DOSSIER AGENDA ONU – OBIETTIVO 3 La sanità nei Paesi poveri sarà colpita dalla riduzione dei fondi USAID; il Piano Mattei fa qualcosa di concreto e utile. Bisogna ripartire dalle comunità e non da soluzioni calate dall’alto Intervista a don Carraro, direttore di Medici con l’Africa

DOSSIER AGENDA ONU – OBIETTIVO 3 La sanità nei Paesi poveri sarà colpita dalla riduzione dei fondi USAID; il Piano Mattei fa qualcosa di concreto e utile. Bisogna ripartire dalle comunità e non da soluzioni calate dall’alto

Intervista a don Carraro, direttore di Medici con l’Africa

Il Patto per il futuro dell’Onu, approvato da 146 Paesi lo scorso settembre, dovrebbe avere ridato slancio agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e contribuire a definire gli sforzi futuri per rispettare gli impegni assunti per  “garantire che le istituzioni internazionali siano in grado di agire in un Mondo che è cambiato radicalmente da quando sono state create.”

Abbiamo chiesto a don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm (Collegio universitario aspiranti medici missionari), il suo parere sulle possibilità di rilancio della governance internazionale indicato dal Patto.

Il Patto per il futuro dell’Onu investe molti temi,  ivi compresi quelli su cui Cuamm è impegnato.  Alla luce degli eventi che si sono succeduti negli otto mesi successivi alla sua approvazione, ritiene ancora possibile che gli obiettivi che il Patto si propone possano essere conseguiti?

Don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm (Fonte © Società missioni africane)


“Stiamo vivendo un periodo storico molto complicato. Ogni giorno la preoccupazione per lo scenario mondiale aumenta, ma credo che sia fondamentale mantenere un atteggiamento positivo, ottimista e continuare a lavorare sodo, a rimboccarci le maniche per fare la nostra parte. 

Gli ultimi anni hanno messo a dura prova molti Paesi africani e, con essi, anche i progressi conquistati con grande fatica: penso all’instabilità, alle guerre, alla crisi climatica e alimentare, ai tagli dei fondi. L’impatto che tutto questo ha sui Paesi più poveri non è percepito dalla maggioranza della gente, ma è enorme.

Lo tocchiamo con mano ogni giorno negli ospedali in cui operiamo, in Paesi come la Sierra Leone, per esempio, dove le ambulanze funzionano solo una settimana al mese perché i soldi per la benzina coprono solo gli spostamenti di pochi giorni. E se una donna, che abita lontano dall’ospedale, deve partorire in emergenza, lo fa a casa, senza assistenza magari. O in altre aree dove registriamo un aumento della malnutrizione nei bambini.

Non posso sapere se e in che modo gli Obiettivi di sviluppo sostenibile saranno raggiunti, ma è fondamentale che restino una bussola, un punto di arrivo verso cui orientare la rotta. La speranza è che non rimangano solo parole, ma diventino azioni concrete. 

Come Cuamm lo vediamo ogni giorno sul campo: investire nella salute e nella formazione non è un lusso, ma un’urgenza, è la condizione necessaria per lo sviluppo di un Paese. 

Per questo abbiamo tra le nostre priorità la salute di mamme e bambini e la formazione del personale sanitario locale, per dare un futuro a questi giovani. Sono loro stessi che ce lo chiedono, ci chiedono di avere una possibilità, lì dove abitano, di lavorare e aiutare le loro comunità. 

E se guardiamo bene, tra mille difficoltà, i frutti si vedono. Non possiamo più pensare a soluzioni calate dall’alto o a strategie lontane dalla realtà. Bisogna ripartire dalle comunità, dai territori, dalle persone. Papa Francesco lo diceva spesso, che siamo tutti sulla stessa barca!

Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dovrebbero ricordaci ancora di più questo e continuare a crederci e a ribadirlo è il primo passo per un reale cambiamento, a cominciare da noi stessi e da qui.”

Abbiamo letto  le sue dichiarazioni circa le gravi criticità cui è andata incontro negli ultimi mesi l’attività di Cuamm specie a seguito della chiusura di USAID (United States Agency for International Development), la più grande agenzia umanitaria; quali sono le due cose che ritenete più urgenti per far fronte a tali criticità?

“È vero, stiamo attraversando un momento molto difficile, da questo punto di vista e non solo. Tanti partner, di tanti progetti in vari Paesi africani, stanno lasciando il campo, perché non hanno più fondi, e questo è un problema, perché mina la costanza dell’impegno, compromettendo i risultati raggiunti in anni di lavoro quotidiano. 

E quando questo accade non è mai solo una questione di numeri: significa che ci sono operatori locali che rimangono senza contratto, per esempio, oltre a pazienti che non ricevono cure, comunità che si sentono abbandonate. 

I tagli USAID hanno un impatto diretto su alcuni progetti che abbiamo in Uganda, ma poi c’è un impatto indiretto e l’onda d’urto arriverà in modo davvero pesante. 

Saranno 10 i miliardi di dollari di tagli in un solo anno, fino a 40 miliardi nei prossimi cinque: sono alcune delle cifre che preannunciano l’impatto devastante della drastica riduzione dei fondi USAID per l’assistenza allo sviluppo decisa dall’Amministrazione Trump. 

E il timore, o meglio la realtà a cui stiamo assistendo, è che il vuoto lasciato dagli americani, sarà colmato da altri soggetti, mossi da logiche lontanissime dal rispetto della dignità di ciascuno e dall’eguaglianza di ogni essere umano. 

Penso che l’Europa dovrebbe avere un ruolo più attivo ed essere più presente. 

Già l’Italia, con il Piano Mattei, sta facendo qualcosa di concreto e utile. Certo non basterà a colmare tutti i bisogni, ma porta un aiuto concreto in Paesi dove è davvero necessario. È un piccolo tassello per crescere lavorando “con”, senza la fretta di risultati facili e immediati ma, al contrario, impegnandosi con costanza e determinazione in una prospettiva di lungo periodo, accettando la fatica dello sviluppo e la pazienza dell’attesa di un risultato. 

Questo è quello che il Cuamm fa da tantissimi anni, nello stile di quel ‘con’ che ci portiamo ‘orgogliosamente’ nel nome, e che oggi ci permette di contare su una rete che connette Italia, Africa ed Europa unendo istituzioni e Università, centri di ricerca e partner diversi nella comune sfida dello sviluppo e del rafforzamento dei sistemi sanitari, in Africa. 

Immagine generata (©Agenda17 Plus)

Ci impegniamo ogni giorno nella costruzione di quello che il presidente Mattarella, nel 2021 agli ‘Incontri con l’Africa’, ha chiamato ‘continente verticale’. Il sogno di immaginare e costruire un continente che abbia a nord una regione che si chiama Europa e a sud un’altra regione che si chiama Africa separate solo da un laghetto, il lago Mediterraneo. Un continente che impara a vivere, a costruire, a ideare, insieme.”

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