Dalle casermette del Moncenisio a Ostana: il turismo alternativo passa per le comunità locali, secondo l’architetto Franz di Unife L'architetto Antonio De Rossi: “la rigenerazione deve essere sociale e culturale oltre che turistica"

Dalle casermette del Moncenisio a Ostana: il turismo alternativo passa per le comunità locali, secondo l’architetto Franz di Unife

L'architetto Antonio De Rossi: “la rigenerazione deve essere sociale e culturale oltre che turistica"

“Il turismo lento in tutte le sue forme rappresenta una grande opportunità, non solo per la montagna ma anche per le aree marginali ancora naturalisticamente interessanti. Ne sono un esempio alcuni fiumi italiani, come il Po, il Tagliamento o il Ticino, o una galassia di borghi storici che da questa nicchia di turismo naturalistico, culturale e del benessere possono trarre grande vantaggio in termini di sviluppo locale” afferma ad Agenda17 Gianfranco Franz, docente di Progettazione culturale per turismi sostenibili presso l’Università di Ferrara.

Secondo il docente, la transizione da un turismo di massa verso uno a minore impatto ambientale è oggi imposta dal cambiamento climatico e dai cambiamenti geopolitici in corso: scarseggiano la neve e l’acqua per produrla artificialmente, mentre l’energia necessaria all’innevamento costa sempre di più. “Credo che alcune comunità – prosegue – saranno in grado di interpretare le sfide per il futuro, mentre altre rimarranno sulle posizioni acquisite nel tempo. Vedremo nei prossimi anni chi avrà ragione.”

Dal Moncenisio a Ostana: rigenerazione non solo turistica, ma soprattutto sociale 

Recentemente è stato inaugurato a Moncenisio, in Piemonte, un primo gruppo di edifici coinvolti nella trasformazione delle ex casermette della Guardia di Finanza in luogo di promozione culturale e residenza per artisti. L’iniziativa rientra in un più ampio progetto di rigenerazione sociale, turistica e culturale dei territori di montagna e di rilancio delle economie locali coordinato dal Politecnico di Torino.

Edifici riqualificati
Gli edifici riqualificati (©polito.it)

“In questo momento – spiega ad Agenda17 Antonio De Rossi, docente di Architettura presso il Politecnico di Torino e membro del comitato scientifico de L’Altra Montagna – stiamo lavorando in una decina di paesi tra Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Abruzzo e Molise. Sono contesti molto diversi, ma i progetti di carattere più innovativo si sviluppano proprio in nuclei di poche decine o centinaia di abitanti. Spesso siamo chiamati direttamente dai sindaci, con il caso di Ostana che ha fatto da apripista, e lavoriamo non solo per realizzare una rigenerazione fisica e architettonica, ma soprattutto per incardinarla dentro una più ampia rigenerazione economica, sociale e culturale.”

Un nuovo turismo per la montagna: lento e non totalizzante

Ancora oggi, tuttavia, le aree interne e la montagna sono percepite perlopiù come luoghi a mera vocazione turistica e, spesso, con una visione del turismo centrata sugli sport invernali e l’alta stagione estiva. 

“Il turismo montano – afferma Franz – è stato costruito su stereotipi formatisi nel corso degli anni Settanta, quando le settimane bianche divennero per la prima volta accessibili al grande corpo della classe media, fino ad allora sostanzialmente assente da questo tipo di turismo, soprattutto quello degli sport invernali.

Gianfranco Franz, docente di Progettazione culturale per turismi sostenibili presso l’Università di Ferrara (©unife.it)

Il profittevole mercato della nicchia di turismo invernale ha poi schiacciato tutte le altre forme, mettendo in secondo piano anche il turismo montano estivo, con un suo platfond di domanda di molto precedente. Il turismo dello sci è infatti diventato una vera e propria industria, che ha richiesto colossali investimenti in infrastrutture e con gravi impatti ambientali.

Oggi tutto questo è di fronte a un bivio molto serio: continuare a implementare quella visione o cominciare a cambiare il messaggio.”

Ed è anche per cambiare il messaggio che progetti come quello del Politecnico si ripropongono di ricondurre il turismo entro una visione più generale di sviluppo del territorio.

“Spesso – spiega De Rossi – si è pensato che il turismo, da quello sportivo a quello culturale di valorizzazione storica delle risorse locali, fosse l’unica possibilità. Noi crediamo invece che sia importante ricostruire una visione di questi territori a partire dalla loro dimensione produttiva, e non solo da una di consumo perché a forza di consumare non rimane nulla né fisicamente né culturalmente.

È quindi importante far sì che siano prima di tutto luoghi in cui gli abitanti vivono e lavorano: turismo e valorizzazione culturale devono rientrare in una dimensione generale, senza mai diventare il carattere maggioritario e totalizzante.”

Metromontagna e multifunzionalità: un nuovo rapporto tra terre alte e città

Per realizzare tutto ciò entra in gioco il concetto di “metromontagna”, che riguarda le relazioni tra il territorio montano e quello cittadino. È infatti necessario decostruire l’alterità tra questi due ambienti e costruire un rapporto basato sulla valorizzazione di quella multifunzionalità che è una caratteristica tipica dell’abitare la montagna.

“Molte volte – prosegue De Rossi – con le comunità locali dobbiamo smontare progettualità completamente volte al turismo e costruire una dimensione più organica. Ai montanari sono infatti congenite una pluri-attività e una multifunzionalità che richiedono, oltre al turismo, l’incentivazione di attività diverse.

Antonio De Rossi, docente di Architettura presso il Politecnico di Torino e membro del comitato scientifico de L’Altra Montagna (©ildolomiti.it/altramontagna)

A questo discorso si aggancia poi quello sulla cosiddetta metromontagna, per cui va ripensato il rapporto con le città: montagne e aree interne non devono più essere uno sfondo paesaggistico, fatto solo di tradizioni ed enogastronomia, ma deve instaurarsi un reciproco scambio di saperi ed economie.

Ancora oggi, quando si pianificano i finanziamenti sembra che l’unico futuro possibile per questi territori sia la valorizzazione turistica e culturale. C’è invece un tema importante di ricostruzione di una dimensione produttiva e di nuove competenze: dove possiamo sviluppare saperi e pratiche sul cambiamento climatico se non in territori dove questi fenomeni sono più evidenti e si possono fare sperimentazioni puntuali, ad esempio sulle nuove specie vegetali che dovranno essere piantare, la gestione idrogeologica o quella dell’acqua?”

“In tutto ciò – conclude Franz – saranno premiate le comunità che sapranno in qualche modo insegnare ai turisti alcune peculiarità del territorio: il turismo esperienziale, che sta crescendo con costanza, significa coinvolgere l’ospite nelle attività quotidiane, nell’esecuzione dei lavori tradizionali o nelle ricette gastronomiche. E uso il termine ospite non casualmente: mentre infatti il turista va educato, l’ospite è già predisposto a un comportamento garbato e non invadente, teso a dare il meglio di sé e prendere il meglio da colui che lo ospita.”

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