Rientro a scuola: forti differenze tra Nord e Sud, con conseguenze negative su rendimento scolastico e dispersione I fondi del Pnrr non tengono conto del fabbisogno reale, penalizzando le Regioni già in difficoltà

Rientro a scuola: forti differenze tra Nord e Sud, con conseguenze negative su rendimento scolastico e dispersione

I fondi del Pnrr non tengono conto del fabbisogno reale, penalizzando le Regioni già in difficoltà

In questi giorni, a cavallo tra fine agosto e inizio settembre, si svolgono nelle scuole le verifiche relative al recupero del debito scolastico. I dati del Ministero segnalano che nelle scuole superiori ogni anno il 42% degli studenti deve recuperare almeno un debito. 

Il dibattito sulla qualità della formazione scolastica del nostro Paese si ripresenta puntualmente a ogni rilevazione nazionale o internazionale, e dà adito a interpretazioni e polemiche sia per la difficoltà di trovare forme di valutazione universalmente condivise, sia per la contrarietà di molti docenti che si oppongono a modalità valutative formali ritenute inadeguate e suscettibili di trasformarsi in forme di controllo.

Un dato emerge però incontrovertibile da ogni rilevazione e indagine: le forti diseguaglianze – in primis territoriali – presenti nel sistema scolastico del Paese e la loro correlazione con i risultati e la qualità dell’insegnamento. 

Divari territoriali 

Nel nostro Paese, il sistema dei servizi per la prima infanzia e per l’istruzione conosce profondi divari territoriali, a partire dalla quantità e dalla qualità di infrastrutture e servizi fino, e di conseguenza, agli esiti dei processi di apprendimento e formazione. I dati Invalsi confermano queste differenze, tuttavia le risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non tengono conto dei fabbisogni interni alle Regioni, aumentando il rischio di un’ulteriore crescita delle disuguaglianze.

Secondo un’analisi dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez), infatti, sia per gli asili nido che per le infrastrutture scolastiche i divari territoriali sono già profondi e incidono oltretutto anche sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro. Se al Nord, infatti, il tasso di occupazione femminile per le madri con figli in età prescolare è del 66% (contro l’85% per le donne senza figli), al Sud la percentuale cala al 38% (contro il 58% delle donne senza). 

A contribuirvi sono anche i dati sulla scuola: nel Mezzogiorno la disponibilità di asili nido è leggermente inferiore, i tassi di dispersione scolastica sono più elevati e calano le competenze maturate dagli studenti.

Le risorse del Pnrr non tengono conto del gap infrastrutturale 

Il Pnrr mette a disposizione 11,28 miliardi di euro per colmare queste differenze e circa l’80% è destinato al piano per la prima infanzia e quello per la riqualificazione delle scuole, mentre circa 600 milioni di euro riguardano palestre e mense e 1,2 miliardi la costruzione di nuove strutture.

Seguendo gli indicatori previsti (asili nido, mense, palestre, riqualificazione dell’edilizia scolastica e costruzione di nuove scuole), emerge però come nelle Regioni meridionali i valori risultino più contenuti rispetto al Nord. Il Piano, infatti, non ha fissato obiettivi di convergenza ma si limita a stabilire target nazionali.

La minore diffusione del tempo pieno nel Sud è correlata a maggiori tassi di dispersione scolastica (©Informazioni Svimez 2023)

Il criterio seguito per allocare le risorse sui nuovi progetti, il cosiddetto riparto su base regionale, si basa su criteri di fabbisogno (indicatori del gap infrastrutturale) e di utenza potenziale (quindi il numero di alunni attuale e le proiezioni demografiche). Tuttavia solo per gli asili nido il divario infrastrutturale è prioritario, con un peso del 75%. Per gli altri indicatori, invece, prevalgono i criteri di utenza potenziale, mentre i fabbisogni pesano solo dal 30% (costruzione di nuove scuole) al 40% (mense e palestre).

Nella maggior parte dei casi l’accesso ai fondi è dipeso piuttosto dalla capacità amministrativa degli enti territoriali che dall’effettivo bisogno di investimenti: ciò significa penalizzare le aree dove anche tale capacità è maggiormente carente.

Prendiamo come esempio uno dei settori più penalizzati, le mense: meno del 25% degli alunni di scuola primaria al Sud frequenta scuole con mensa (contro il 60% del Centro-Nord) e meno del 32% per le scuole dell’infanzia (circa 59% al Centro-Nord), con i dati peggiori registrati in Sicilia e Campania (meno del 15%). Ma sono proprio queste due Regioni, a fronte di assegnazioni rispettivamente di 80,5 milioni e 83 milioni di euro, che hanno presentato richieste solo per 18 milioni e 47 milioni.

Da sempre disinvestimenti maggiori al Sud: bisogna puntare sui fabbisogni reali 

I disinvestimenti nel settore scolastico proseguono da anni e hanno sempre colpito soprattutto il Sud Italia. Tra il 2008 e il 2020, infatti, la spesa per la scuola è calata di oltre il 20% al Sud contro il 18% del Centro-Nord (185 euro per studente investiti al Sud nel 2020, contro i 300 del Centro-Nord).

Gli investimenti regionali per studente nel 2020 (©Informazioni Svimez 2023)

Questa tendenza prosegue anche oggi con il Pnrr: sebbene le cosiddette “quote Sud” previste da criteri ministeriali siano state abbastanza rispettate, gli enti territoriali di Sicilia, Campania e Puglia hanno avuto accesso a risorse pro capite per le infrastrutture scolastiche inferiori alla media italiana. 

Sono poi forti anche le differenze tra le Province: in quasi tutte le Regioni meridionali, la quantità di risorse assegnate non è proporzionale al fabbisogno. Solo nel caso del Piano asili nido le risorse aumentano con il fabbisogno, mentre ad esempio, per tornare alle mense, Napoli e Palermo, le cui percentuali di alunni che ne usufruiscono sono di 5,7 e 4,7, sono tra le ultime Province in graduatoria.

Svimez propone quindi di superare l’allocazione delle risorse tramite bandi competitivi che penalizzano le aree con minore capacità amministrativa, puntando piuttosto all’identificazione dei fabbisogni reali e una riprogrammazione delle risorse che permetta di superare i divari territoriali.

La carenza di infrastrutture si ripercuote sull’apprendimento

Nel rapporto Svimez, si legge inoltre come “a parità di condizioni di contesto, punteggi medi più deludenti nei test Invalsi sono tipicamente associati a maggiori carenze infrastrutturali delle scuole, in particolare a causa della mancanza di impianti sportivi e della vetustà degli edifici. Le differenze nella dotazione e qualità delle infrastrutture scolastiche contribuiscono a spiegare parte del divario di competenze degli studenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord.”

La dispersione implicita, cioè la quota di studenti che termina il percorso scolastico senza avere acquisito le competenze fondamentali nelle materie Invalsi, rimane più marcata al Sud, nonostante un calo rispetto al 2022 (©Invalsi 2023)

Ad esempio, la possibilità di frequentare il tempo pieno ha effetti positivi sull’acquisizione delle conoscenze ed è associata a minori tassi di dispersione. Tuttavia, servono spazi per il servizio mensa e, come abbiamo visto sopra, non sono garantiti equamente sul territorio nazionale.

Le prove Invalsi 2023 hanno confermato che “si assiste a un progressivo distanziamento negativo del Mezzogiorno”. Il gap di rendimento tra Nord e Sud si registra infatti già a partire dal secondo anno della scuola primaria, si accentua nella secondaria di primo grado e si aggrava ulteriormente alle superiori e riguarda non solo l’apprendimento in senso stretto, ma anche le opportunità di apprendere.

Il Ministero dell’istruzione e del merito è al lavoro per affrontare questa situazione con l’avvio del nuovo anno scolastico. Una delle misure previste dal Pnrr è l’introduzione di un tutor nelle classi per gli studenti più fragili, tuttavia è prima di tutto la disponibilità fin dalla prima infanzia di strutture adeguate che favorisce i processi di integrazione sociale e acquisizione delle conoscenze, contribuendo inoltre a prevenire e limitare la dispersione scolastica.

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