Giornata internazionale dell’aria pulita: l’inquinamento atmosferico è la principale minaccia per la salute Pianura Padana tra le aree con contaminazione più alta. Fondamentale il monitoraggio per pianificare gli interventi, secondo il fisico Malagù di Unife

Giornata internazionale dell’aria pulita: l’inquinamento atmosferico è la principale minaccia per la salute

Pianura Padana tra le aree con contaminazione più alta. Fondamentale il monitoraggio per pianificare gli interventi, secondo il fisico Malagù di Unife

Il 7 settembre è la data stabilita dall’Assemblea generale delle Nazioni unite per la Giornata internazionale dell’aria pulita per i cieli blu, che quest’anno giunge alla sua terza edizione. Secondo l’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) l’inquinamento dell’aria costituisce oggi la maggiore minaccia ambientale per la salute umana, oltre ad avere pesanti impatti sul clima e sugli ecosistemi: vi è esposto infatti il novantanove percento del Mondo e si stima che causi ogni anno circa 7 milioni di morti premature (dovute principalmente a infarti e malattie polmonari).

Numeri che evidenziano la gravità e l’estensione di un problema che oltrepassa le barriere geografiche e i confini politici fra gli Stati. Per questo l’edizione di quest’anno mette al centro il carattere globale dell’inquinamento atmosferico, sensibilizzando a una cooperazione sia regionale che internazionale per salvaguardare il benessere di tutti. 

Per agire tuttavia serve conoscere innanzitutto lo stato dell’ambiente e l’Università di Ferrara è da tempo impegnata nello sviluppo di sensori per il rilevamento dei gas inquinanti presenti in atmosfera: “non basta pensare di ridurre l’inquinamento, per intervenire bisogna prima poterlo quantificare” commenta ad Agenda17 Cesare Malagù, fisico e responsabile del Gruppo sensori del Laboratorio sensori e semiconduttori (Lss) dell’Università di Ferrara.

Nel bacino padano elevati i valori di polveri sottili e gas, specialmente l’ozono

La Pianura Padana, come è noto, è un’area che da tempo vive il problema della cattiva qualità dell’aria. La conformazione del territorio, la forte presenza dell’industria chimica e gli elevati flussi di traffico veicolare sono fra le cause principali degli alti livelli non solo di polveri sottili, ma anche di gas dannosi come il monossido di carbonio, l’anidride solforosa, il diossido di azoto e l’ozono – in particolare, le concentrazioni di quest’ultimo nella nostra Regione continuano a non rispettare gli obiettivi di legge, secondo la relazione sulla qualità dell’aria nel 2021 redatta dall’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia Romagna (Arpae).

Mappa dei livelli di diossido di azoto (NO2) nell’Italia settentrionale rilevati dal satellite Copernicus . I valori di inquinamento molto alti, sono dovuti anche alle particolari condizioni meteorologiche (© European Union, Copernicus Sentinel-5P imagery)

Ferrara si colloca tipicamente fra le città italiane più inquinate, con una qualità dell’aria al di sotto della soglia di accettabilità per il ventuno percento dell’anno (settantotto giorni) secondo i dati Arpae relativi al 2021, soprattutto a causa della presenza di PM10 (polveri sottili con diametro medio inferiore a dieci micrometri) e ozono.

Il monitoraggio di precisione dei gas nella città estense

“A Ferrara, in collaborazione con Arpae, vengono utilizzate le centraline esistenti e sensori Unife per misurare la concentrazione dei gas in città e ottenere una panoramica della situazione – spiega Malagù -. Il nostro gruppo di ricerca si dedica da tempo allo sviluppo di sensori innovativi. I sistemi di vecchia concezione utilizzano infatti una tecnologia a raggi infrarossi, mentre noi impieghiamo sensori che sfruttano la chemoresistività e hanno il vantaggio di essere meno costosi e avere una grande sensibilità.”

Cesare Malagù, docente del Dipartimento di fisica e scienze della Terra e responsabile del Gruppo sensori del Laboratorio sensori e semiconduttori presso l’Università di Ferrara (© Unife)

I sensori chemoresistivi consentono quindi di misurare con grande precisione le concentrazioni di gas inquinanti come il monossido di carbonio e gli ossidi di azoto. “Per costruire uno di questi sensori – prosegue Malagù – si possono usare ad esempio due pettini d’oro e particelle di ossidi, di dimensioni nanometriche. Il variare della resistenza elettrica al passaggio della corrente fra i due pettini fornisce informazioni sulla composizione chimica dell’aria con cui il sistema è a contatto e diventa possibile risalire alla quantità di gas nocivi presenti in atmosfera.”

Immagine al microscopio a scansione elettronica (SEM) di uno strato di nanoparticelle di ossido impiegate in un sensore chemoresistivo (© Unife) 

Oltre alle buone pratiche, sistemi di filtraggio e vernici speciali per ridurre l’inquinamento

Sul piano del monitoraggio è possibile ottenere misure anche molto precise delle concentrazioni delle sostanze dannose, ma come intervenire per abbassarne i valori? “Ci sono azioni – prosegue Malagù – che aiutano ad abbassare i livelli di inquinamento, come il maggiore uso delle biciclette o diminuire il riscaldamento da caldaia, ma esistono anche soluzioni tecnologiche per la rimozione diretta degli inquinanti. 

Agire al chiuso è più semplice: si usano dei filtri che sfruttano la forza centrifuga per ripulire l’aria. Intervenire all’aperto è più difficile, ma esiste la possibilità di realizzare per gli edifici delle coperture che catturano le sostanze inquinanti. Ad esempio, si può ricoprire un tetto di una particolare vernice contenente ossido di titanio e, grazie a un fenomeno noto come chemisorbimento, la superficie verniciata reagisce con l’aria anche per mezzo dell’energia solare, rimuovendo gli inquinanti che vengono trasformati in altre sostanze poi eliminabili.”

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