Dopo l’approvazione della Politica agricola europea e il voto favorevole alla Farm To Fork è il turno degli Stati membri Ambientalisti e piccoli agricoltori chiedono più spazio nella definizione del Piano strategico nazionale

Dopo l’approvazione della Politica agricola europea e il voto favorevole alla Farm To Fork è il turno degli Stati membri

Ambientalisti e piccoli agricoltori chiedono più spazio nella definizione del Piano strategico nazionale

La corsa verso l’agricoltura del futuro procede spedita, in Europa come in Italia. Dopo l’approvazione della Politica agricola europea (Pac), arrivata in luglio, la palla è passata agli stati membri. Entro la fine del 2021 il nostro Governo dovrà elaborare e pubblicare il proprio Piano strategico nazionale 2023-2027 (Psn), un documento che renderà concreti i principi della Pac e da cui dipenderanno l’identità e la sostenibilità della nostra agricoltura nei prossimi anni. 

Si tratterà di un documento complesso: il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) non solo tradurrà la Pac in modo che sia applicabile al nostro territorio, ma si troverà nella condizione di dover integrare all’interno del Psn i 17 Obiettivi Onu per lo Sviluppo sostenibile e decidere quale peso attribuire a grandi temi come conservazione della biodiversità, tutela degli habitat e mitigazione del cambiamento climatico in una zona a rischio siccità come l’Italia

Per questo, le reti che riuniscono associazioni, ambientalisti e piccoli agricoltori stanno chiedendo di poter dare il proprio contributo nella definizione del Piano, un bisogno che non sembra trovare risposte sufficienti da parte del Governo.

Il ruolo della strategia Farm To Fork

Un fattore importante da prendere in considerazione per comprendere i conflitti generati dalla stesura del Psn è il ruolo della strategia Farm to Fork, elaborata dalla Commissione europea. “Il 19 ottobre è stato un giorno importante per l’Europa – ha dichiarato pochi giorni fa l’associazione Slow Food con un comunicato stampa -. Il Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza l’Opinion report sulla strategia Farm to Fork, con 452 favorevoli, 170 contrari e 76 astenuti. Si tratta di un piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.” 

Il voto favorevole nei confronti della Farm to Fork non ha valore di obbligatorietà per gli Stati membri, ma ha comunque un grande peso politico. È necessario ricordare che in luglio il testo definitivo della Pac aveva deluso molte aspettative proprio per la sua scarsa interconnessione con le strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 e per l’interpretazione “debole” di questi documenti. Al momento infatti la Pac non assume gli obiettivi di Farm to Fork e Biodiversità 2030 come vincolanti nella definizione dei Piani nazionali, riducendone di fatto l’impatto trasformativo a livello locale.

In Europa abbiamo assistito a una rapida perdita di biodiversità in ambiente agricolo, soprattutto per quanto riguarda le specie di insetti. In foto, Cicindela Campestris  (© De1967 da Pixabay)

Il recente voto del Parlamento sembra invece dare nuova forza alle posizioni di ambientalisti e piccoli agricoltori in un momento particolarmente delicato. Sono infatti partiti da poco i tavoli di confronto tra Mipaaf e associazioni in vista della definizione del Psn, non senza polemiche sull’organizzazione degli incontri e sulla reale disponibilità del Governo ad ascoltare le richieste della società civile. 

A fine settembre, la rete Cambiamo agricoltura – di cui fanno parte Slow Food, Lipu e moltre altre associazioni – aveva contribuito al confronto anche pubblicando il proprio Manifesto e inserendo tra le richieste proprio l’aderenza del Psn italiano agli obiettivi delle strategie europee Farm to Fork e Biodiversità, in vista di un maggior impegno per contrastare il cambiamento climatico e una rinnovata attenzione alla conservazione della diversità genetica e della biodiversità in ambito agricolo

La pubblicazione del Manifesto di Cambiamo agricoltura arrivava mentre tante altre realtà ambientaliste e contadine come Associazione rurale italiana (Ari), La via Campesina e Terra! esprimevano il proprio dissenso su Pac e Psn in occasione dell’Eco Social Forum, organizzato a Milano durante le mobilitazioni contro il Food Summit delle Nazioni Unite e in risposta agli appuntamenti internazionali YouthCOP e PreCOP.

Le richieste per un’agricoltura diversa

“Riguardo al voto sulla Farm to Fork al Parlamento europeo accogliamo positivamente la sostanziale conferma della strategia e il rafforzamento di alcuni suoi passaggi che il Parlamento con il voto sulla relazione delle Commissioni ha espresso – spiega ad Agenda 17 Federica Luoni, della Lega italiana protezione uccelli (Lipu – BirdLife Italia), attiva nella coalizione Cambiamo agricoltura – soprattutto in considerazione delle fortissime pressioni che la lobby agricola rappresentata da Copa-Cogeca ha esercitato sui parlamentari perché fossero votati alcuni emendamenti che ne minavano le basi e i target più ambiziosi.” 

La lobby Copa-Cogeca combina gli interessi degli agricoltori riuniti nel Comitato delle organizzazioni professionali agricole (Copa) e della Confederazione generale delle cooperative agricole (Cogeca), due gruppi dal forte potere contrattuale, caratterizzati da un approccio conservatore e tendenzialmente ostile al rinnovamento per quanto riguarda sostenibilità e tutela della biodiversità. 

Il presidente di Copa-Cogeca, Tim Cullinan, era già stato al centro delle negoziazioni in fase di approvazione della Pac, quando aveva spinto per una riduzione delle risorse da destinare alle azioni per la mitigazione del cambiamento climatico. 

Secondo  Farm to Fork, è urgente una riduzione dell’uso di pesticidi, erbicidi, fitofarmaci e fertilizzanti, per limitare la contaminazione degli habitat e  ridurre la dipendenza  da questi prodotti (©Banprik \ Getty Images)

Al contrario, chi si batte per l’applicazione della Farm to Fork fa propri i grandi temi cari al mondo ambientalista. Nel testo della strategia si ribadisce infatti l’urgenza di “fare in modo che la filiera alimentare abbia un impatto ambientale neutro o positivo, preservando e ripristinando le risorse terrestri, marine e d’acqua dolce da cui il sistema alimentare dipende, contribuire a mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi ai loro effetti, proteggere i terreni, il suolo, l’acqua, l’aria, la salute delle piante e la salute e il benessere degli animali e invertire la perdita di biodiversità.” 

Il Piano si propone di trasformare profondamente la filiera alimentare, coinvolgendo produzione, distribuzione e consumo. Alcuni degli obiettivi più importanti riflettono e integrano quelli compresi nella parallela strategia per la biodiversità: stando alla Farm to Fork, entro il 2030 l’Europa dovrà ridurre del 50% dell’uso di pesticidi chimici, abbattere del 20% l’uso di fertilizzanti, far calare del 50% le vendite totali di antimicrobici per gli animali d’allevamento e di antibiotici per l’acquacoltura, trasformare il 25% dei terreni agricoli in aree destinate all’agricoltura biologica.

Un tavolo fantasma?

Un parere favorevole sulla strada indicata dalla Farm to Fork è arrivato anche da parte del ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, che il 26 ottobre in occasione degli Stati generali della Green Economy ha ricordato: “sosterremo la Pac, che sarà orientata a riduzione dei fitofarmaci e che dovrà rispondere a criteri Farm To Fork e a quelli dell’agricoltura 5.0.” 

Ma dal punto di vista di ambientalisti e associazioni, questa dichiarazione del ministro, come già accaduto al momento dell’approvazione della nuova Pac, non appare né convincente né in linea con le azioni portate avanti negli ultimi mesi dal Ministero. 

In Italia l’agricoltura  fa i conti non solo con la perdita di biodiversità, ma anche con gli effetti  del cambiamento climatico (©Cmyk da Pixabay)

Da una parte, infatti, è da chiarire come l’attenzione alla biodiversità e alla rinaturazione di parte dei terreni agricoli possa combinarsi con una spinta verso la cosiddetta “agricoltura 5.0”, termine con cui si indica generalmente una tendenza alla meccanizzazione e all’utilizzo sempre maggiore di tecniche di precisione. 

Dall’altra, la coalizione Cambiamo agricoltura lamenta da mesi uno scarso impegno del Ministero sul piano del confronto concreto con la società civile: “purtroppo a quasi due mesi dal primo incontro operativo del tavolo di partenariato e a due mesi dalla data ufficiale di consegna del Psn alla Commissione europea – spiega ancora Federica Luoni -, nessuna convocazione o notizia è stata comunicata al tavolo di partenariato socio-economico. Da alcune comunicazioni delle Regioni a seguito del tavolo tra assessori e il ministro delle Politiche agricole Patuanelli, è emerso che il Ministero è ancora ben lontano da una definizione del Piano.”


Insomma, come già denunciato da associazioni come The Good Lobby in occasione della definizione del Piano nazionale di ripresa e rilancio (Pnrr), il Governo sembra procedere di nuovo senza interpellare in modo continuativo terzo settore, esperti e società civile: “sappiamo che il Mipaaf ha già elaborato un’ipotesi di distribuzione dei fondi sui diversi tipi di interventi ma ancora queste percentuali non sono state condivise nel tavolo – conclude Luoni -. Non nascondiamo la nostra preoccupazione per come l’Italia sta conducendo questo tavolo e tutta la partita del Psn, dove non si intravede una logica di azione: sono state chieste contemporaneamente osservazioni sulle priorità e sugli interventi, ma senza le prime come impostare i secondi? Non è chiaro come verranno prese in considerazioni le idee che il partenariato potrebbe portare al tavolo, quando non c’è spazio per un confronto e un dialogo costruttivo.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *