Giornata del Mediterraneo. Biodiversità in pericolo e inquinamento, ma anche soluzioni Il quadro della situazione e il trapianto di praterie marine con Mistri di Unife

Giornata del Mediterraneo. Biodiversità in pericolo e inquinamento, ma anche soluzioni

Il quadro della situazione e il trapianto di praterie marine con Mistri di Unife

“Il Mediterraneo sta fronteggiando una triplice crisi planetaria da inquinamento, cambiamento climatico e perdita di biodiversità” afferma Tatjana Hema, coordinatrice del Piano d’azione per il Mediterraneo del Programma delle Nazioni unite per l’ambiente (Unep/Map), all’apertura della giornata dedicata al futuro del Mare Nostrum, all’interno della Conferenza Onu sugli oceani che si è chiusa a Lisbona lo scorso 1° luglio. L’allarme è arrivato a pochi giorni dalla Giornata internazionale del Mar Mediterraneo, che si celebra ogni anno l’8 luglio.

Hema ha ricordato l’impegno dei Paesi del Mediterraneo sottoscritto lo scorso dicembre ad Antalya, in Turchia, che ha tracciato il percorso di Unep/Map fino al 2027. Il documento, sottoscritto da ventuno Stati più l’Unione europea, ruota attorno a quattro elementi costitutivi: una transizione verso un Mediterraneo resiliente rispetto ai cambiamenti climatici, efficiente sotto il profilo delle risorse e sostenibile; lasciare alle generazioni future un’eredità priva di inquinamento e di rifiuti; proteggere e ripristinare la biodiversità e gli ecosistemi; aumentare l’ambizione di risultati comuni.

Migliaia  di specie aliene e scomparsa di piante

“I problemi di cui soffre il Mediterraneo sono molteplici, si va dall’inquinamento, dovuto all’attività antropica costiera e al traffico marittimo, all’invasione di specie aliene, un enorme fattore di rischio per la biodiversità – spiega Michele Mistri, docente di Ecologia del Dipartimento di scienze chimiche, farmaceutiche e agrarie dell’Università di Ferrara -. Si pensi ai recenti casi del granchio blu o della noce di mare, specie aliene che quando riescono a insediarsi e a diffondersi diventano invasive, provocando danni alla biodiversità, al funzionamento degli ecosistemi, ed alle attività socio-economiche costiere.” 

Michele Mistri, docente di Ecologia presso l’Università di Ferrara (© Unife) 

Per l’Ispra sono oltre 240 le specie aliene identificate nelle acque marine italiane, di cui il 68% è ormai stabile lungo le nostre coste. In tutto il Mediterraneo, sono state identificate oltre mille specie aliene, di cui 618 si sono ormai stabilite. Sempre secondo l’Unep, il Mediterraneo ospita più di 17mila specie marine, che rappresentano tra il 4 e il 18% della biodiversità marina mondiale. Tra il 20 e il 30% di queste specie è endemico, ossia caratteristico di questo mare.

“La fauna e la flora del Mar Mediterraneo stanno cambiando – dichiara Mistri – e vi è l’urgenza di aumentare le conoscenze sulla sua biodiversità.  Il mio gruppo di ricerca da tempo studia sia il ruolo di alcune specie aliene nell’ecosistema e sulla biodiversità, sia il contenuto di microplastiche in vari ambienti del Mar Mediterraneo e veicolate dal Po; ci occupiamo anche di rinaturalizzazione di siti marini, in particolare nell’ambito del progetto Life Transfer.”

Le praterie di fanerogame marine sono tra gli habitat a rischio nel Mediterraneo
 (© https://www.lifetransfer.eu/project/)

In questo panorama complesso, a correre un rischio particolare sono le praterie di fanerogame acquatiche, vere e proprie piante che vivono sott’acqua e creano habitat ricchi di biodiversità. Il progetto europeo Life Transfer, coordinato dall’Università di Ferrara, in partenariato con enti spagnoli e greci, Università Ca’ Foscari di Venezia e Parco del Delta del Po, intende proprio avviare la ricolonizzazione delle fanerogame acquatiche in alcune lagune costiere del Mediterraneo, dove un tempo erano abbondanti. 

“Le lagune costiere, come quella del Delta del Po – specifica Mistri – hanno peggiorato il proprio stato di salute a partire dagli anni Sessanta a causa dell’eccessiva immissione di nutrienti nelle acque. Con la conseguente esplosione di fitoplancton e macroalghe sono scomparse le fanerogame acquatiche, importanti fornitori di servizi ecosistemici.”

Anche i cambiamenti climatici influiscono sulla salute del Mare Nostrum

Previsione della temperatura superficiale del mare per il 25 giugno 2022. L’anomalia è la differenza tra le temperature previste e quelle medie: il rosso indica una temperatura più calda del normale. (© CMCC – Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici)

“Oltre ai problemi sopra citati – aggiunge il docente –  ci sono gli effetti del climate change di tipo chimico-fisico, come l’aumento della temperatura delle acque, che potrebbe favorire le zoonosi, l’acidificazione acquifera (con la crescita del valore del pH causato dall’assunzione di anidride carbonica di origine antropica dall’atmosfera, che influisce sullo scioglimento di gusci o scheletri calcarei di organismi marini), l’innalzamento del livello del mare, e di tipo biologico, quali la tropicalizzazione (arrivo e insediamento di specie tropicali) e la meridionalizzazione (specie meridionali ad affinità subtropicale che allargano il proprio areale verso Nord,  in zone dove in precedenza erano molto rare).”

Traffico marittimo e inquinamento sono in crescita

Con oltre 500 milioni di abitanti e un traffico marittimo in continuo aumento, trovare soluzioni per contrastare l’inquinamento marino è prioritario. Per diminuire l’impatto delle attività antropiche è in discussione la proposta di designazione del Mediterraneo come area Sulphur Emission Control Area (SECA), al fine di ridurre le emissioni di zolfo derivante dal traffico navale: impegno ribadito dal ministro della Transizione ecologica all’ultima Conferenza Onu sugli oceani di Lisbona.  

Inquinamento da plastica nella costa mediterranea (© pixabay)

Un’altra criticità è quella della plastica, che rappresenta il 77% dei rifiuti marini in Italia, secondo l’Ispra. Sulle spiagge, con una media di 400 rifiuti ogni 100 metri, la situazione non è migliore. Nel Mediterraneo più del 63% delle tartarughe marine ha ingerito plastica. 

“Secondo una recente analisi ogni anno finiscono nel Mediterraneo 229mila tonnellate di plastica: è come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto”, evidenzia il World Wildlife Fund (WWF) nell’ultimo rapporto sull’inquinamento da plastica negli oceani. “Recentemente – aggiunge Mistri – abbiamo concluso una ricerca tesa alla valutazione delle microplastiche veicolate al mare tramite il fiume Po, e abbiamo valutato tale concentrazione in circa 145 tonnellate di microplastiche all’anno.”

Ripristinare le praterie marine con trapianti manuali 

“Il primo passo per agire è comprendere le problematiche che affliggono il Mare Nostrum e gli oceani – conclude Mistri – e il progetto Life Transfer sta lavorando in questa direzione. L’obiettivo principale è la conservazione della biodiversità delle lagune oggetto degli interventi, ripristinando struttura e funzione naturale di questi ambienti. 
Il trapianto a mano delle fanerogame dovrebbe portare allo sviluppo di piccole praterie dopo tre o quattro anni. I risultati attesi sono: oltre l’80% delle zolle trapiantate con successo; dopo quattro-cinque anni l’80% dei siti coperti da praterie continue di fanerogame e radicazioni naturali multiple; dopo cinque-dieci anni sviluppo e ampliamento delle praterie del 25% in ciascuna area; miglioramento dello stato di conservazione dell’habitat, della biodiversità e della qualità ecologica dei corpi idrici.”

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