La ricerca universitaria in aiuto alle politiche di transizione: una settimana di Climate Exp0

La ricerca universitaria in aiuto alle politiche di transizione: una settimana di Climate Exp0

La scienza, i giovani e la politica si incontrano in un evento unico per discutere di lotta al cambiamento climatico. 

Si terrà nella settimana dal 17 al 21 maggio 2021 Climate Exp0, la conferenza virtuale organizzata dalla Rete delle università per lo sviluppo sostenibile (Rus) in collaborazione con COP26 Universities Network, un gruppo di oltre cinquantacinque università e centri di ricerca con sede nel Regno Unito.

Locandina del Climate Exp0 (©Twitter, @ClimateExp0)

È un’occasione importante per condividere gli studi più rilevanti a livello internazionale in tema di cambiamento climatico. Climate Exp0 si inserisce infatti nel programma All4Climate-Italy 2021, un insieme di eventi ospitati dall’Italia in vista della Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni unite (COP26) che si terrà a Glasgow in novembre.

 Università e giovani sono importanti per la transizione ecologica

Simone Borghesi è docente di Politica economica all’Università di Siena e direttore della Florence School of Regulation – Climate (©academia.edu)

L’importanza di questi eventi preparatori è avviare il dibattito portando l’attenzione sulle tematiche più rilevanti, tra le quali la gestione della transizione ecologica. In questo, il ruolo delle università è fondamentale.

“Questi eventi sono molto benvenuti per alimentare il dialogo tra scienza e policy – spiega Simone Borghesi, docente dell’Università di Siena e direttore della Florence School of Regulation – Climate (FSR Climate) – e il contributo delle università è prezioso. Con la pandemia ci siamo resi conto dell’importanza della ricerca e questo vale anche per il cambiamento climatico, di fatto una pandemia silenziosa i cui effetti, se pur meno visibili, sono continui e drammatici.”

Michela Gallo è docente di Ingegneria sanitaria-ambientale all’Università di Genova (©Unige)

“Climate Exp0 è interessante – sottolinea Michela Gallo, docente dell’Università di Genova e tra gli organizzatori dell’evento – proprio perché mette in comunicazione la comunità scientifica, quindi la parte più tecnica di valutazione dei cambiamenti climatici, con il lato politico e gestionale, grazie alla presenza di diversi ministri e negoziatori della COP26.”

C’è però anche un terzo soggetto molto presente: i giovani. “Molte sono infatti le student session che daranno largo spazio a quella che di fatto è la voce più interessata, cioè le generazioni future che dovranno gestire il cambiamento climatico” specifica Gallo.

Occuparsi di clima significa infatti fare scelte che riguardano soprattutto i giovani. “Coinvolgerli in prima persona – ribadisce Borghesi – è fondamentale e le università sono un ponte tra i policy maker, che inevitabilmente hanno un’età più avanzata, e i giovani con cui quotidianamente lavoriamo.”

Proteggere l’economia senza distruggere l’ambiente

Massimiliano Mazzanti è docente di Politica economica all’Università di Ferrara (© ResearchGate)

“Gli studenti e, con essi, le università – sottolinea Massimiliano Mazzanti, docente dell’Università di Ferrara e tra gli organizzatori di Climate Exp0 – possono fare la differenza: possono cioè essere la generazione che dà un colpo alla transizione perché i giovani, con le loro scelte, dalle preferenze di voto agli investimenti finanziari, determinano importanti cambiamenti nella società.”

La sfida principale sarà allora conciliare lo sviluppo economico con la tutela dell’ambiente. “Il fatto che oggi gli Stati si mettano in gioco con somme ingenti – continua Mazzanti – è frutto dello shock causato dalla pandemia. Le politiche ambientali sono infatti presenti in modo costante da oltre vent’anni e questa loro presenza consolidata incide oggi sulla collocazione degli incentivi. Climate Exp0 diventa quindi un’occasione non solo per richiamare l’attenzione su questi temi, ma soprattutto per mantenerla viva.”

“È un evento di alto livello – spiega Gallo – forse non accessibile alla cittadinanza in termini di piena comprensione. Tuttavia è un modo concreto per mettere in comunicazione gli studenti e creare i futuri professionisti, che attueranno scelte strategiche sulla base di consapevolezze diverse rispetto a quelle di classi dirigenti formate quarant’anni fa.”

“Credo che la scelta dell’Europa di puntare alla transizione ecologica – concorda Borghesi – sia quella giusta. Dobbiamo proteggere l’ambiente senza distruggere il sistema economico o, detto altrimenti, proteggere l’economia senza distruggere l’ambiente. È un processo che richiede tempo e non ne abbiamo molto, per cui servono scelte coraggiose.”

(©MoneyBlog)

Per questo motivo l’elemento demografico non basta. Se ci affidiamo infatti solo ai cambiamenti nelle preferenze sociali, il mercato cambia troppo lentamente per le esigenze che la questione climatica pone. È qui che entrano in gioco le politiche pubbliche.

Conciliare ambiente e lavoro: la sfida dopo la pandemia

“Già nel 1994 Alexander Langer, uno dei leader del movimento verde europeo, affermava che la conversione ecologica potrà affermarsi solo se appare socialmente desiderabile. Sottovalutare questo – ricorda Mazzanti – porta al rischio di una società sempre più spaccata tra chi può permettersi la transizione e chi no. Bisogna invece darle valore creando occupazione verde e investendo a vari livelli, a partire dall’istruzione.”

“La formazione è essenziale – aggiunge Borghesi – sia per il singolo che voglia inserirsi nel mercato del lavoro sia per il Paese perché, per ripartire, dobbiamo essere competitivi. È importante che cittadini e imprese capiscano il valore dell’apprendimento continuo, perché se vogliamo crescere l’università non può più essere vista solo come un’alternativa al lavoro.”

Tornano allora di nuovo protagoniste le università. “Accanto all’attività di ricerca – specifica Gallo – hanno anche un importante ruolo di divulgazione. Il sapere legato al clima deve infatti uscire dall’ambito puramente accademico e raggiungere la società. Occorre spiegare alle persone, in modo semplice, come le nostre vite saranno interessate dai cambiamenti, per evitare che molte scelte siano percepite come calate dall’alto.”

In particolare c’è bisogno di affrontare la paura che le politiche ambientali facciano perdere il lavoro, altrimenti si rischia di mettere l’ambiente in secondo piano.

“Con le risorse economiche a disposizione in questo momento – conclude Mazzanti – la politica ha preso la palla al balzo per fare investimenti che tutelino il lavoro e l’ambiente. Certamente gran parte delle risorse devono compensare i danni della pandemia, ma da sempre i disastri muovono le energie e noi dobbiamo sfruttarle per cambiare rotta.”

(Sandy Fiabane, studentessa del Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara)

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