A due anni dall’alluvione dell’Emilia-Romagna, a cui ha fatto seguito il frequente ripetersi di altri analoghi eventi disastrosi, il seminario “Alluvioni, catastrofi e politiche territoriali. Approcci e ricerche interdisciplinari”, organizzato dal Dipartimento di studi umanistici e dal Dipartimento di architettura dell’Università di Ferrara, fa il punto sulle catastrofi e i loro impatti territoriali, sociali, politici ed economici.
“È un momento di condivisione importante per definire possibili strategie future su rischio geologico e cambiamento climatico, fenomeni che interessano anche il fragile territorio ferrarese” afferma il sociologo Alfredo Alietti dell’Università di Ferrara, organizzatore del seminario. Prevenzione e successivo intervento sono il punto di vista da cui muovono gli approcci interdisciplinari dei relatori per affrontare il quadro dei possibili mutamenti e interventi.
L’evento si terrà il 7 maggio alle 9.30, presso il Teatro Ex Verdi di Ferrara, ed è organizzato insieme al Laboratorio di studi urbani di Unife e con la collaborazione dell’associazione Abitare il mondo, la fondazione Brodolini, Agenda17 e la rivista Culture della sostenibilità e il patrocinio di Associazione italiana di sociologia (Ais) Ambiente e territorio, Regione Emilia-Romagna, Comune di Ferrara, Centro di ateneo per lo sviluppo della cooperazione internazionale, Laboratorio teatri aperti.
Alla tavola rotonda interverranno studiosi di diverse discipline (sociologia, geologia, urbanistica e antropologia), soggetti politici ed esponenti della società civile. Inoltre, questo seminario nazionale sarà l’opportunità per costituire tra l’Università di Ferrara e l’Università di Torino le basi per la creazione di un seminario permanente sul cambiamento climatico, catastrofi e politiche.
Prevenzione e mitigazione: come intervengono la politica…
In un contesto estremamente fragile entro cui il consumo di suolo ha raggiunto livelli sempre più significativi, gli eventi estremi rischiano di diventare la normalità. Il caso emiliano-romagnolo è un esempio paradigmatico dell’eccezionalità meteorologica che amplifica l’eccezionale fragilità del territorio, ma altri contesti italiani dal Nord al Sud, così come il recente disastro a Valencia, evidenziano il legame tra crisi ecologica e debolezza delle politiche di mitigazione.

La questione dei possibili interventi da parte del Governo e delle amministrazioni locali impone allora una riflessione approfondita su “se” e “come” la politica promuove politiche in grado di prevenire e/o contrastare il rischio. Qual è la consapevolezza delle amministrazioni? Quali sono le policy adottate nelle aree più colpite? Vi è stata una istituzionalizzazione delle procedure adeguate alla situazione di fragilità? Vi sono le competenze adeguate e quali sono i rapporti con le agenzie di valutazione dei rischi ambientali? Qual è, infine, il rapporto con i saperi scientifici e il coinvolgimento degli esperti nelle politiche?
Queste sono alcune delle domande necessarie per comprendere la cornice politica e amministrativa entro cui analizzare i possibili interventi attuati per la prevenzione e l’eventuale successivo intervento. Inoltre, il seminario sarà l’occasione anche per riflettere sulle strategie adottate a livello locale sul piano dell’informazione e della comunicazione sui rischi ambientali e il mutamento climatico, a cui si associa la strutturazione, o meno, di processi partecipativi diretti a tracciare le politiche territoriali.
…ma anche l’urbanistica e l’antropologia
Ci sono poi l’urbanistica e l’antropologia, Da un lato, infatti, si farà una valutazione di come il sapere e la pratica urbanistica si situano in questa dialettica politica e se, e quanto, siano in grado di delineare azioni e interventi di contrasto al rischio. Dall’altro, un’ulteriore riflessione sarà svolta sulla cosiddetta “pedagogia della catastrofe”, evidenziando nello specifico quanto l’evento catastrofico possa ridefinire l’agire politico dei gruppi e dell’individuo non solo entro la mobilitazione della ricostruzione, ma anche nel riconoscere il contributo antropogenico al mutamento climatico in atto.
Appare infatti evidente che le cause dell’evento catastrofico sono ormai un “campo di battaglia” intorno al quale emergono discorsi contro l’ideologia ecologista (che invece spesso offre possibili ricette a tutela del territorio), valutata come complice del disastro ambientale poiché indebolisce i saperi tradizionali locali che “da sempre” permettono di sopravvivere in contesti di criticità.
Non si tratta però di una presenza attiva di negazionisti o cospirazionisti del clima, ma di un pensiero e un immaginario sulla natura stratificato e socializzato che non coincide con le istanze ecologiste. In secondo luogo, si riproduce una sorta di “populismo ambientale” per cui il sistema politico e l’ambientalismo diventano i colpevoli su cui scaricare la responsabilità delle catastrofi, senza alcuna valutazione dei propri atteggiamenti nei confronti della situazione di criticità.
La qualità della comunicazione scientifica rispetto alle istanze del cambiamento climatico, sia sul fronte della prevenzione sia rispetto alle spiegazioni che emergono successivamente a ogni evento, è un altro elemento fondamentale in questo quadro di analisi.