Anno record di incendi in Europa (1) Numero e vastità degli incendi aumentano ogni anno. Colpa del clima, secondo Giovanni Bacaro dell'Università di Trieste. Ma possiamo invertire la tendenza

Anno record di incendi in Europa (1)

Numero e vastità degli incendi aumentano ogni anno. Colpa del clima, secondo Giovanni Bacaro dell'Università di Trieste. Ma possiamo invertire la tendenza

Un’estate più rovente che mai, quella che si è appena conclusa. Oltre alla protratta siccità e alle temperature mai così alte – basti pensare ai famosi 40 gradi di Londra – quest’anno è stato da record anche per il numero e l’estensione degli incendi divampati in tutta Europa.

Secondo i dati del Sistema informativo europeo degli incendi forestali (European Forest Fire Information System, EFFIS), finora sono andati in fumo 770.658 ettari di boschi e foreste – un’estensione pari a tre volte il Lussemburgo – nel corso di 2570 episodi che hanno interessato svariate porzioni del nostro continente, anche in regioni che di solito non sono colpite in modo significativo da questo tipo di eventi.

La drastica impennata dei fuochi europei

Portogallo e Spagna, Romania e Croazia sono state le più devastate dai roghi, ma anche gli altri Paesi europei hanno subìto un incremento più o meno netto della superficie bruciata rispetto alla media degli ultimi quindici anni. Unica eccezione la Grecia, per il semplice motivo che nella culla del Mediterraneo, come in alcune altre aree, il trend si era manifestato in anticipo: nel 2021 in Grecia bruciarono ben 130mila ettari di territorio.

Per farci un’idea d’insieme della gravità della situazione, diamo un’occhiata al diagramma qui sotto, con il territorio totale bruciato nel 2022 e nei quindici anni precedenti in Europa. La curva rossa mostra gli ettari andati in fumo quest’anno: salta all’occhio una prima impennata a inizio primavera e una seconda crescita, vertiginosa e costante, cominciata in giugno e proseguita per tutto luglio e agosto, con una flessione a settembre. Questo significa che, nei mesi estivi, migliaia e migliaia di ettari di boschi e foreste hanno continuato a bruciare nelle diverse parti d’Europa, con effetti devastanti per il territorio e il patrimonio naturale.

Un anno da record, appunto, come evidenzia anche il confronto con la superficie bruciata ogni anno, in media, nel periodo 2006-2021 (curva blu): all’incirca un terzo di quella andata in fumo quest’anno.

Ettari complessivi di superficie bruciata in Europa nel 2022 (curva rossa) e nel periodo 2006-2021 (curva blu: valore medio; area grigia: valori minimi e massimi) (©EFFIS)

Il discorso non cambia se guardiamo al numero degli incendi, nel diagramma qui sotto. La curva rossa corrisponde sempre al nostro anno rovente: in marzo, nel giro di pochi giorni, gli incendi in giro per l’Europa sono balzati da 700 a 1500 e poi, a partire da giugno, sono aumentati costantemente fino a raggiungere l’attuale cifra record di 2570 episodi.

Numero complessivo di incendi in Europa nel 2022 (curva rossa) e nel periodo 2006-2021 (curva blu: valore medio; area grigia: valori minimi e massimi) (©EFFIS)

Non è sempre stato così: l’andamento medio nel periodo 2006-2021 prevedeva un lento aumento dei roghi nel corso dell’anno, per arrivare a un totale di 700-800 incendi annuali sparsi per il continente (curva blu). E mai prima d’ora, nemmeno negli anni più “infuocati” di questi ultimi tre lustri, si è arrivati a superare i 2mila episodi (area grigia).

La Terra brucia sempre di più: perché?

Quello che viene naturale chiedersi, quando scoppia un incendio, è cosa possa averlo innescato. Quest’anno più che mai, con le notizie di nuovi roghi che giungevano incessantemente da ogni angolo d’Italia e d’Europa, a tutti noi sarà capitato di cercare una risposta rovistando tra le solite mille ipotesi: i falò, i mozziconi di sigaretta, i piromani, l’attrito e via dicendo. Tutti questi fattori, è innegabile, possono far scoccare la fatidica scintilla, ma non giustificano certo l’iperbolico incremento nell’entità dei roghi che diventa più drammatico di anno in anno.

“Alla radice degli incendi sempre più frequenti e devastanti – spiega ad Agenda17 Giovanni Bacaro, docente di Botanica ambientale e applicata presso il Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Trieste – c’è una situazione estremamente problematica sul fronte del clima. Il periodo di anomalie climatiche che stiamo vivendo è cominciato più di vent’anni fa, ma negli ultimi anni le condizioni si stanno esacerbando ovunque: in Italia, in Europa e nel resto del mondo.”

Giovanni Bacaro, docente di Botanica ambientale e applicata presso il Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Trieste e coordinatore del corso di laurea magistrale in Ecologia dei cambiamenti globali (©Giovanni Bacaro)

“Quest’anno, in particolare, è da record – continua il docente – per le temperature altissime e l’assenza di precipitazioni, due fattori cruciali per il propagarsi degli incendi. L’impatto antropico, quindi, agisce su due fronti: nell’immediato con l’innesco del rogo, magari per un mozzicone, una frenata del treno o più spesso per atti di piromani o persone sconsiderate, e su vasta scala con il cambiamento climatico, che porta a un aumento degli eventi estremi, tra cui gli incendi a cui abbiamo assistito quest’anno.”

Attrezzarsi per far fronte al clima che cambia

I boschi e le foreste sono gli ambienti più colpiti dagli incendi e, in condizioni climatiche avverse, diventano più vulnerabili a questo tipo di eventi e ne aumentano in modo significativo l’intensità.

“Le piante che vivono in condizioni di stress idrico – evidenzia Bacaro – perdono vitalità e alcuni rami si disseccano del tutto e muoiono. Oltre a essere più infiammabili perché più secche, quindi, tendono a morire più facilmente e così nel bosco si accumula biomassa vegetale particolarmente disidratata e ancora più infiammabile.”

Si innesca così una sorta di circolo vizioso in cui i roghi, favoriti dalle condizioni climatiche e dallo stato della vegetazione, divampano in modo sempre più intenso ed esteso e diventano sempre più difficili da spegnere.

“Alcune specie arboree, come le conifere – aggiunge il docente – producono inoltre resine molto infiammabili, favorendo ulteriormente il propagarsi di incendi di intensità elevatissima. Un esempio lampante è quello del Carso, dove abbonda il pino nero introdotto nell’Ottocento a fini di rimboschimento.”

Esemplare di pino nero in un  bosco carsico bruciato durante gli incendi dello scorso luglio a Doberdò del Lago, Gorizia (foto di Mara Marchesan)

“Queste condizioni di stress – conclude Bacaro – perdurano da anni a causa del cambiamento climatico e degli associati eventi estremi, in particolare le elevatissime temperature di alcune estati a partire dal 2003 e le scarsissime precipitazioni. Si crea così una situazione sfavorevole alla sopravvivenza di alcune specie, che potrebbero essere sostituite da altre maggiormente adattate alla nuova condizione climatica che si sta instaurando.”

Se le previsioni sul fronte della crisi climatica non sono rosee, qualcosa allora si può fare per cercare di prevenire e controllare gli incendi, agendo oltre che sul clima anche sulla vegetazione. Ed è proprio da una delle aree più colpite quest’anno, il Carso al confine tra Italia e Slovenia, che emergono possibili interventi e soluzioni per una gestione attiva del patrimonio forestale, capace di rendere boschi e foreste più resistenti e resilienti alle fiamme e al clima che cambia. (1.Continua)

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