Causa climatica “Giudizio Universale”: i tribunali italiani non possono decidere sulle politiche per il clima La sentenza conferma la debolezza del diritto in questo campo, ma l’azione legale va avanti

Causa climatica “Giudizio Universale”: i tribunali italiani non possono decidere sulle politiche per il clima

La sentenza conferma la debolezza del diritto in questo campo, ma l’azione legale va avanti

“Si tratta di un’occasione persa per le istanze sociali e ambientali nel nostro Paese. Secondo il tribunale nessun giudice italiano può tutelare i diritti fondamentali minacciati dall’inefficienza delle politiche climatiche dello Stato, come avvenuto in molti Paesi europei. È una scelta di retroguardia. Non possiamo negare di essere delusi dall’esito del processo ed è certo che impugneremo la decisione.” Commenta così Marica di Pierri, coordinatrice della campagna Giudizio universale, la prima sentenza dell’azione legale intrapresa due anni fa contro lo Stato italiano per inadempienza climatica.

Il tribunale di Roma ha infatti “deciso di non decidere” affermano i promotori, poiché ha riconosciuto che in Italia non esistono tribunali in grado di decidere in merito.

(©giudiziouniversale.eu)

La rete Legalità per il clima, però, ribadisce l’esistenza di presupposti per impugnare la sentenza, perché da un lato si pone in contrasto con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Ue) e la Convenzione europea per i diritti dell’uomo (Cedu), mentre dall’altro appare contraddittoria riconoscendo comunque l’urgenza dell’emergenza climatica. 

Luca Mercalli, che aveva già sottolineato la lentezza nel processo decisionale sul fronte climatico a causa del poco consenso elettorale che porta ai decisori politici, ribadisce come si tratti di un’occasione persa perché la causa climatica non aspetta, come dimostrano i gravi effetti già visibili proprio nel Mediterraneo. 

Giustizia climatica: in ogni Paese i casi sono diversi

Marco Magri, docente presso l’Università di Ferrara, aveva tuttavia mostrato le difficoltà di questa azione legale. Il giurista sottolineava infatti come eventuali comparazioni con analoghe iniziative presso altri Paesi vadano cercate solo a livello ideologico, non giuridico, poiché ogni causa è a se stante e si lega ai principi costituzionali e alle norme vigenti nei singoli Paesi. 

Ad esempio, nel caso della Germania l’Alta corte federale impose al Governo la revisione dei parametri per contenere il cambiamento climatico, con una sentenza compatibile con i principi della nostra costituzione, intervenendo però non sulle percentuali di riduzione delle emissioni, ma sulle tempistiche per la verifica degli obiettivi.

E la sentenza da poco emessa sembra confermare tali osservazioni: secondo il tribunale, infatti, i giudici italiani non possono tutelare i diritti fondamentali minacciati dalle politiche climatiche dello Stato, come avvenuto in altri Stati. D’altra parte, abbiamo già visto come quello di giustizia climatica sia un concetto che ha più di un significato e come uno dei problemi di fondo a livello giuridico sia la debolezza del diritto climatico.

In ogni caso la battaglia continuerà. “Siamo forti del fatto di aver contribuito a mettere in moto un movimento globale di persone che si rivolgono alla giustizia per proteggere il loro diritto a un clima stabile. Continueremo a batterci per vedere le nostre istanze accolte e il diritto al clima riconosciuto” conclude Di Pierri. 

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