In vista della prossima Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Conference of Parties, COP28), in programma a Dubai (Emirati arabi uniti) dal 30 novembre al 12 dicembre 2023, per attirare più finanziamenti, i Paesi dell’Africa Climate Summit, tenutosi a Nairobi (Kenya) all’inizio di settembre, hanno sostenuto l’opportunità di sfruttare i serbatoi naturali di carbonio africani, ovvero le risorse che intrappolano l’anidride carbonica come foreste, savane e wetland (zone umide e palustri fra cui le foreste di mangrovie), per contribuire alla decarbonizzazione globale, facilitando il mercato dei crediti di carbonio nel continente.
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COP28. L’Africa, molto colpita dalla crisi climatica e poco risarcita, potrebbe puntare sui crediti di carbonio (1)
Soluzione controversa e pericolosa. Accettabile solo con rispetto delle comunità locali, della biodiversità e in nuovi accordi internazionali, secondo Inyang Ntui, diplomatica nigeriana
Dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 è in programma a Dubai (Emirati arabi uniti) la prossima Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Conference of Parties, COP28). I Governi africani si presenteranno con una posizione comune stabilita all’Africa Climate Summit, tenutosi a Nairobi (Kenya) all’inizio di settembre. Il vertice e la Dichiarazione finale di Nairobi si sono concentrati sulla finanza climatica e sul (controverso) mercato dei crediti carbonici.
DOPO COP27 Un fondo per i Paesi poveri contro il cambiamento climatico. Secondo Frattini di Unife tutti dovrebbero contribuire
Ma Usa e Cina si rinfacciano ruoli e responsabilità. Chi e come deve contribuire è una partita aperta
“Se da un lato COP27 (Conference of Parties) è stata deludente rispetto a quanto si sarebbe potuto fare, dall’altro aver ammesso l’ipotesi di compensare le conseguenze del cambiamento climatico è un passo importante dopo decenni di stallo da questo punto di vista” dichiara ad Agenda17 Federico Frattini, docente di Storia economica presso l’Università di Ferrara.
Dal 15 maggio consumiamo più di quanto il Pianeta mette a nostra disposizione
Al nostro Paese servirebbero 2,7 Terre
Quest’anno, la data in cui abbiamo esaurito quanto possiamo consumare è caduta due giorni più tardi rispetto al 2021. Ma non c’è da essere tanto soddisfatti. Se tutti gli abitanti del Pianeta vivessero come gli italiani, servirebbero 2,7 Terre per sostenere la popolazione mondiale.
Tutela dell’ambiente e diritti umani: sei seminari per riportare al centro la giustizia climatica
Clima, sfruttamento e società i temi degli incontri organizzati da Csv terre estensi con Unife e Unimore
Inizia martedì 1 marzo il ciclo di seminari “Crisi climatica, sfruttamento e diritti umani”, che prevede sei incontri dedicati al tema del cambiamento climatico in una prospettiva che ne abbraccia le dimensioni ecologica, sociale ed economica. “Già dal titolo del corso abbiamo voluto sottolineare il fatto che la crisi climatica non è solo crisi ambientale, ma è strettamente correlata ai temi dello sfruttamento, del divario tra Nord e Sud del Mondo, dei diritti umani e della loro sistematica violazione”, afferma ad Agenda17 Anna Zonari, del Centro di servizi per il volontariato (Csv) terre estensi e coordinatrice dell’Università del volontariato.
Sono cinque gli Stati maggiormente responsabili del riscaldamento del Pianeta
Un recente studio pubblicato su Nature Communications Earth & Environment quantifica i contributi dei cinque maggiori emettitori di gas serra al riscaldamento regionale previsto per il 2030.
Aumentano le disuguaglianze tra ricchi e poveri. E la responsabilità è soprattutto politica (2)
Politiche sociali inadeguate per l’impoverimento dei Governi. E la giustizia climatica sembra ancora lontana, secondo l’economista Sandrine Labory di Unife
Una via per capire le crescenti disuguaglianze evidenziate dal World Inequality Report 2022 è il gap tra la ricchezza netta dei Governi e quella del settore privato. Negli ultimi quarant’anni i Paesi sono diventati più ricchi, ma i loro Governi sono diventati significativamente più poveri. La quasi totalità della ricchezza è infatti in mano privata, come dimostra il fatto che la quota detenuta dagli attori pubblici nei Paesi più ricchi è vicina allo zero o negativa.
DOSSIER Dopo COP26 Chi non inquina paga
Le isole del Pacifico rischiano di scomparire sommerse dall’Oceano
Simon Kofe, Ministro degli esteri di Tuvalu, piccolo Stato insulare nell’Oceano Pacifico, ha lanciato un grido d’allarme nel corso degli incontri COP26 inviando un videomessaggio durante il quale parla con le gambe sommerse dal mare fino alle ginocchia
DOSSIER Dopo COP26 Per i Paesi è tempo di giustizia climatica
Quelli poveri pagano un conto pesantissimo a causa delle nazioni ricche che inquinano
Giustizia climatica significa molte cose, ma alla base c’è il riconoscimento che i Paesi che sono colpiti in modo sproporzionato dal cambiamento climatico non sono quelli maggiormente responsabili dell’aumento delle emissioni.
DOSSIER Dopo COP26 Le parole e le cose – Giustizia climatica
Sempre più spesso i cittadini citano in giudizio i governi per inadempienze nella lotta contro il cambiamento climatico, basandosi su dati scientifici. Ma né la scienza, né il giudice possono giocare il ruolo di un “legislatore parallelo”. Fondamentale il funzionamento delle politiche ambientali come fonti di produzione giuridica e la partecipazione pubblica democratica alle deliberazioni legislative. Solo in un quadro di regole certe, la locuzione “giustizia climatica” può acquistare un significato di valore e di obiettivo.