[English below] Come indicato nell’aggiornamento pubblicato a luglio dal Center for disease control and prevention (CDC), gli anni della pandemia hanno ulteriormente accelerato lo sviluppo di resistenza agli antibiotici da parte di diversi batteri, fenomeno noto come antimicrobial resistance (AMR)
“Questo è stato causato anche dall’uso massiccio e dall’abuso di disinfettanti, di farmaci, che ha esercitato un’enorme pressione selettiva” spiega ad Agenda17 Elisabetta Caselli, docente in Microbiologia clinica al Dipartimento di Scienze chimiche e farmaceutiche dell’Università di Ferrara e direttrice scientifica del Centro ricerche inquinamento fisico chimico microbiologico ambienti alta sterilità (Cias) dell’Università di Ferrara.
L’abuso di disinfettanti è complice dell’aumento dell’AMR
La sanificazione è un passaggio importantissimo per vivere in un ambiente sano, ricorda Caselli, tuttavia “adesso stiamo pagando le conseguenze di un uso non oculato di questi strumenti, che è anche quello che è capitato con gli antibiotici.” L’uso eccessivo dei disinfettanti, che hanno rappresentato uno strumento importante per la tutela della salute umana, ha in realtà negli ultimi anni provocato molti danni.

Il loro abuso può causare infatti una resistenza crociata verso gli antibiotici, spiega Caselli: “la continua pressione selettiva esercitata dal massiccio uso di disinfettanti induce infatti i batteri a difendersi, diventando resistenti al disinfettante stesso; ma questo meccanismo può far sì che il batterio diventi contemporaneamente resistente anche verso gli antibiotici. Quindi alla fine, usando un certo tipo di disinfettante, si vanifica anche l’efficacia di un antibiotico.”

In questo contesto, è fondamentale sviluppare delle soluzioni sostenibili per la sanificazione degli ambienti in alternativa ai metodi tradizionali, che generalmente utilizzano disinfettanti chimici (come ad esempio prodotti a base di cloro).
I probiotici per la sanificazione degli ambienti
I sistemi tradizionali di sanificazione, oltre ad avere un alto impatto ambientale, hanno generalmente un’efficacia limitata nel tempo e non riescono ad arginare il fenomeno della ricontaminazione, dovuta ai patogeni che vengono rimessi in circolazione da pazienti, staff medico e visitatori, causa ultima della contaminazione persistente negli ospedali.
Seguendo un approccio focalizzato sulla prevenzione, Caselli e il suo team di ricerca hanno quindi sviluppato dei sistemi di sanificazione per luoghi pubblici (ospedali, scuole, palestre, mezzi pubblici) basati su probiotici (PCHS, Probiotic Cleaning Hygiene System), batteri “buoni” del genere Bacillus.
Questo sistema è basato sul meccanismo di esclusione competitiva, come spiega Caselli: “i batteri buoni, esattamente come quelli che utilizziamo per l’intestino, spiazzano i batteri cattivi e li rimpiazzano. Questo avviene anche nell’ambiente. Oramai sono oltre quindici anni che noi lavoriamo su questo sistema, in collaborazione con una azienda locale (Copma scrl, Ferrara).”
Questi sistemi di sanificazione si sono rivelati efficaci nella rimozione stabile di almeno l‘80% in più di patogeni rispetto ai disinfettanti (alcool, cloro, sali quaternari di ammonio). Essendo eco-friendly, hanno il vantaggio non contribuire all’inquinamento ambientale.
inoltre “cosa importantissima, non inducono AMR, ma al contrario viene abbattuta fino al 99.9% resistenze presenti nell’ambiente trattato” aggiunge Caselli. Il calo dei patogeni e della AMR sono risultati associati a un calo del 52% delle infezioni ospedaliere, del 65% del consumo di antibiotici, e del 70% dei costi associati alla gestione delle infezioni, negli ospedali che hanno partecipato a questi studi.
Come pubblicato nel 2023 sulla rivista Microbiome, la sanificazione basata su probiotici ha anche mostrato risultati promettenti nel contesto dei trasporti pubblici, un altro ambiente caratterizzato da un’alta trasmissione di patogeni.
I batteriofagi aumentano la specificità e velocità della sanificazione basata su probiotici
Tuttavia, questo sistema di prevenzione basato sui probiotici ha il limite di essere lento rispetto alla sanificazione tradizionale.
Essendo basato sulla competizione di microrganismi, questo processo di esclusione richiede in media due settimane per essere pienamente attivo, e non è quindi indicato nel caso in cui sia necessario un intervento di decontaminazione immediata. Inoltre, non è specifico per un tipo specifico di microrganismi.
Per aumentare la velocità e la selettività del sistema di sanificazione i ricercatori hanno dunque pensato ai batteriofagi, o fagi, predatori naturali dei batteri.
“Abbiamo iniziato a lavorare questo progetto in collaborazione con il centro di Tbilisi, in Georgia, che ci ha fornito i batteriofagi, dopo che noi abbiamo spedito a loro i batteri che trovavamo come maggiormente contaminanti negli ambienti ospedalieri.” I fagi sono stati testati prima in laboratorio e hanno dimostrato efficacia sia contro ceppi “standard” che contro i multiresistenti isolati negli ospedali, tra cui primeggiano gli Stafilococchi.
“I risultati sono stati molto incoraggianti – spiega Caselli – perché, rispetto al probiotico da solo, quando c’è il batteriofago, nell’arco di 24 ore il bersaglio batterico cala di oltre il 90%.” .
Risultati promettenti di fagi e probiotici contro le infezioni ospedaliere
Questo sistema combinato di fagi e probiotici per la sanificazione (PCHSφ) è stato poi testato contro le contaminazioni da Stafilococchi in due ospedali italiani, a Roma e Ferrara, applicando il trattamento tramite nebulizzazione nei bagni delle stanza di degenza, le zone generalmente più interessate dalle contaminazioni.
Oltre che per la semplicità di applicazione “la nebulizzazione è stata scelta anche per formare una pellicola di liquido in cui i fagi potessero incontrare i batteri – spiega Caselli -. In dieci minuti si crea già un ambiente idoneo a questo incontro, che non potrebbe avvenire invece su una superficie completamente asciutta, secca, priva di acqua. I fagi infatti non hanno capacità di muoversi autonomamente.”
I risultati, pubblicati nel 2023 sull’International Journal of Molecular Science, mostrano una riduzione significativamente più alta degli stafilococchi, inclusi i ceppi resistenti, rispetto ai disinfettati (-76%) e all’utilizzo dei soli probiotici (-50%). Inoltre PCHSφ è compatibile con l’utilizzo sporadico di disinfettanti a base di cloro, che potrebbe risultare necessario in caso di emergenze, mentre non lo è con un loro utilizzo frequente, poiché compromettono l’attività dei fagi e probiotici.
Questo approccio di sanificazione ha suscitato interesse anche a livello internazionale e il laboratorio di Caselli ha appena terminato uno studio in collaborazione con l’Università di Oxford, supportato dalla Gates Foundation. “Loro si sono dimostrati molto interessati, soprattutto nell’ottica di poter utilizzare un sistema relativamente semplice e a basso costo per abbattere le infezioni ospedaliere negli ospedali pediatrici dei Paesi a minor grado di sviluppo, dove la mortalità è elevatissima.”
L’utilizzo di fagi per la sanificazione di ospedali è stato anche pubblicato nel 2022 da un gruppo di ricercatori di Taiwan contro il ceppo di Acinetobacter baumannii resistente agli antibiotici ad ampio spettro della classe dei carbapenemi. In questo studio della durata di tre anni, il trattamento con cocktail di fagi nebulizzati nelle terapie intensive ha ridotto significativamente le infezioni causate da questi batteri, che sono calate da 8.9 su 1000 pazienti / giorno, a 4.4 su 1000 pazienti/ giorno.
I Fagi nella prospettiva One Health che collega tutti gli esseri viventi
Per affrontare la minaccia globale dell’AMR, l’Organizzazione mondiale della sanità invita a un approccio basato sul concetto di One Health: tenendo in considerazione le interazioni tra esseri umani, animali e ambiente.
“Il principio One Health ci dice molto chiaramente che non possiamo andare per compartimenti gli stagni – commenta Caselli -. Se negli allevamenti non vengono utilizzate precauzioni per evitare l’uso routinario di antibiotici e lo sviluppo di batteri resistenti, questi arriveranno poi a noi tramite le carni che consumiamo.
Un approccio di prevenzione tramite l’utilizzo di fagi e probiotici potrebbe dunque essere molto utile anche in questo contesto.”
In quest’ottica, il laboratorio di Caselli ha recentemente allargato il campo d’azione rispetto all’ospedale, che rimane comunque un luogo principale d’interesse, ad altri ambienti comunitari e anche agli allevamenti degli animali.

Per quanto riguarda il trattamento di batteri contaminanti del cibo (sia di origine animale che vegetale), procurarsi i fagi risulta inoltre più semplice. “Per questo tipo di utilizzo – prosegue – alcune preparazioni di fagi sono state approvate già diversi anni fa e quindi esistono delle preparazioni commerciali utilizzabili sul mercato.” Negli Stati Uniti, per esempio, sono state approvate dalla Food and Drug Administration una decina di preparazioni fagiche per applicazioni su cibi freschi (carne, pesce, formaggio, frutta e verdura), diretti contro i principali contaminanti batterici: Listeria, Salmonella, E. coli, Shigella, e Staphylococcus.
Qualsiasi preparazione fagica deve comunque essere testata preventivamente contro i batteri d’interesse, vista la selettività dei fagi contro ceppi specifici di batteri.
L’uso dei fagi come decontaminanti ambientali deve inoltre presupporre l’applicazione di concentrazioni molto elevate, rispetto all’uso su piccole aree o nei pazienti. “Per la fagoterapia si possono utilizzare preparazioni fagiche a concentrazioni non elevatissime, perché il fago, nell’ambiente dell’infezione batterica all’interno di un organismo vivente, si riproduce”.
“Nell’ambiente, però, questo è più difficile, perché quando noi utilizziamo i fagi per la decontaminazione ambientale, abbiamo una concentrazione di batteri che è enormemente più bassa di quello che potremmo trovare in una ferita, in un’infezione, nell’intestino” precisa Caselli.
ANTIBIOTIC RESISTANCE DOSSIER: RETURN OF THE PHAGES The overuse of disinfectants contributes to the increase of resistance. Phages and probiotics are useful also for infection prevention in hospitals
by Valentina Fajner
As indicated in the update published in July by the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), the years of the pandemic have further accelerated the development of antibiotic resistance in several bacteria, a phenomenon known as antimicrobial resistance (AMR). “This was also caused by the massive and improper use of disinfectants and medications, which exerted tremendous selective pressure,” explains Elisabetta Caselli, Professor of Clinical Microbiology at the Department of Chemical and pharmaceutical sciences at the University of Ferrara, and scientific director of the Center for research on physical-chemical-microbiological pollution in high-sterility environments (Cias) at the University of Ferrara, in an interview with Agenda17.
The abuse of disinfectants and the increase in AMR
Sanitizing is an extremely important step for living in a healthy environment, Caselli reminds us. However, “we are now paying the consequences of the improper use of these tools, just like what happened with antibiotics.” The excessive use of disinfectants, which have been a crucial tool in safeguarding human health, has, in fact, caused considerable damage in recent years.

Their abuse can lead to cross-resistance to antibiotics, Caselli explains: “The constant selective pressure from the massive use of disinfectants induces bacteria to defend themselves by becoming resistant to the disinfectant itself; but this mechanism can also make the bacteria resistant to antibiotics. So, in the end, using a certain type of disinfectant can undermine the effectiveness of an antibiotic.”

In this context, it is crucial to develop sustainable solutions for environmental sanitation as alternatives to traditional methods, which typically rely on chemical disinfectants (such as chlorine-based products).
Probiotics for environmental sanitization
Traditional sanitization systems, in addition to having a high environmental impact, generally have limited effectiveness over time and fail to prevent re-contamination, which occurs when pathogens are reintroduced into the environment by patients, medical staff, and visitors—this is the ultimate cause of persistent contamination in hospitals.
Adopting a prevention-focused approach, Caselli and her research team have developed sanitization/sterilization systems for public places (hospitals, schools, gyms, public transport) based on probiotics (PCHS, Probiotic Cleaning Hygiene System), which uses “good” bacteria from the Bacillus genus. This system works on the principle of competitive exclusion, as Caselli explains: “Good bacteria, just like those we use for the gut, displace the bad bacteria and replace them. This happens in the environment as well. We have been working on this system for over fifteen years, in collaboration with a local company (Copma scrl, Ferrara).”
These probiotic-based sanitization systems have proven effective in the stable removal of at least 80% more pathogens compared to traditional disinfectants (such as alcohol, chlorine, and quaternary ammonium salts). Being eco-friendly, they do not contribute to environmental pollution and, importantly, “do not induce AMR, but instead reduce up to 99.9% of existing resistance in the treated environment,” adds Caselli. The reduction in pathogens and AMR has been associated with a 52% decrease in hospital-acquired infections, a 65% reduction in antibiotic consumption, and a 70% reduction in infection management costs in hospitals that participated in these studies.
As published in 2023 in the Microbiome journal, probiotic-based sanitization has also shown promising results in the context of public transport, another environment characterized by high pathogen transmission.
Bacteriophages enhance the specificity and speed of probiotic-based sanitization
However, the probiotic-based prevention system has the limitation of being slower compared to traditional sanitization. Since it relies on microorganism competition, this exclusion process typically takes about two weeks to become fully active, making it unsuitable for situations requiring immediate decontamination. Additionally, it is not specific to a particular type of microorganism. To increase the speed and selectivity of the sanitation system, researchers have therefore considered bacteriophages, or phages, natural predators of bacteria.
“We started working on this project in collaboration with the Tbilisi Center in Georgia, which gave us bacteriophages after we sent them the bacteria we found to be the most present in hospital environments.” The phages were tested first in the lab and showed efficacy against both “standard” strains and multidrug-resistant bacteria isolated from hospitals, with Staphylococci being the most prevalent.
“The results were very encouraging – explains Caselli- because, compared to probiotics alone, when there is a bacteriophage, the bacterial target decreases by more than 90% within 24 hours,”.
Promising results of phages and probiotics against hospital infections
This combined system of phages and probiotics for sanitation (PCHSφ) was then tested against Staphylococcus contamination in two Italian hospitals, in Rome and Ferrara. The treatment was applied through nebulization in patient room bathrooms, areas that are generally most affected by contamination.
Besides being an easy application, “nebulization was chosen because it forms a liquid film where the phages can meet the bacteria,” explains Caselli. “In just ten minutes we observed the formation of an environment suitable for this encounter, which would not be possible on a completely dry surface. Phages cannot move independently.”
The results, published in 2023 in the International Journal of Molecular Science, showed a significantly higher reduction in Staphylococci, including resistant strains, compared to disinfection (-76%) and the use of probiotics alone (-50%). Additionally, PCHSφ is compatible with the occasional use of chlorine-based disinfectants, which may be necessary in emergencies, though frequent use is not recommended as it compromises the activity of the phages and probiotics.
This sanitization approach has gained international interest, and Caselli’s lab has just completed a study in collaboration with the University of Oxford, supported by the Gates Foundation. “They have shown great interest, especially in using a relatively simple and low-cost system to reduce hospital infections in pediatric hospitals in developing countries, where mortality rates are extremely high.”
The use of phages for hospital sanitation was also published in 2022 by a group of researchers from Taiwan, targeting a carbapenem-resistant strain of Acinetobacter baumannii . In this three-year study, phage cocktail nebulization in intensive care units significantly reduced infections caused by these bacteria, decreasing from 8.9 per 1000 patients/day to 4.4 per 1000 patients/day.
Phages in the One Health perspective that connects all living beings
To address the global threat of AMR, the World Health Organization advocates for an approach based on the One Health concept, which considers the interactions between humans, animals, and the environment.
“The One Health principle clearly tells us that we cannot operate by separate compartments,” comments Caselli. “If farms do not take precautions to avoid the routine use of antibiotics and the development of resistant bacteria, these will eventually reach us through the meat we eat. A prevention approach using phages and probiotics could therefore be very useful in this context.”
In this perspective, Caselli’s lab has recently expanded its focus beyond hospitals—though hospitals remain a primary area of interest—to other community environments and even farms that house animals.

When it comes to treating bacteria contaminating food (both animal and plant-based), obtaining phages is also simpler. “For this use,”Caselli continues, “some phage preparations have already been approved for several years, so there are commercial phage preparations available on the market.” In the United States, for example, the Food and Drug Administration (FDA) has approved around ten phage preparations that can be used to treat fresh foods (meat, fish, cheese, fruits, and vegetables) targeting major bacterial contaminants like Listeria, Salmonella, E. coli, Shigella, and Staphylococcus.
However, any phage preparation must be pre-tested against the target bacteria, given the specificity of phages for certain strains.
The use of phages as environmental decontamination must also take into account the use of very high concentrations, compared to their use in small areas or on patients. “For phage therapy, we can use phage preparations at not excessively high concentrations, because phages reproduce in the environment of bacterial infection within a living organism“.
“In the environment, however, this is more difficult because, when we use phages for environmental decontamination, we are dealing with a bacterial concentration that is much lower than what we might find in a wound, infection, or the intestines,” Caselli clarifies.