Quando inizia l’Antropocene? forse con le plastiche. Ci fa paura, così lo neghiamo, avverte Telmo Pievani

È un iperoggetto, pensabile solamente intrecciando geologia e cultura, e servono narrative diverse

Buttato lì quasi per scherzo dal geochimico Paul Crutzen al convegno del Programma Internazionale Geosfera-Biosfera del 2000, il termine Antropocene in poco tempo ha preso a vivere di vita propria. Sfuggendo dalle mani della ristretta comunità scientifica per piombare in mille altri ambiti, dagli studi umanistici e sociali al mondo della letteratura e fino alle varie forme d’arte.

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Api in pericolo

Giornata mondiale

L’immagine scattata dalla fotografa americana Karine Aigner in un ranch del Texas ritrae un gruppo di maschi di ape del cactus (Diadasia rinconis). È maggio e i maschi sono emersi da poco dal nido e sono in piena attività, pronti per riprodursi.

Il 35% della produzione agricola globale si deve alle api e agli altri impollinatori, riporta la Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO). Ben 87 delle 115 principali colture a livello mondiale non potrebbero riprodursi senza di loro.

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Alluvione all’infrarosso

L’evento estremo è avvenuto nel marzo 2021 ed è stato il più grave degli ultimi 30 anni. Per sei giorni, le strade e i ponti che attraversano il fiume sono rimasti sott’acqua, i traghetti sono rimasti bloccati per 9 giorni, i soccorsi di emergenza sono stati più di mille e 18mila persone sono state evacuate dall’area alluvionata.

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COP15 Crisi della biodiversità: sempre più specie a rischio di estinzione

Allarme alla Conferenza di Montreal: servono interventi urgenti

La varietà di specie che popolano il nostro Pianeta si assottiglia di giorno in giorno, mentre la lista di quelle che rischiano di scomparire continua ad allungarsi. Ne fa parte anche l’orango di Sumatra (Pongo abelii), dichiarato a rischio critico di estinzione dall’Unione mondiale per la conservazione della natura (International Union for Conservation of Nature, IUCN).

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Eventi estremi: alluvioni e desertificazione insieme

Paolo Ciavola di Unife: la crisi ambientale è complessa ma ha cause chiare, però si può intervenire anche con la partecipazione dei cittadini

Gli eventi meteorologici estremi associati a gravi inondazioni, dai forti nubifragi delle nostre latitudini alle violente tempeste tropicali, sono sempre più diffusi e frequenti. Limitiamoci a scorrere il calendario degli ultimi due mesi: a metà settembre, nelle Marche, le piogge torrenziali più intense degli ultimi dieci anni hanno portato all’inondazione di vaste porzioni di territorio, con tragiche conseguenze. Negli stessi giorni, il maltempo e le alluvioni colpivano anche la Spagna e il Portogallo.

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Anno record di incendi in Europa (2)

Il Carso a fuoco questa estate: un grande laboratorio delle cause ambientali e dei possibili interventi di gestione partecipata, secondo Giorgio Alberti, Università di Udine

Da metà luglio a inizio agosto, una serie incessante di focolai incendiari si è avvicendata nei boschi del Carso al confine tra Italia (Province di Gorizia e Trieste) e Slovenia. Le fiamme si sono propagate con un’intensità mai vista prima mettendo a repentaglio, sul fronte italiano, l’intera area compresa tra Gorizia, Monfalcone e Trieste: vie di collegamento chiuse per diversi giorni, alcuni centri abitati evacuati, interruzioni della linea elettrica, chiusura temporanea di stabilimenti industriali e attività commerciali, picchi di polveri sottili tanto elevati da richiedere l’uso delle mascherine ffp2.

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Anno record di incendi in Europa (1)

Numero e vastità degli incendi aumentano ogni anno. Colpa del clima, secondo Giovanni Bacaro dell'Università di Trieste. Ma possiamo invertire la tendenza

Un’estate più rovente che mai, quella che si è appena conclusa. Oltre alla protratta siccità e alle temperature mai così alte – basti pensare ai famosi 40 gradi di Londra – quest’anno è stato da record anche per il numero e l’estensione degli incendi divampati in tutta Europa.

Secondo i dati del Sistema informativo europeo degli incendi forestali (European Forest Fire Information System, EFFIS), finora sono andati in fumo 770.658 ettari di boschi e foreste – un’estensione pari a tre volte il Lussemburgo – nel corso di 2570 episodi che hanno interessato svariate porzioni del nostro continente, anche in regioni che di solito non sono colpite in modo significativo da questo tipo di eventi.

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Secondo l’Onu-Ipbes sovrasfruttiamo molte specie selvatiche. Sono più di 50mila quelle che usiamo

Monitoraggi, regolamenti e coinvolgimento delle comunità locali e indigene tra le soluzioni. Castaldelli di Unife: l’anguilla protetta con il progetto Lifeel

Sono circa 50mila le specie di animali, piante, alghe e funghi che l’uomo non coltiva né alleva, ma preleva direttamente in natura per alimentarsi, curarsi, produrre energia e molto altro. Questo patrimonio di biodiversità è intaccato in modo sempre più pesante dall’azione umana e molte specie sono sull’orlo dell’estinzione. La situazione è critica non solo per gli organismi selvatici, ma anche per i miliardi di persone che da loro dipendono per sopravvivere.

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Giornata del Mediterraneo. Biodiversità in pericolo e inquinamento, ma anche soluzioni

Il quadro della situazione e il trapianto di praterie marine con Mistri di Unife

“Il Mediterraneo sta fronteggiando una triplice crisi planetaria da inquinamento, cambiamento climatico e perdita di biodiversità” afferma Tatjana Hema, coordinatrice del Piano d’azione per il Mediterraneo del Programma delle Nazioni unite per l’ambiente (Unep/Map), all’apertura della giornata dedicata al futuro del Mare Nostrum, all’interno della Conferenza Onu sugli oceani che si è chiusa a Lisbona lo scorso 1° luglio. L’allarme è arrivato a pochi giorni dalla Giornata internazionale del Mar Mediterraneo, che si celebra ogni anno l’8 luglio.

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Tutelare metà del Pianeta entro il 2030 per conservare la biodiversità

Non basta proteggere alcune aree e specie viventi

La perdita di biodiversità su scala globale è una delle più gravi emergenze ambientali del nostro tempo. Per fronteggiare questa crisi non basta focalizzarsi sulle specie minacciate e a rischio di estinzione, bisogna agire anche sul territorio. E in modo piuttosto drastico: almeno il 44% delle terre emerse – ben 64,7 milioni di chilometri quadrati – va tutelato in varia misura per conservare la biodiversità terrestre. Lo afferma un recente studio condotto da un team di ricercatori europei, statunitensi e australiani e pubblicato sulla rivista Science.

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L’Amazzonia che scompare in 120mila foto

Nella Giornata mondiale della biodiversità, il progetto Amazonia Camtrap documenta i vertebrati minacciati da deforestazione e cambiamento climatico

Un archivio di oltre 120mila fotografie di mammiferi, uccelli e rettili. È il progetto Amazonia Camtrap, che ha coinvolto un team di 122 istituti di ricerca e ha portato alla più vasta banca dati mai creata sulla fauna amazzonica.
Le immagini da fototrappola sono state raccolte nell’arco di un ventennio (2001-2020) in 143 siti distribuiti in otto diversi Paesi del Sudamerica.

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