DOSSIER AGENDA ONU – OBIETTIVO 14 Lenta e sottofinanziata l’azione globale per proteggere gli oceani. Plastiche, biodiversità e risorse ittiche i grandi temi. A Nizza presi importanti impegni Luci e ombre nel nostro Paese, ma la balneazione è sicura

DOSSIER AGENDA ONU – OBIETTIVO 14 Lenta e sottofinanziata l’azione globale per proteggere gli oceani. Plastiche, biodiversità e risorse ittiche i grandi temi. A Nizza presi importanti impegni

Luci e ombre nel nostro Paese, ma la balneazione è sicura

Preservare gli oceani è un’urgenza globale. Il 5 giugno si è celebrata la giornata dell’ambiente con focus su plastica e inquinamento. L’8 giugno quella degli oceani. E dal 9 al 13 giugno si è tenuta a Nizza la terza Conferenza Onu sugli oceani (UNOC3) organizzata in modo congiunto da Francia e Costa Rica e incentrata su “Accelerare l’azione e mobilitare tutti gli attori per la conservazione e l’uso sostenibile degli oceani”.  

Nella dichiarazione conclusiva dei lavori, si ribadisce che l’azione globale messa in atto fino ad oggi dalle politiche dei vari Paesi non ha né la portata né la velocità necessarie per raggiungere i target del goal 14 dell’Agenda 2030. Da qui nuove esortazioni a rispettare gli impegni presi, l’Accordo di Parigi sul clima e il Quadro globale per la biodiversità Kunming-Montreal, ma senza mai nominare i combustibili fossili, protagonisti indiscussi dell’inquinamento globale.

Fra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu previsti dall’Agenda 2030, la protezione dell’oceano resta ancora oggi quello meno finanziato. È stato stimato che sarebbero necessari circa 153 miliardi di euro all’anno per raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile dell’oceano entro il 2030 (rapporto del Forum economico mondiale del 2022). 

Nell’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile, il quattordicesimo Goal “la vita sott’acqua” è stato suddiviso in dieci target, con l’obiettivo di tutelare questo immenso patrimonio oggi gravemente compromesso, eppure così indispensabile per la sopravvivenza del Pianeta e quindi delle generazioni future.

A dieci anni di distanza dalla creazione dell’Agenda 2030, cosa è stato fatto e cosa si farà per perseguire i target del goal 14?

Biodiversità in pericolo: fondamentale la tutela delle norme europee

Oltre 3 miliardi di persone nel Mondo dipendono per il loro sostentamento dalla biodiversità marina e costiera. 

Ma quest’ultima è messa a serio rischio dalle conseguenze dei cambiamenti climatici, primo fra tutti il riscaldamento globale che favorisce a cascata molte conseguenze, prime fra tutte: l’acidificazione causata dall’assorbimento di anidride carbonica di origine antropica dall’atmosfera (l’acidità degli oceani è aumentata del 26% rispetto al periodo pre-industriale e si prevede che entro il 2100 aumenterà del 100-150%), l’innalzamento del livello del mare (che mette a rischio le comunità costiere), la tropicalizzazione (colonizzazione delle acque da parte di specie tropicali), la meridionalizzazione (migrazione e colonizzazione verso aree del nord da parte di specie meridionali ad affinità subtropicale) e l’invasione di specie aliene. 

Gli oceani costituiscono l’habitat di oltre l’80% delle specie viventi oggi conosciute, una ricchezza che va preservata. È un aspetto cruciale degli obiettivi della Strategia dell’Unione europea (Ue) sulla biodiversità per il 2030 che è stata presentata dalla Commissione europea nel maggio 2020 e costituisce un elemento chiave del Green Deal europeo. Nel rapporto del 23 ottobre 2020, è stata fatta esplicita richiesta di investire nella tutela e promozione della biodiversità una quota significativa del 30% del bilancio dell’Ue e delle spese di Next Generation EU destinate all’azione per il clima. 

È di un anno fa inoltre l’approvazione del Regolamento europeo sul ripristino della natura, nonostante il voto contrario del nostro Paese, che intende mettere in atto misure volte a ripristinare entro il 2030 almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’Ue ed entro il 2050 tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino. 

Lontani dagli obiettivi: il peso della plastica

Il Rapporto ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) 2024 è categorico nell’evidenziare che risulta impossibile dare concretezza all’obiettivo 14 dell’Agenda 2030 se non si assiste a una veloce trasformazione delle politiche ambientali. 

Un esempio fra tutti è rappresentato dai dati del 2021 che evidenziano che l’inquinamento dei mari a causa delle plastiche ha raggiunto livelli impressionanti e che di questo passo entro il 2050 avremo più plastica che pesci nei nostri mari. 

Solo il 9% della plastica che produciamo (460 milioni di tonnellate nel 2019) viene riciclata (dati Ocse), il 19% va agli inceneritori, il 50% in discarica e il 22% nell’ambiente, tanto che il 77.9% di rifiuti pervenuti sulle spiagge italiane è rappresentato da plastica (dati Legambiente). 

Senza contare i dati drammatici sull’inquinamento da micro plastiche con un impatto importante sulla salute umana e la “plasticosi” come malattia causata dall’ingestione di polimeri. 

La tristemente nota “isola di plastica”, il Pacific Trash Vortex (o Great Pacific Garbage Patch) scoperta nel 1980 nell’oceano Pacifico è un impressionante cumulo di rifiuti di plastica non biodegradabile che ricopre una superficie quasi il doppio della Francia. 

Ma non è l’unico esempio del suo genere, e si stima che esistano altre “isole” di queste dimensioni, una delle quali nel mare di Barents, nei pressi dell’Artico.

Luci e ombre in Italia, ma i bagni al mare sono salvi

Annualmente l’Istituto nazionale di statistica (Istat) redige un Rapporto SDGs (Sustainable Development Goals) dove viene fatto il punto dello stato di attuazione in Italia dei 17 obiettivi dell’Agenda Onu 2030. 

L’edizione 2024, riguardo all’Obiettivo 14 – Vita sott’acqua, evidenzia come dato negativo l’aumento  dei rifiuti marini spiaggiati (303 ogni 100 metri di spiaggia nel 2022, contro i 273 nel 2021) ben lontano dall‘obiettivo Ue di venti rifiuti ogni 100 metri. 

Un seppur parziale dato positivo riguarda la tutela delle aree marine, attestatasi all’11,2% nel 2021 con il raggiungimento del target del SDS 14.5 al 2020 ma ben lontano dall’obiettivo fissato al 30% per il 2030. 

Migliora la sostenibilità della pesca: lo sovrasfruttamento degli stock ittici è diminuito di 8,9 punti percentuali rispetto al 2020  nel 2021 attestatosi a quota 73,7%, ma comunque alto rispetto ai livelli di sostenibilità. 

Molto buona la situazione per quanto riguarda la balneazione: nel 2022 la percentuale di acque con qualità eccellente che rispetta gli standard minimi della Direttiva sulla Balneazione Ue sale al 97,9% .

Bagni in sicurezza confermati anche nel 2024 dalla campagna di Legambiente Goletta verde.

Ma l’urgenza di rispettare gli obiettivi indicati ha anche un’ulteriore motivazione per l’Italia su cui pesano quattro procedure di infrazione per la mancata conformità alla Direttiva acque reflue 91/271/CEE, con la prima del 2004 arrivata anche alla sanzione pecuniaria. 

Migliora la sostenibilità della pesca

Il rapporto della FAO (Food and Agricultural Organization) sullo stato delle risorse ittiche marine mondiali 2025 si basa sui dati del più ampio numero di stock ittici marini mai utilizzato dalla FAO: 2.570. 

Mentre viene rimarcato un uso eccessivo di un terzo degli stock, il 77% del consumo globale di pesce attinge a fonti sostenibili complice il maggior rendimento di una migliore gestione della pesca. 

Dati AsVis (©AsVis)

Si tratta di un segnale importante, sottolinea Manuel Barange, vicedirettore generale dell’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, perché indica una strada per ricostituire le popolazioni ittiche.

Risultati positivi della conferenza di Nizza: tutela delle aree marine profonde e dei fondali  

Alla conferenza che si è tenuta a Nizza mentre questo dossier era in lavorazione, si è discusso anche di finanziamenti. 

I rappresentanti dei 193 Paesi membri delle Nazioni unite, oltre a organizzazioni internazionali e rappresentanti della società civile (gli USA hanno inviato solo osservatori), chiedono una mobilitazione di risorse diversificate, dai blue bond ai finanziamenti agevolati, a fondo perduto e agli strumenti non basati sul debito a favore dei Paesi in via di sviluppo. 

(https://iucn.org/events/external-event/un-oceans-conference-2025)

Ma il summit di Nizza – oltre a rilevare le difficoltà e la distanza rispetto a molti target –   può vantare anche un importante risultato: aver accorciato le distanze verso la ratifica del Trattato dell’alto mare (Agreement on Marine Biological Diversity of Areas beyond National JurisdictionBBNJ Agreement) per la tutela e l’uso sostenibile della biodiversità delle acque marine profonde stipulato il 19 Giugno 2023. 

La ratifica necessita di sessanta adesioni; all’apertura dei lavori di Nizza erano ventisette i Paesi che avevano aderito e in chiusura dei lavori sono diventati cinquantuno, con la promessa di altre adesioni nel breve termine. 

Si tratta di un passaggio importantissimo su un aspetto controverso: le acque internazionali a 200 miglia nautiche dalle coste, sono circa i due terzi del totale, non sono soggette alla giurisdizione dei singoli stati e rappresentano oggetto di interessi economici fortissimi per le estrazioni e lo sfruttamento dei fondali (deep-sea mining). 

Come monito alle autorizzazioni unilaterali come quella di Donald Trump alla The Metals Company per le estrazioni in acque internazionali del Pacifico, la Francia si è impegnata a guidare una coalizione per una moratoria sullo sfruttamento dei fondali marini, che al momento vede la partecipazione di soli trentatré Paesi. 

Un altro risultato positivo raggiunto durante il recente summit di Nizza riguarda l’aumento delle aree marine protette che oggi sono circa il 10% degli oceani, con l’inaspettata proposta della Polinesia francese di istituire un’area protetta con un’estensione di 4,8 milioni di chilometri quadrati, la più grande del Pianeta. 

E anche il tema delle plastiche è stato oggetto dei lavori di Nizza producendo per il momento solo una dichiarazione congiunta firmata da novantacinque Paesi che si dichiarano determinati a “porre fine al flagello dell’inquinamento da plastica”, con proposte concrete di azione alla fonte del problema, per ridurre produzione e consumo di plastica. Un segnale collettivo forte e importante per il resto del Mondo, secondo la ministra francese della transizione ecologica, della biodiversità, delle foreste, del mare e della pesca, Agnès Pannier-Runacher.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *