MONTAGNA, ANNO DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE. Foreste europee a rischio: il bostrico sta divorando i boschi di abete rosso (1) Tempeste e siccità indeboliscono le piante, mentre l’insetto prolifica con il caldo

MONTAGNA, ANNO DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE. Foreste europee a rischio: il bostrico sta divorando i boschi di abete rosso (1)

Tempeste e siccità indeboliscono le piante, mentre l’insetto prolifica con il caldo

Dall’Alta Val Brembana ai boschi del Cansiglio, fino al Trentino e tutto l’arco alpino: le foreste italiane, ma anche quelle europee, sono sempre più minacciate dal bostrico tipografo (Ips typographus), un piccolo insetto che penetra sotto la corteccia degli alberi, provocandone la morte in poche settimane. La sua presenza, in condizioni normali in equilibrio con l’ambiente, è oggi in forte crescita a causa del cambiamento climatico, che ha reso gli alberi deboli e facilmente attaccabili.

Classificato tra le dieci specie di insetti maggiormente responsabili dei danni alle foreste europee, il bostrico tipografo è un piccolo coleottero del gruppo degli Scolitidi, grande circa cinque millimetri. Scavando gallerie sotto la sua corteccia, ne interrompe il flusso della linfa causando in poche settimane la morte della pianta.

Gli effetti del bostrico: ampie macchie di vegetazione secca (ⓒforestefauna.provincia.tn)

Nel solo Trentino, nell’ultimo triennio sono 5.300 gli ettari colpiti e 600mila i metri cubi di legname perduto.

“Per combattere il bostrico tipografo in questo momento c’è poco da fare: non ci sono sistemi efficaci per il contenimento delle popolazioni una volta che hanno iniziato le pullulazioni, oltre al fatto che non si riesce mai a salvare le piante colonizzate. Si possono solo attuare azioni di medio-lungo periodo di tipo preventivo, tuttavia l’obiettivo principale deve rimanere la protezione delle piante: se anche riuscissimo a catturare miliardi di insetti, ma nel frattempo le piante muoiono lo stesso perché indebolite dal cambiamento climatico, non avremmo raggiunto il nostro scopo”. È quanto dichiara ad Agenda17 Massimo Faccoli, docente di Zoologia forestale presso l’Università di Padova.

Il bostrico colpisce solo piante deboli, ma ora lo sono tutte 

Detto anche bostrico dell’abete rosso, attacca soprattutto questa specie di piante. Le femmine scavano nella corteccia gallerie di circa dieci centimetri parallele all’asse del tronco, al cui interno depongono le uova. Le larve, poi, si nutrono scavando a loro volta gallerie di circa cinque centimetri in senso ortogonale e, una volta adulte, andranno a colonizzare altre piante.

Il bostrico tipografo e le gallerie scavate nella corteccia (©dafnae.unipd, Vaia e il rischio bostrico)

“Il problema bostrico – prosegue Faccoli – non è recente, ma negli ultimi anni si è acuito moltissimo, sulle Alpi e in molte parti d’Europa. Fino a qualche anno fa era infatti in equilibrio con i nostri boschi, ma si tratta di un equilibrio dinamico, caratterizzato cioè da continui saliscendi dovuti a fenomeni di indebolimento delle piante, che possono essere legati a vari fattori.”

Di norma, infatti, l’insetto attacca solo esemplari fortemente debilitati e tendenzialmente maturi (da circa sessant’anni in su), di dimensioni medio-grandi, poiché, per potersi moltiplicare e sviluppare, deve scavare gallerie nella corteccia, il cui spessore deve quindi essere sufficiente allo scopo. 

Purtroppo però l’azione del bostrico è irreversibile: una volta penetrato sotto la corteccia, l’albero inizia a morire e non è più salvabile. Questo avviene perché la colonizzazione è massiva: in una singola pianta si possono trovare decine di migliaia di insetti, che ne distruggono il tessuto sottocorticale portandola a morte nel giro di cinque o sei settimane.

“Inoltre, un altro fattore grave che contribuisce ad aumentare la pericolosità dell’insetto e la sua performance riproduttiva – spiega Faccoli – è che ad esso sono associati i cosiddetti funghi simbionti, che servono agli insetti per superare le difese residue della pianta. 

Massimo Faccoli, docente di Zoologia forestale presso l’Università di Padova (©unipd)

Questi funghi sono fitopatogeni, quindi intossicano la pianta e ne contribuiscono alla repentina disfatta, facilitando la penetrazione del bostrico. Quindi, se da un lato la fase di sviluppo dell’insetto interessa solo gli strati più esterni della corteccia, senza quindi alterare meccanicamente il legno, dall’altro il fungo penetra in profondità e altera le caratteristiche qualitative e meccaniche del legno, avviando processi di alterazione e biodegradazione che ne riducono drasticamente il valore tecnologico ed economico.”

Abbandono e scarsa manutenzione dei boschi 

Uno dei fattori principali che contribuiscono alla diffusione massiccia delle infestazioni è la carente manutenzione delle superfici boschive. “Per quanto riguarda l’Italia – afferma Faccoli – l’infestazione è un processo iniziato una ventina di anni fa e ha ragioni prima di tutto di natura socio-politica. Stiamo infatti gestendo sempre meno i nostri boschi per il semplice fatto che non conviene.

Abbiamo infatti molte superfici boschive, sia sulle Alpi sia sugli Appennini, difficilmente raggiungibili dal punto di vista orografico, in quanto mancano strade e le poche presenti non raggiungono tutti i punti, per cui a livello economico è conveniente comprare il legno all’estero.”

Negli ultimi vent’anni questo ha determinato un aumento della superficie forestale italiana di circa 1% l’anno, associato al progressivo abbandono delle regioni montuose e delle attività rurali e selvicolturali. La conseguenza è che il bosco si sta riprendendo i suoi spazi, chiudendo le praterie e i pascoli destinati al bestiame o alla produzione di fieno e creando boschi sempre più fitti e vecchi, quindi più deboli.

“Inoltre – prosegue Faccoli – è cambiata la visione del bosco. Per secoli infatti è stato visto principalmente come garante della stabilità dei versanti e fonte di legno, ma negli ultimi cinquant’anni è diventato soprattutto paesaggio, turismo e luogo di svago. 

Per questo molte comunità montane e consorzi forestali preferiscono non tagliarlo e sfruttare queste aree per attirare turisti, aumentare il valore delle seconde case in montagna o anche semplicemente agevolare l’emissione di permessi per la raccolta di funghi.

Tutto ciò ha però determinato una progressiva trascuratezza nei confronti del bosco, che sta invecchiando. Ricordiamoci che un bosco lasciato a se stesso non è un bosco naturalizzato, ma è semplicemente abbandonato, e prima o poi collassa, perché creato artificialmente dall’uomo.”

Il duplice effetto della siccità: indebolisce le piante e aiuta il bostrico

A questo si aggiungono i fattori climatici. Prima di tutto le prolungate siccità aggravano la situazione di stress idrico delle piante: se prima c’erano primavere e autunni piovosi, con poca acqua ma frequente, adesso la stessa quantità di acqua è concentrata in poche ore, e così aumenta il rischio di alluvioni senza però ripristinare le risorse idriche nel suolo.

Per il bostrico tipografo è una situazione ideale, perché da un lato ottiene quantità illimitate di piante colonizzabili, e dall’altro i suoi ritmi di sviluppo sono accelerati. “Le alte temperature – spiega Faccoli – aumentano la capacità riproduttiva dell’insetto in più fasi: gli inverni sono meno freddi, quindi si riduce la mortalità invernale delle forme svernanti rispetto al passato (quando era anche del 50-60%).

La diffusione del bostrico in Val di Gares, in provincia di Belluno (foto di Sandy Fiabane)

Le primavere poi sono più calde: l’insetto, infatti, inizia a volare con temperature medie di circa diciotto gradi, che in passato sulla fascia alpina di media quota erano raggiunti a metà maggio, mentre ora si muove già da metà aprile. Ne consegue che ha più tempo per completare lo sviluppo della prima generazione e, successivamente, di una seconda. Sotto i 1.200 metri di quota, inoltre, in annate come questa ce ne sarà probabilmente una terza, che quindi triplica il danno atteso.

In condizioni normali l’azione del bostrico tipografo è addirittura positiva, perché elimina dal bosco le piante malate, poco adatte alle condizioni microclimatiche locali. Quando però le condizioni climatiche estreme rendono tutte le piante deboli, lui attacca e uccide tutto.

Anche le tempeste favoriscono il bostrico

C’è poi un secondo effetto del cambiamento climatico devastante da questo punto di vista: le tempeste, che stanno aumentando di intensità e di frequenza. “Finora – prosegue Faccoli – siamo stati fortunati avendo avuto solo Vaia, mentre l’Europa ha sofferto di forti tempeste di origine atlantica, scivolate lungo i Pirenei e schiantatesi sulle Alpi nord-occidentali.

Vaia invece ha avuto origine mediterranea, da qui è scivolata lungo le Alpi centro-occidentali e si è schiantata sulla curvatura orientale. A subirne l’impatto è stato principalmente l’abete rosso, poiché fragile ai venti a causa delle sue radici estremamente superficiali. 

Cessata Vaia, purtroppo, non si è riusciti in tempo a esboscare tutto il materiale a terra, diventato così un enorme allevamento di bostrico. In un paio di anni la popolazione è cresciuta in modo esponenziale e, quando le piante a terra non erano più utilizzabili dall’insetto perché degradate, il bostrico ha cominciato ad attaccare le piante in piedi sopravvissute. È quello che vediamo adesso: enormi distese di boschi completamente devastate dal bostrico, a carico di alberi indeboliti prima da Vaia e ora dalla siccità sia invernale che estiva.”

Le ultime infestazioni rilevanti sono legate a condizioni climatiche sfavorevoli. Ad esempio dopo l’estate 2003, che registrò temperature elevate, e a seguito di schianti da neve, come nell’inverno 2008-09 in Friuli e Trentino, o da vento (©dafnae.unipd, Vaia e il rischio bostrico)

“Le infestazioni di bostrico – afferma ad Agenda17 Cristina Salvadori, responsabile del monitoraggio fitopatologico delle foreste trentine presso la Fondazione Edmund Mach – sono conseguenza naturale di eventi calamitosi che comportano l’abbattimento di grandi quantità di masse legnose. Era quindi inevitabile che dopo Vaia si sviluppassero le pullulazioni, anche se non potevamo prevederne l’entità.

Il cambiamento climatico e le annate di caldo, però, non fanno che tradursi in uno sviluppo più rapido del bostrico. Quest’anno il problema si poneva già in inverno, che è stato più caldo della media e con poche manifestazioni nevose, determinando un’elevata infestazione per tutto il resto dell’annata. Gli alberi stanno soffrendo e neanche le piogge future potranno alleviare il loro stress per il prossimo anno.

Cristina Salvadori, Fondazione Edmund Mach (©researchgate.net)

Su tutto l’arco alpino sud-orientale le popolazioni sono molto elevate e ci aspettiamo un aggravamento della situazione. Un anno così difficile per le piante e, al contempo, facile per il bostrico non farà che allungare l’ondata di infestazione e sarà difficile prevedere sia quanti anni durerà sia, soprattutto, il quadro finale del danno.” (1_Continua)

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Tempeste e siccità indeboliscono le piante, mentre l’insetto prolifica con il caldo

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