Il Mar Mediterraneo, oltre a scaldarsi più velocemente, sta diventando sempre più salato. La sua biodiversità, già da tempo sottoposta a enormi pressioni, sta diminuendo a causa dell’inquinamento e dell’eutrofizzazione, dell’eccessivo sviluppo costiero e del traffico marittimo, senza contare altre attività antropiche.
Nel bacino sono presenti più di mille specie aliene, tipiche dei mari tropicali, la cui sopravvivenza e diffusione è favorita dall’aumento della temperatura media dell’acqua. Al contrario, molte specie native si stanno spostando alla ricerca di acque più fredde, mentre altre ancora si avviano all’estinzione.
Sebbene gli oceani assorbano poco meno di un terzo della CO2 emessa dall’uomo, il riscaldamento delle acque riduce l’efficienza di questo processo, lasciando una percentuale di gas maggiore in atmosfera. Secondo Simona Simoncelli, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il monitoraggio e la comprensione di come cambia la temperatura delle acque oceaniche è importante per limitare gli effetti del cambiamento climatico.
Tra le conseguenze dirette del riscaldamento delle acque degli oceani, infatti, vi è l’aumento del volume e quindi del livello del mare, con forti ripercussioni sugli atolli del Pacifico, le isole come le Maldive e le aree costiere. L’acqua più calda è anche meno ricca di ossigeno e influisce negativamente sulla vivibilità degli oceani.
Tempeste e uragani sempre più frequenti e violenti a causa del riscaldamento degli oceani
L’aumento delle temperature degli oceani non solo provoca gravi impatti sulle loro acque ma influenza anche quanto accade in atmosfera. Uragani e tifoni sono fenomeni che generalmente prendono forma nelle regioni tropicali, appena a Nord e a Sud dell’Equatore. Uno studio pubblicato recentemente su Nature Geoscience spiega che entro la fine di questo secolo nasceranno anche a medie latitudini, in particolare tra i 30° e i 40° di latitudine, proprio a causa del riscaldamento globale.
L’invisibile barriera per i cicloni extratropicali è indebolita dal riscaldamento degli oceani
Non solo modificheranno le loro traiettorie, raggiungendo tratti di costa finora risparmiati, ma diventeranno sempre più intensi. Aumenterà anche la probabilità che tocchino terra e si inoltrino più in profondità prima di perdere potenza. La causa va ricercata nella diminuzione della differenza di temperatura tra poli ed Equatore, provocata dal riscaldamento degli oceani, che indebolisce la corrente a getto che fa da barriera alla formazione dei cicloni extratropicali.
Il caso del ciclone Alpha
I primi segnali sono già stati mostrati nel settembre del 2020 quando la tempesta subtropicale Alpha ha toccato le coste del Portogallo. Sembrava essere una tradizionale tempesta di media latitudine che poi si è trasformata in un vero e proprio ciclone extratropicale atlantico, un fenomeno almeno per ora raro a questa latitudine.
Gli uragani non risparmiano neanche il Mediterraneo
Anche nel bacino del Mediterraneo si possono formare uragani, i cosiddetti medicanes (dall’unione delle parole MEDIterranean hurriCANE). Un esempio è dato dal ciclone Ianos, noto anche come Medicane Ianos, che ha colpito il Mediterraneo orientale nel settembre 2020, in particolare la Grecia.
Nato come un tradizionale ciclone mediterraneo da un’area a bassa pressione caratterizzate da masse di aria fredda sul Golfo di Sidra, a causa delle temperature calde del mare (tra i 27°C e i 28°C) si è trasformato in un vero e proprio ciclone tropicale.
Tempeste tropicali anche nel Mediterraneo a causa del riscaldamento delle acque
Nel bacino del Mediterraneo, le temperature sempre più calde della superficie del mare causate dai cambiamenti climatici possono consentire alle tempeste di assumere aspetti e caratteristiche più tropicali, diventando più intense e aumentando la velocità del vento. Non solo uragani, dunque, ma anche violente precipitazioni come quelle verificatesi quest’anno in Liguria.
Aree marine protette per tutelare il mare
L’ulteriore riscaldamento degli oceani, indice di un cambiamento climatico ormai duraturo, è stato registrato proprio al termine del primo anno del Decennio del mare. Si tratta di un’iniziativa promossa dalle Nazioni unite per invogliare un cambiamento radicale nella gestione degli oceani.
Mantenere i mari in salute: si può con iniziative mirate
Sebbene non esista un modo veloce per porre fine al cambiamento climatico, si possono però promuovere iniziative volte alla riduzione della pressione antropica sui mari. Allo stesso tempo, si può agire incrementando la loro resilienza mantenendoli in salute e ricchi di biodiversità.
In quest’ottica si inserisce l’iniziativa del World Wide Fund for Nature (WWF) riguardante la creazione di una rete di aree marine protette al fine di tutelare lo spazio marino, affinché entro 2030 il 30% del Mar Mediterraneo sia protetto in modo efficace.