Un fiume è un ambiente complesso con comunità biologiche ampie e ben diversificate. La loro sopravvivenza è legata strettamente alla naturale variazione delle diverse portate del fiume lungo l’asta fluviale durante l’anno in particolare tra la stagione invernale e quella estiva.
Ogni corso d’acqua ha quindi una capacità autorigenerativa, in un delicato equilibrio che preserva la biodiversità dell’ambiente che esso rappresenta. In questo scenario, i fattori antropici rappresentano ancora una volta un’importante alterazione della naturale evoluzione del corso d’acqua. In termini di impatto sull’ecosistema fluviale sono di particolare importanza le opere di derivazione e di ritenuta a scopi idroelettrici, irrigui e idropotabili che modificano in modo pervasivo il deflusso delle acque.
L’attenzione a non rinunciare alla risorsa idrica dei corsi d’acqua ma a renderla rinnovabile preservandone l’ecosistema che essi rappresentano, ha portato vent’anni fa alla stesura di linee guida che miravano alla predisposizione di un bilancio idrico di bacino basato sulla definizione del Deflusso minimo vitale (Dmv) (DM 28/07/2004).
Il “Deflusso minimo vitale” e le norme per preservare vita e ricchezza del fiume
Il Dmv viene definito come “la portata istantanea da determinare in ogni tratto omogeneo del corso d’acqua che garantisca il mantenimento e la salvaguardia di tutte le caratteristiche fisiche, chimico fisiche e delle comunità biologiche tipiche delle condizioni naturali locali del fiume”.
A questo si aggiunge l’applicazione della Direttiva Quadro sulle acque dell’UE sul deflusso ecologico prevista nel percorso di disinquinamento dei fiumi e la Strategia europea “EU Water Resilience” che vanno nella stessa direzione di promuovere a ogni livello un utilizzo sostenibile e responsabile della risorsa idrica.
Quindi viene limitato il prelievo di acqua dall’alveo dei fiumi affinché ne rimanga un quantitativo sufficiente a garantire la giusta diluizione di eventuali sostanze inquinanti dovute all’uso agricolo e agli scarichi urbani e permettere la corretta ri-ossigenzione delle acque.

Si tratta di passaggi normativi fondamentali con importanti ripercussioni sull’uso antropico dei fiumi. Primo fra tutti l’approvvigionamento idrico a scopi agricoli. Il direttore dell’Anbi Piemonte Mario Fossati già lo scorso anno lanciava l’allarme per il rischio delle produzioni agroalimentari del nostro Paese, con una produzione di riso che potrebbe essere compromessa al 90% in caso di siccità e a causa dell’impossibilità di attingere per l’irrigazione dai corsi d’acqua in sofferenza.
Un uso sostenibile dei corsi d’acqua è possibile?
Il discorso è complesso: da un lato le esigenze e gli interessi delle filiere agroalimentari, ma anche dell’idroelettrico, dall’altra la necessità garantita dalla normativa di mantenere uno sviluppo sostenibile dei corsi d’acqua e delle altre risorse idriche.
Lo sforzo di implementare l’uso di depuratori per contrastare l’inquinamento dei corsi d’acqua è una possibilità, l’altra è quella di costruire un maggior numero di invasi artificiali di raccolta delle acque piovane come stoccaggio.
E nel contempo massimizzare l’utilizzo degli invasi già esistenti, promuovendo un’azione di contrasto delle criticità paradossali legate in particolar modo alla mancanza di fondi e ai limiti infrastrutturali, burocratici e gestionali come quelle evidenziate dall’osservatorio siccità del CNR, IBE (Gruppo di Lavoro Osservatorio siccità dell’Istituto per la BioEconomia) in Sicilia.
Dati pubblicati dalla Regione evidenziano come a marzo 2025, grazie alle precipitazioni dei mesi precedenti sull’isola, a fronte di un aumento del 15% di metri cubi d’acqua stoccati negli invasi esistenti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si è reso necessario sversare in mare parte consistente dell’acqua a causa di criticità strutturali poiché gli invasi non sono autorizzati per il collaudo al volume massimo.
In Italia l’Osservatorio dell’Ispra mantiene un ruolo di cabina di regia per la gestione della crisi idrica monitorando costantemente l’andamento della situazione climatica e suggerendo le linee di azione per ridurre l’impatto della siccità sul nostro territorio e sulle nostre comunità. In parallelo si rende necessario continuare a mantenere alto il livello di attenzione e mettere in atto strategie mirate ad un uso sostenibile dell’acqua. In questa direzione vanno importanti iniziative come il Drought Scan uno strumento di analisi innovativa sviluppato in collaborazione con CNR IBE e presentato nel “Blue Book 2025” realizzato da Utilitalia e Fondazione Utilitatis. Il Drought Scan consente di analizzare la situazione della siccità dal livello meteorologico a quello idrologico, rappresentando quindi un approccio prezioso cui attingere nell’ottica del monitoraggio e della salvaguardia delle risorse idriche.