. Coordinato dai docenti Alfredo Mario Morelli e Giuseppe Scandurra, l’incontro – il primo di una serie organizzata dal Laboratorio –  sarà l’occasione per approfondire con Giorgio Beretta miti e zone grigie de “Il Paese delle armi”, titolo del suo libro ma anche specchio di un’Italia in cui produzione, commercio e uso delle armi comuni sono all’ordine del giorno.

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Escalation: governi decisi, cittadini contrari

Escalation nel corso di una guerra ha sempre un significato nefasto. Aumenta a dismisura le sofferenze umane e le distruzioni materiali, il cui “prezzo” si abbassa proporzionalmente all’innalzarsi del livello dello scontro.

È un salto di qualità, non una “semplice” intensificazione dei metodi fino a quel momento adottati. Spesso viene propagandata come passaggio obbligato per giungere alla pace attraverso la vittoria, superando ostacoli altrimenti insormontabili.

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