La pesca artigianale è fondamentale per la sostenibilità Nell’anno internazionale dedicato a questa attività, i primi sorprendenti dati FAO

La pesca artigianale è fondamentale per la sostenibilità

Nell’anno internazionale dedicato a questa attività, i primi sorprendenti dati FAO

Il 2022 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite Anno internazionale della pesca artigianale e dell’acquacoltura (International Year of Artisanal Fisheries and Aquaculture,YIAFA 2022). Con l‘occasione la Food and Agriculture Organization (FAO) ha lanciato un Global Action Plan (GAP) che ribadisce come la pesca artigianale sia determinante per la gestione sostenibile della biodiversità ittica, in particolare dove l’innalzamento delle temperature dell’acqua, la deossigenazione e l’acidificazione negli ambienti acquatici stanno già influenzando la distribuzione e abbondanza delle risorse acquatiche, mettendo a rischio la sicurezza alimentare.

Numeri da primato per la pesca su piccola scala. I risultati di una ricerca mondiale 

Secondo Illuminated Hidden Harvest (IHH), l’iniziativa promossa da FAO, Duke University e Worldfish, su un totale di 92 milioni di tonnellate di pescato globale, 37 milioni provengono dalla pesca artigianale; di questi il 68% dal mare, 32% dalle acque interne. L’analisi condotta in cinquantotto Paesi mostra grandi differenze tra i continenti: la pesca su piccola scala costituisce il 60% del totale in Africa e solo il 5% in Europa.

Lo studio colma un gap di conoscenza importante che ha reso finora difficile misurare la portata del contributo reale di questo settore primario da cui dipendono, lungo tutta la filiera produttiva, 429 milioni di persone nel Mondo, concentrate soprattutto nei Paesi del Sud del Pianeta.

Il fatto è che, in molti casi, i “raccolti nascosti “ (hidden harvest) di questa pesca sono tali perché la pesca su piccola scala è diversificata e dispersa, e misurare completamente il loro contributo è difficile. Spesso, le informazioni sulla pesca su piccola scala (come le catture, l’occupazione, il contributo nutrizionale e gli accordi di governance) non sono incluse né disaggregate nelle statistiche ufficiali, né vengono esplicitamente prese in considerazione quando si progettano politiche nazionali, regionali e globali. Finché i dati sulla pesca su piccola scala rimarranno “nascosti”, continueranno a essere emarginati nei processi decisionali, decisionali e gestionali.

Un “genere” di pesca

L’iniziativa IHH si concentra in modo specifico sulle donne: disaggregando i dati, sono 45 milioni le donne che partecipano alla filiera della pesca artigianale, di cui il 15% è impiegato nelle attività di pre raccolta (fabbricazione degli attrezzi, riparazione delle esche, approvvigionamento del ghiaccio, costruzione delle barche), il 19% nella pesca commerciale, il 50% nel settore della post raccolta (smistamento, trasporto, vendita), il 45% nella pesca di sussistenza.

 (© pixabay)

La composizione nutrizionale dei pesci è un altro dato “nascosto”: è molto costoso condurre analisi di questo tipo e dati di qualità esistono solo per poche specie. L’IHH ha utilizzato modelli predittivi per identificare l’apporto nutrizionale raccomandato (Reccomanded Nutritional Intake, RNI) delle specie più raccolte su piccola scala. Avendo come focus i sei nutrienti indispensabili per la corretta nutrizione delle donne in età riproduttiva (omega 3, selenio, zinco, ferro, vitamina A, calcio), risulta in particolare che 100 g di alcuni piccoli pesci pelagici, sia da acque interne (Tilapia e altri Ciclidi) che marine (Aringa, Sardina, Alosa), potrebbero provvedere alla quasi totalità del fabbisogno giornaliero.

Questi piccoli pesci sono fondamentali per la sicurezza alimentare perché sono anche le specie a cui si affidano maggiormente le popolazioni rurali.

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