DOSSIER AGENDA ONU – OBIETTIVO 2 Fame nel Mondo: dalla crisi di Covid-19 la situazione è bloccata. Da Gaza alla Somalia, affamare le popolazioni è diventata una nuova arma di guerra, secondo Silvia Gison di Save The Children

DOSSIER AGENDA ONU – OBIETTIVO 2 Fame nel Mondo: dalla crisi di Covid-19 la situazione è bloccata. Da Gaza alla Somalia, affamare le popolazioni è diventata una nuova arma di guerra, secondo Silvia Gison di Save The Children

L’ultimo rapporto pubblicato nel 2024 dalle Nazioni unite sugli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 ha lanciato l’allarme sui ritardi e i mancati progressi, evidenziando come il Mondo sia gravemente fuori strada rispetto alla loro realizzazione entro il 2030.

In particolare, per quanto riguarda l’obiettivo 2 Sconfiggere la fame, i livelli di fame e insicurezza alimentare a livello globale dopo un forte aumento dovuto alla pandemia di Covid-19 sono rimasti elevati e quasi invariati per tre anni. 

Nel 2023, circa 733 milioni di persone hanno sofferto la fame e 2,33 miliardi di persone hanno sperimentato un insicurezza alimentare da moderata a grave. 

1 persona su 11 nel mondo soffre la fame e in Africa soffre la fame il 20,4 percento della popolazione ovvero 1 persona su 5 (©Illustrazione Save the Children)

Secondo le stime di Save the Children, più di 17,6 milioni di bambini sono nati in condizione di fame nel 2023, un quinto in più rispetto al 2013. 

La quasi totalità (95%) sono in Africa e Asia, senza contare l’impatto della situazione di grave carestia nei territori palestinesi occupati.

Silvia Gison, Coordinatrice Advocacy Umanitaria Save The Children Italia

Silvia Gison, coordinatrice advocacy umanitaria di Save The Children Italia, dichiara ad Agenda 17 Plus che: “Si sta procedendo a velocità diseguale all’interno del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. All’inizio abbiamo visto un’accelerata rispetto al tentativo di sconfiggere la fame e ci sono stati sforzi a favore dell’ambiente. Poi, pian piano, questi obiettivi si sono allontanati, non tanto e solo per volontà politiche, ma anche per una serie di shock esterni.”

Secondo Save the Children da oggi al 2100 la situazione per l’infanzia peggiorerà drasticamente

Silvia Gison continua: “abbiamo visto accelerare in maniera esponenziale le catastrofi legate al clima in maniera decisamente preoccupante. Pensiamo che il numero di bambini a rischio di shock climatici estremi sia in continuo aumento e da qui al 2100 peggiorerà drasticamente la situazione per l’infanzia. 

Allo stesso tempo abbiamo visto l’aumento delle violenze armate all’interno sia di conflitti armati, sia all’interno di aree quali Haiti dove gruppi armati non statali e gang violente stanno tenendo sotto scacco la popolazione civile. 

In situazioni come questa, gli sforzi volti a sconfiggere la fame e quindi a portare al raggiungimento dell’obiettivo 2 ‘Fame zero’, diventano sempre più complessi.”

Allarme sulla fame e carestia che affamano la popolazione della Striscia di Gaza

L’allarme che lancia Save the Children è il proliferare dell’utilizzo della fame come arma di guerra, un vero e proprio diniego dell’accesso dei beni di genere alimentare all’interno di zone conflittuali che comporta una difficoltà per i civili e, ovviamente, per i minori di accedere a un sostentamento nutrizionale adatto a poter portarli fuori dalla fame.

Già nel marzo dello scorso anno l’Integrated Food Security Phase Classification (IPC) aveva lanciato l’allarme sulla situazione alimentare nella Striscia di Gaza dichiarando il livello 5 di catastrofe alimentare in assenza di un immediato cessate il fuoco e la garanzia di un accesso prolungato alla fornitura di servizi essenziali alla popolazione.

A distanza di un anno la situazione continua a essere disastrosa e dall’inizio del 2025 nella Striscia una media di 112 bambini al giorno sono stati ricoverati per il trattamento della malnutrizione per un totale di oltre 16 mila bambini. In meno di venti giorni, almeno 163 persone sono state uccise e 1.495 ferite mentre aspettavano che venisse consegnato cibo nelle aree predisposte e il rischio ora è che i bambini cominceranno a morire di sete, perché solo il 40% delle strutture per la depurazione di acqua potabile rimane in funzione. 

Silvia Gison commenta che “il territorio palestinese occupato, già prima della guerra in corso, era una delle aree geografiche che dipendeva maggiormente dall’aiuto umanitario per la sopravvivenza della popolazione. Prima del 7 ottobre 2023, dipendeva da 500 camion al giorno di aiuti umanitari e l’attuale guerra sta comportando una complessità aggiuntiva con le forze armate israeliane che controllano l’ingresso all’interno della Striscia di Gaza e limitano in maniera molto forte l’accesso di risorse alimentari. 

Questo non fa altro che affamare in maniera estrema la popolazione e in particolare i bambini, che sono una percentuale molto alta della popolazione.”

In Somalia impatto devastante sulla malnutrizione infantile della guerra e della crisi climatica

Save the Children riporta che in Somalia persiste una condizione di grave insicurezza alimentare e quasi 2 milioni di bambini sono a rischio di malnutrizione acuta e 4 milioni di persone vivono in condizioni di grave insicurezza alimentare. 

La Somalia è il secondo Paese più vulnerabile ai cambiamenti climatici, e negli ultimi anni ha vissuto una serie di crisi consecutive dovute all’aumento della siccità e delle inondazioni. 

Cinque stagioni consecutive di siccità hanno distrutto i raccolti e il bestiame, causando un’estrema insicurezza alimentare che ha costretto circa 3,8 milioni di persone ad abbandonare le proprie case. 

La guerra civile che continua dagli anni Ottanta del Novecento rende molto difficoltoso il raggiungimento delle comunità più remote, che poi sono quelle che hanno i numeri più alti in termini di sicurezza alimentare.

Determinante l’impegno della società civile per le aree di cui i media non parlano

I tagli agli aiuti umanitari della nuova amministrazione Trump annunciati agli inizi del 2025 e i continui sfollamenti dovuti agli attacchi dei gruppi armati non fanno che aggravare la situazione umanitaria in Somalia e in altre parti del Mondo.

Nell’intervista Silvia Gison conclude evidenziando che sono stati fatti passi avanti rispetto all’utilizzo dei canali multilaterali per la soppressione del debito, per aprire canali di finanziamento innovativi rispetto alla risposta emergenziale, rafforzare le istituzioni democratiche in alcuni contesti, migliorare la rappresentatività delle comunità locali all’interno dei processi decisionali che li riguardano. 

Rimane indispensabile aumentare i finanziamenti pubblici destinati all’aiuto allo sviluppo e agli aiuti di emergenza ma anche e soprattutto l’impegno da parte della società civile in modo da dare assistenza anche a quelle aree geografiche che non sono le più visibili, quelle che sono sui media tutti i giorni ma che comunque hanno bisogno di un supporto da parte della comunità internazionale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *