Sulle Alpi, vegetazione al posto dei ghiacciai Più verde però non è meglio: temperature più alte, meno acqua e biodiversità. E la CO2 non cala

Sulle Alpi, vegetazione al posto dei ghiacciai

Più verde però non è meglio: temperature più alte, meno acqua e biodiversità. E la CO2 non cala

Lo dimostra uno studio pubblicato su Science da due ricercatori delle Università di Losanna e Basilea. Grazie ai rilevamenti satellitari di un periodo compreso tra il 1984 e il 2001, gli studiosi hanno analizzato che la vegetazione sopra al limite del bosco è aumentata in quasi l’80% delle Alpi. 
Le montagne stanno subendo un riscaldamento più drammatico rispetto alle quote più basse, con l’aumento dello scioglimento della neve e il cambiamento dei modelli di nevicate. Il manto nevoso è diminuito in modo significativo anche se finora su meno del 10% della regione dello studio, mentre la produttività della vegetazione è aumentata in oltre due terzi dell’area sopra il limite del bosco, con potenziali impatti ecologici e climatici. 

Meno acqua 

L’inverdimento, già ben documentato anche nell’Artico, potrebbe aumentare il sequestro del carbonio, ma è causa di implicazioni negative, tra cui la riduzione dell’albedo (la riflettività delle superfici terrestri) e della disponibilità di acqua. Quando le chiome scure delle foreste sostituiscono la neve brillante, la radiazione solare invece di rimbalzare nello spazio, viene assorbita. L’aumento della biomassa vegetale è dovuto alle variazioni delle precipitazioni e ai periodi di vegetazione più lunghi a causa dell’aumento delle temperature.

Anche le foreste possono riscaldare il Pianeta 

Le superfici luccicanti come la neve fresca hanno un’albedo da 0,8 a 0,9 (su una scala da zero a uno), il che significa che rimbalzano molta energia solare nello spazio. Al contrario, una chioma continua di latifoglie può avere un albedo di appena 0,15. Una chioma di conifere può avere un albedo ancora più basso: 0,08. 
Ma l’impatto dipende, in parte, da quando viene misurato durante il ciclo di vita della foresta. 

A seconda della tipologia della superficie e del suo colore  cambia l’assorbimento o la riflettività di gran parte del calore ricevuto tramite i raggi solari: la neve e i ghiacciai riflettono maggiormente le radiazioni solari, comportando un maggiore perdita di calore e un abbassamento della temperatura (©Blueplanetearth)

Una foresta giovane, ad esempio, potrebbe riscaldare l’atmosfera a causa del suo effetto albedo, ma potrebbe rinfrescarla man mano che gli alberi invecchiano e immagazzinano più carbonio. “La capacità delle piante di assorbire e di accumulare carbonio con la fotosintesi – afferma Lisa Brancaleoni, ricercatrice dell’Università di Ferrara ed esperta in ecologia vegetale degli ambienti alpini – dipende da diversi fattori: la specie, l’età, lo stadio fenologico (ossia se la pianta è giovane, matura o senescente), lo stato di salute, le interazioni positive o negative con le altre piante o organismi e, non per ultimo, le condizioni ambientali in cui cresce (clima, suolo ecc.); se le piante sono stressate, spesso le perdite di carbonio sono superiori a quello immagazzinato nella biomassa. Inoltre, ambienti, come le torbiere alpine (ma anche del nord Europa), che da sempre funzionano come riserve di carbonio, hanno iniziato ad emettere carbonio a causa dell’incremento delle temperature. Anche se in Italia la loro estensione è minima, in tutto l’emisfero nord sono diffusissime e immagazzinano l’85% delle riserve di carbonio mondiali.”

Lisa Brancaleoni, Dipartimento di scienze dell’ambiente e della prevenzione Unife (©Unife)

Le montagne si riscaldano a una velocità doppia

“La portata del cambiamento si è rivelata assolutamente enorme nelle Alpi”, afferma Sabine Rumpf, autrice principale dello studio. Le Alpi stanno diventando più verdi perché le piante stanno colonizzando nuove aree e la vegetazione generalmente diventa più fitta e più alta. Le montagne si stanno riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media globale. “Le piante alpine si sono adattate a condizioni difficili, ma non sono molto competitive”. Con il mutare delle condizioni ambientali queste specie specializzate perdono il loro vantaggio e vengono superate: “La biodiversità unica delle Alpi è quindi sottoposta a una notevole pressione”. 

A rischio anche il turismo

Il riscaldamento provoca un ulteriore scioglimento dei ghiacciai e lo scioglimento del permafrost, che può portare a frane, crolli e colate di fango. Rumpf sottolinea inoltre l’importante ruolo della neve e del ghiaccio delle Alpi nell’approvvigionamento di acqua potabile e, non ultimo, per il tempo libero e il turismo. 
L’incertezza sul modo in cui le nuove foreste influenzeranno il clima non pone solo una sfida scientifica: ha anche implicazioni politiche. Pochi progetti di piantagione di alberi su larga scala, ad esempio, valutano i potenziali svantaggi climatici di un’albedo che cambia.

(©Sabine Rumpf)

Poi c’è la questione di come i governi dovrebbero rendere conto delle nuove foreste quando calcolano i loro contributi per rispettare gli accordi globali sul clima come l’accordo di Parigi. In genere, alle nazioni viene riconosciuto il merito di aver protetto o ampliato le loro foreste. La Russia, ad esempio, calcola che circa un quarto delle sue emissioni di combustibili fossili sono compensate dalle sue enormi foreste che assorbono carbonio. Ma il rischio è che si ponga troppa enfasi sulle foreste come soluzione climatica. La CO2 non cala perché la combustione per i processi antropici continua ad essere elevata e i modelli previsionali indicano ulteriori incrementi. Occorre diminuire la produzione di carbonio da combustione perché gli effetti siano ben visibili.

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