Con l’approvazione all’inizio del mese di dicembre 2024 del disegno di legge n. 45-A, il Consiglio regionale della Sardegna ha provato a chiudere la lunga vicenda delle aree idonee all’installazione di fonti di energia rinnovabili nell’Isola, o, almeno, a segnare un punto di svolta di una situazione caratterizzata da un acceso contrasto fra oppositori che vogliono limitare gli impianti e imprese interessate a espanderli.
Un contrasto che ha investito per mesi il dibattito pubblico sardo coinvolgendo media e istituzioni, e che ha conosciuto momenti aspri come episodi di sabotaggio e la denuncia da parte della Presidente Alessandra Todde di “lettere minatorie in cui alcune grandi società energetiche – che hanno interessi in Sardegna per la realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici – diffidano la nostra assemblea legislativa a votare su questo nostro provvedimento”.
E non è detto che la partita sia definitivamente chiusa, visto che sul processo legislativo regionale e nazionale pende l’ordinanza con cui il Consiglio di Stato, su richiesta di società energetiche, ha sospeso parzialmente il DM aree idonee. L’udienza del Tar sul caso è prevista per il prossimo 5 febbraio.
“Questa è la prima legge d’Italia sulle aree idonee – si legge nel sito della Regione autonoma – : la Sardegna è la prima regione a dotarsi di una normativa completa in materia, frutto di un processo di ascolto fortemente voluto dall’amministrazione regionale, che ha visto Presidente e Giunta a confronto con varie parti della società sarda, e in particolare con amministratori e tecnici comunali, da nord a sud dell’Isola.”
Ma proprio gli ostacoli incontrati da questo “processo di ascolto” fanno dell’ eolico sardo un caso esemplare della complessità e delle difficoltà che incontrano le politiche “verdi”, sulle quale si scontrano da un lato ingenti interessi economici spesso “riverniciati” di green e dall’altro l’opposizione organizzata di cittadini che scendono in campo con argomentazioni, conoscenze scientifiche e giuridiche che nulla hanno più a che fare con quelle del periodo naive delle proteste NIMBY (Not In My Back Yard, “Non nel mio cortile”).
Di questa complessità si occupa il dossier. E se la Sardegna è il caso esemplare, situazioni analoghe si riscontrano in altre parti del Paese, dove la protesta ha imparato ad articolarsi in un discorso pubblico fondato su pareri esperti, raccolta e interpretazione dei dati e soluzioni normative alternative.
Non basta disporre di una buona tecnologia e di buone intenzioni. Il beneficio delle energie alternative deve raccordarsi con quello sociale, tener conto della complessità degli ecosistemi ambientali e del mercato dell’energia.
Il ruolo dell’eolico nella transizione energetica, gli interessi economici e le proteste
Con l’adozione del Piano nazionale integrato per l’ energia e il clima (Pniec), l’Italia persegue l’obiettivo al 2030 del 39,4% di energia da fonte rinnovabile (Fer) sul totale del consumo.
L’installazione di pale eoliche è un’opera estremamente invasiva: alte anche più di 200 metri, con fondamenta in cemento armato di diametro superiore a venti metri.
I dissidenti considerano la richiesta di installazione e connessione alla rete elettrica degli impianti fortemente condizionata dal meccanismo degli incentivi.
Il tutto senza la necessaria trasparenza e condivisione con i cittadini, messi al corrente solo quando i tempi per le osservazioni ai progetti erano prossimi alla scadenza
Leggi tutto Gli obiettivi del piano di transizione ecologica e le ragioni della contestazione
Caso Sardegna: prima approvazione di una legge regionale e proposta alternativa di iniziativa popolare
Con l’approvazione all’inizio del mese di dicembre 2024 del Disegno di legge n. 45-A, il Consiglio regionale della Sardegna ha segnato un punto di svolta in una situazione caratterizzata da un acceso contrasto fra oppositori che vogliono limitare gli impianti e imprese interessate a espanderli.
Durante l’esame del Ddl, il Consiglio regionale ha dovuto fare i conti con accese polemiche di attivisti e comitati promotori della legge di iniziativa popolare Pratobello ‘24.
Si tratta di una proposta di legge frutto della collaborazione tra giuristi e attivisti, portata avanti da un gruppo di sindaci con in testa il sindaco di Orgosolo, Pasquale Mereu.
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Caso Sardegna. L’ analisi e la mobilitazione che hanno portato a Pratobello ‘24 nel racconto dei protagonisti
La legge di iniziativa popolare Pratobello ‘24 è l’esito di un dibattito e confronto pubblico che hanno conosciuto toni e momenti assai aspri, un percorso emblematico che mostra come la contestazione dei comitati sorti dal basso ha saputo organizzarsi passando dalla fase della protesta a quella di una proposta organica in grado di confrontarsi con un’ Amministrazione regionale che per prima ha approvato una legge regionale sulla individuazione delle aree idonee .
Dolores Demuro, attivista indipendente a tutela delle aree rurali, ricostruisce la situazione dell’economia della Sardegna in transizione dalla deindustrializzazione verso nuove attività sostenibili supportate dall’Unione europea, il pericolo della speculazione energetica, il malcontento e la protesta fino a Pratobello ‘24.
Leggi tutto Contributi al dialogo – Pratobello ‘24 storia di una mobilitazione popolare
La parola ai comitati. Caso Mugello: valori naturalistici a rischio e mancato coinvolgimento dei cittadini
Nel Mugello, il territorio coinvolto nell’intervento di impianto eolico è il crinale del Monte Giogo di Villore, tra i Comuni di Vicchio e Dicomano, un vero e proprio spartiacque tra Toscana e Romagna.
Si tratta di un’area di grande interesse naturalistico, caratterizzata da elevata biodiversità e al confine con la zona protetta del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, a pochi chilometri dalla Valle dell’Acquacheta.
Ciò che i dissidenti contestano è che tali decisioni non siano mai state rese pubbliche in nessun strumento urbanistico e territoriale, nemmeno nei programmi elettorali delle recenti rinnovate amministrazioni comunali.
Leggi tutto La parola ai comitati. Il caso del Mugello, secondo l’architetta Silvia Ciucchi
La parola ai comitati. Caso umbro: beni culturale e zone umide coinvolte in un progetto a insaputa dei cittadini
Nei comuni di Gualdo Tadino e Nocera Umbra in provincia di Perugia è in atto un progetto per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte eolica denominato “Gualdo Tadino”.
Anche per gli impianti previsti per l’ Appennino umbro, il dibattito sull’eolico è molto acceso, con mobilitazioni e dissensi espressi da cittadini e comitati a tutela dell’ambiente, contro una progettazione imposta e poco trasparente
L’iniziativa ha ricevuto il supporto di associazioni come Italia nostra, Altura (Associazione per la tutela degli uccelli rapaci), Lipu (Lega italiana protezione Uccelli) e Mountain Wilderness.
Ma che razza di modo è quello di affrontare questa questione? E da una università per giunta, che dovrebbe avere un approccio multidisciplinare e di servizio pubblico.
Alzatevi dalle vostre scrivanie, fate qualche giro in Puglia o in Basilicata o in Campania … in questi territori degli orrori troverete la risposta alle vostre semplificazioni.
PS e non parliamo dell’ apporto ridicolo di energia. Germania docet, primo emettitore di CO2 d’Europa a suon di lignite malgrado 160.000 MW di eolico e FV installati (CENTOSESSANTAMILA!). E i prezzi della bolletta sull’otto volante
Caro Enzo, io penso che tu abbia proprio sbagliato bersaglio.
E mi dispiace perchè quì si parla principalmente di comitati organizzati per difendere i territori dalle aggressioni delle multinazionali dlele finte rinnovabili.
Comitati che si stanno battendo per evitare proprio quello che è già successo a noi, Gente che ha passato la notte di capodanno a fare i presidi sotto le finestre della Regione Sardegna. Gente che ha raccolto 210.000 firme a supporto di una legge regionale che vincolasse sotto il profilo ambientale e naturalistico. E di tutti quei movimenti che si stanno battendo dal Lazio a salire mentre dal Lazio a scendere c’è il deserto organizzativo. Io collaboro con decine di comitati ma della Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise nemmeno l’ombra.
Forse perchè oramai ci si è assuefatti più alla politica che alla distruzione dei territori che al Sud, da noi, non fa neanche più notizia.
Basterebbe andare a spulciare un pò i progetti presentati al MASE per per regioni suddette e vedrai che sporadicamente si legge qualche osservazione presentata da qualche cittadino o da qualche timido comitato. Interventi a macchia di leopardo là dove si vuole o si puote.
E non è un caso che io ho segnalato alle giornaliste solo persone e comitati attivi, uniti ed attivi che sono stati capaci di convincere, coinvolgere anche i sindaci che da quelle parti, oramai, sono quelli che stanno portando le battaglie nate dal basso nelel sedi istituzionali.
Tu la puoi pensare come ti pare, puoi fare le valutazioni che ti pare ma la realtà dei fatti è che là dove le finte rinnovabili ancora non hanno colonizzato i territori i comitati, uniti, stanno cercando di arginarlo cercando di difendere quel poco che resta del “bel paese”.
Non registro, da noi già colonizzati, la stessa unione, la stessa determinazione, le stesse azioni per fermare questo sistema di rapina delle terre inquinando e distruggendo solo per fare per fare profitti.
Il focus del dossier è la complessità e (in alcuni casi) contraddittorietà dell’utilizzo di tecnologie “verdi” e la capacità dei comitati e gruppi locali sorti a difesa dell’ambiente di passare dalla fase della mera protesta a quella di proposte scientificamente argomentate e giuridicamente elaborate.
Ci sono poi alcuni casi paradigmatici, proposti in quanto tali – con largo spazio all’opinione dei comitati -. Una lettura attenta mostra che non è una rassegna degli impianti e delle proteste in tutto il Paese, che non è nostro compito né intento.