“In alta quota ogni anno nevica sempre meno e sulle Alpi la durata del manto nevoso nell’ultimo secolo si è accorciata in media di un mese a causa del riscaldamento atmosferico di circa 2°C.” Si apre così la recente denuncia di Legambiente, in occasione della Giornata mondiale della neve svoltasi il 19 gennaio.
L’associazione ha sottolineato la necessità di maggiori politiche di mitigazione e adattamento, di una maggiore presa di coscienza delle comunità locali e di un turismo più sostenibile e dolce.
Mitigazione e adattamento: montagne e valli devono fare i conti con il crescente deficit idrico
A soffrire particolarmente sono le Alpi, dove nemmeno le tardive nevicate primaverili hanno portato benefici. Già nel 2022, annus horribilis per i ghiacciai alpini, la situazione appariva particolarmente fragile, con uno studio che certificava una media di quindici giorni in meno di permanenza al suolo della neve nelle aree montuose a livello globale.
Di fatto, però, sempre più ricerche attestano questa mancanza di neve, in particolare proprio sulle Alpi. Secondo quelle citate da Legambiente, ad esempio, rispetto a 100 anni fa si è dimezzata, addirittura con un -34% tra il 1920 e il 2020 e con differenze marcato tra le Alpi settentrionali e quelle sud occidentali: rispettivamente -23% e quasi – 50%.
Inoltre, nell’ultimo secolo la durata della neve si è accorciata di un mese: e a testimoniarlo è il ginepro comune, un arbusto che cresce lentamente e che funge in questo caso da sentinella del cambiamento. La presenza di neve, infatti, normalmente ne rallenta la crescita, che invece risulta oggi aumentata. Un fenomeno che si inserisce nel generalizzato e preoccupante fenomeno di risalita della vegetazione a quote sempre più alte.

Infine, il calo di precipitazioni nevose e il rapido scioglimento della neve presente si riversano ovviamente anche sui fiumi, con il Po e l’Adige con un deficit idrico del 61%. E anche sugli Appennini, dove pure ha nevicato abbondantemente, le alte temperature stanno portando a uno scioglimento rapido della neve e, quindi, a forti squilibri nei corsi d’acqua.
Ripensare la gestione dei territori di montagna
“Oggi non vedere il cambiamento in atto e non modificare di conseguenza abitudini e modalità di fruizione degli ambienti montani nei mesi invernali crea ripercussioni destinate a impattare su ambiente ed economie locali” commenta il direttore generale di Legambiente. Serve quindi una maggiore presa di coscienza, lavorando su politiche di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, per proteggere le aree montane e i loro ghiacciai. Eppure, il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico si è dimostrato poco attento alla situazione concreta, mentre il turismo invernale continua a puntare tutto sull’industria dello sci. Serve un cambiamento, che parta dal coinvolgimento delle comunità locali: ripensare il turismo assieme alle amministrazioni locali e aprire un dialogo con e tra i cittadini delle terre alte che si trovano per primi ad affrontare le conseguenze.