La lezione del Covid. “Lockdown Memory” è molto più di una (bella) pièce teatrale sulla pandemia: è l’ “emozione documentata” del terribile contesto politico che abbiamo già rimosso Il Laboratorio per la pace intervista la compagnia teatrale Instabili vaganti

La lezione del Covid. “Lockdown Memory” è molto più di una (bella) pièce teatrale sulla pandemia: è l’ “emozione documentata” del terribile contesto politico che abbiamo già rimosso

Il Laboratorio per la pace intervista la compagnia teatrale Instabili vaganti

Uno spettacolo per raccontare il lockdown e le storie nascoste che quel periodo ha portato con sé: si chiama “Lockdown Memory”, della compagnia teatrale Instabili Vaganti, che lo ha recentemente proposto al Centro teatrale universitario di Ferrara.

È notizia di questi giorni che l’Organizzazione mondiale della sanità non è riuscita – complice anche la posizione del nostro Paese – a varare il nuovo piano pandemico globale, mentre  l’influenza aviaria ha fatto il salto di specie contagiando alcuni agricoltori americani. È dunque quanto mai utile riportare l’attenzione su cosa è successo in quegli anni a noi vicinissimi, anche se vorremmo relegarli a memorie lontane. E non fu solamente una tragica vicenda sanitaria, ma anche il teatro di un durissimo scontro politico e sociale silenziato dall’urgenza del pericolo pandemico. 

A questo ci richiamano i componenti della compagnia, l’artista e performer Anna Dora Dorno e il drammaturgo e performer Nicola Pianzola, spaziando dalla rivolta del Cile all’esodo forzato di massa degli indiani poveri. E se il taglio è “documentaristico”, come gli autori lo definiscono, è anche documento vivido delle sensazioni che visse ognuno di noi e che la messa in scena rinnova.

Li abbiamo intervistati per capire cosa c’è dietro lo spettacolo

Nicola Pianzola ci ha offerto la visione di una persona che non solo ha vissuto come tutti noi esperienze ed emozioni legate al lockdown, ma che continua a portarle dentro di sé ogni giorno e, nel momento in cui si trova sul palco, cerca di donarle nuovamente.

Qual è il messaggio principale che sperate il pubblico porti con sé dopo aver visto Lockdown Memory?

Lockdown Memory è uno spettacolo che, come suggerisce il titolo, ci riconnette con le nostre memorie personali legate a un periodo particolare sia a livello di storia individuale che di storia globale, ovvero il lockdown.

Tuttavia, non è uno spettacolo che parla del lockdown in sé, ma di tutto ciò che in quel periodo storico è accaduto nel Mondo e che è stato raccontato dagli artisti che fanno parte del nostro progetto Beyond Borders

Lo scambio di sensazioni e racconti avveniva tramite chiamate via web ogni venerdì pomeriggio, non potendo lavorare in presenza, e i racconti parlano di storie avvenute in determinati Paesi e che sono state messe a tacere da un’informazione di massa che andava a concentrarsi su un’unica cosa: la pandemia.

(©instabilivaganti.com)

Lo spettacolo va quindi a toccare una vasta gamma di sentimenti, emozioni e sensazioni trattando vari temi: da quello del razzismo, caratterizzato principalmente dall’onda del movimento “Black Lives Matter” raccontato dagli artisti degli Stati Uniti, al tema della povertà e della differenza tra le classi sociali che invece caratterizzava l’India; dai grandi esodi di massa dalle città delle persone povere, che non avevano più lavoro e camminavano verso i loro villaggi nativi affrontando a piedi tragitti molto lunghi e con il rischio di morte, alla situazione piena di dolore che colpiva le persone che risiedevano a Wuhan narrata da artiste di origini cinesi. 

Senza tralasciare tutte le rivoluzioni represse, taciute, come quella che noi abbiamo vissuto personalmente in Cile, più precisamente a Santiago, durante l’Estallido Social,  le proteste del 2019-2020 contro il carovita e la corruzione nel periodo in cui eravamo lì in tournée, poco prima di ritornare in Italia e di ritrovarci nella zona rossa, la quale ci ha permesso di fermarci un attimo, riflettere e connetterci appunto con gli artisti da ogni parte del Mondo.

(©instabilivaganti.com)

Quindi Lockdown Memory è un detonatore di sensazioni, sentimenti diversi che ricollega ogni spettatore a una parte del proprio vissuto. Di conseguenza speriamo che lo spettatore si connetta con una tematica che lo tocca personalmente ed emotivamente, che magari ha vissuto o con situazioni che ha scoperto in quel periodo.”

Come ha preparato il vostro ruolo considerando la complessità dei temi trattati?

“Alcune sono esperienze che ho vissuto, come appunto la Estallido Social in Cile, altre mi sono state raccontate dai colleghi artisti che fanno parte di questo progetto. Per cui ho cercato di incorporarle, a volte attraverso la sensazione, a volte attraverso un lavoro sul ritmo, come quello dei passi indiani, a volte trasformando il mio corpo in icona, quasi in immagini, come quelle delle proteste in Cile. 

Ci siamo preparati, per una volta, a essere noi stessi, cioè a entrare in scena nel ruolo dei fondatori della compagnia Instabili Vaganti e raccontare com’è nato questo progetto. Dichiarando inoltre che, quello che presentiamo, non è uno spettacolo, e nemmeno una conferenza, ma semplicemente un momento di condivisione con il pubblico di quello che abbiamo condiviso con gli artisti internazionali.”

Quali elementi della vostra vita quotidiana durante il lockdown sono stati più utili per dare vita al suo personaggio?

“Sicuramente quello di ritrovarmi parecchie ore a una postazione cercando, come unico spiraglio sul mondo esterno, uno schermo che mi connetteva con i colleghi artisti che hanno lavorato con noi.

Io che sono una persona fisica molto attiva ho cambiato, in quel momento, il mio modo di pensare, ragionare e riflettere. È stato un momento fondamentale per attivare una nuova ricerca che poi ha trovato e sta trovando dei risvolti pratici attraverso le tappe in presenza del progetto internazionale Beyond Borders, sia in Italia sia all’estero, ma che necessitava per un momento di una riflessione teorica: ritrovare il tempo e lo spazio temporale per il pensiero.”

Con quale aggettivo descriverebbe lo spettacolo Lockdown Memory?

“È uno spettacolo rivoluzionario, provocatorio ma anche sincero ed umano.”

Anna Dora Dorno, che si occupa della regia e della messa in scena, ci ha raccontato gli aspetti che hanno mosso, in lei e negli altri artisti, il forte desiderio di voler far emergere ed esprimere tutto ciò che stava accadendo attorno a noi e ci ha narrato come questa forte esigenza è riuscita a superare dei confini, che sembravano fino ad allora invalicabili, e trovare una nuova via per venire alla luce, rappresentando così il mondo esterno ma soprattutto quello interno a ciascuno di noi.

Cosa volete trasmettere attraverso Lockdown Memory?

“Il messaggio principale che speriamo il pubblico porti con sé è sicuramente quello che è possibile continuare a superare i confini e i limiti, ma anche le barriere e le divisioni sociali e culturali attraverso l’arte. L’arte infatti può creare dei ponti che possono essere attraversati e che possono servire da passaggio verso una dimensione diversa che, anche se è un po’ utopica, dà comunque una prospettiva verso il futuro. 

(©instabilivaganti.com)

Questo spettacolo è nato durante il lockdown e, nonostante fossimo tutti chiusi in casa, la collaborazione con artisti internazionali da ogni parte del Mondo è stata possibile: attraverso il video ognuno lavorava nel suo Paese. In seguito riuscivamo a unire questi materiali e a comunicare dei messaggi più forti.”

Come avete bilanciato la narrazione delle situazioni sociali globali con le storie personali degli attori coinvolti?

“Il bilanciamento tra questi due fattori  è stato molto determinato dalle circostanze, perché noi siamo partiti con l’idea che questo progetto non doveva raccontare quello che accadeva intorno a noi, ma doveva raccontare qualcosa di più intimo, come le memorie personali di ognuno. 

Infatti, la maggior parte degli artisti che hanno preso parte a questa iniziativa hanno fatto parte di un nostro progetto precedente che si chiama Stracci della memoria dove lavoravamo attorno al concetto della memoria personale, individuale, antropologica e sociale.

Però, a un certo punto ci siamo resi conto che quello che accadeva attorno a noi era più importante, più forte e sicuramente determinava anche quello che accadeva dentro di noi. 

Ognuno si è fatto portavoce delle istanze che nascevano in quel momento nei diversi Paesi, come negli Stati Uniti per il Black lives Matter. 

Invece l’artista indiana si è fatta portavoce, attraverso la danza, di una particolare situazione che accadeva lì, cioè che moltissimi lavoratori tornavano a piedi dai propri Paesi e città percorrendo chilometri e chilometri e dove alcuni morivano durante questo percorso. 

Ognuno interpretava qualcosa che lo aveva colpito della situazione che si era creata nel proprio Paese e che stava chiaramente vivendo e trasponendo sulla scena.”

Qual è stata la vostra esperienza nel dirigere una performance che riflette così chiaramente gli eventi e le tensioni globali del periodo del lockdown?

La mia esperienza è stata molto personale: partiva da quello che noi abbiamo vissuto in Cile, ovvero la rivoluzione dell’Estallido Social. Questa performance nasce dal sentimento di voler fare e dire qualcosa nonostante tutto quello che accadeva attorno a noi: ci siamo chiesti come poter fare, come poter andare avanti, come continuare a creare e come creare interagendo con diversi artisti da diverse parti del Mondo. 

La risposta alla nostra domanda è stata la creazione in maniera mista, quindi in parte in video e in parte dal vivo, della situazione che stavamo vivendo e poi raccontarla.

Da una situazione di rivoluzione in Cile siamo tornati in Italia con questa voglia di dire e di esprimere, ma quando siamo arrivati abbiamo trovato la zona rossa. Perciò venivamo da un lockdown per motivi politici e ci siamo ritrovati in un lockdown per motivi di salute. 

Tutta questa esperienza ci ha portato a voler fare qualcosa, perciò abbiamo dato inizio a uno spettacolo nato in casa, lavorando al montaggio dei video e al testo. Solo quando si sono riaperte le porte siamo riusciti a farlo dal vivo.”

Chiediamo anche a lei con quale aggettivo descriverebbe lo spettacolo Lockdown Memory?

“Documentaristico.”

One thought on “La lezione del Covid. “Lockdown Memory” è molto più di una (bella) pièce teatrale sulla pandemia: è l’ “emozione documentata” del terribile contesto politico che abbiamo già rimosso

Il Laboratorio per la pace intervista la compagnia teatrale Instabili vaganti

  1. Cosa abbiamo imparato dal COVID 19? sembra proprio nulla se l’Italia non ha approvato il piano pandemico globale proposta dall’OMS perchè ci sono aspetti critici che sarebbero collegati in qualche modo ad una possibile “diminutio” della sovranità nazionale e quindi della possibilità di intervenire autonomamente sulla salute da parte del nostro governo e ministero della salute. Ci sarebbe da ridere se fosse vero, ma lo è come pare, anche perchè ancora non è stato approvato il piano pandemico nazionale; come se fosse necessario difendersi da una pandemia ognuno con il proprio piano.
    Eppure la tanto vituperata Europa, da cambiare o ridurre nelle sue funzioni, come dicono alcune forze politiche, ci si dimentica che ci ha salvato con la sospensione del patto di stabilità del 20 marzo 2020, il quale ha permesso di iniettare somme ingenti di denaro nel sistema economico bloccato dalla pandemia (ristori e investimenti) e l’acquisto di 100 miliardi di titoli di stato dalla BCE nel corso del solo 2020. Senza questi soldi il default sarebbe stato vicinissimo, a meno che qualcuno non pensi che il COVID 19 era tutta una invenzione..
    E non parliamo poi della politica della UE che, anche se con tentennamenti, ha permesso l’acquisto di vaccini anti-COVID in maniera congiunta, evitando che ogni paese UE andasse per conto suo, ma forse qualcuno pensa ancora che i vaccini fossero inutili o anzi dannosi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *