Una Costituzione della Terra per salvarci da cambiamento climatico e disastro nucleare La proposta del giurista Luigi Ferrajoli agli incontri di Csv e Unife

Una Costituzione della Terra per salvarci da cambiamento climatico e disastro nucleare

La proposta del giurista Luigi Ferrajoli agli incontri di Csv e Unife

“Crisi climatiche, migrazioni e guerre: che fare? Dovremmo prendere consapevolezza del fatto che viviamo il momento più drammatico della nostra storia: non è mai successo che la sopravvivenza stessa dell’Umanità fosse così a rischio”. Con queste parole Luigi Ferrajoli, giurista, filosofo del diritto e autore di “Per una Costituzione della Terra. L’umanità al bivio” ha introdotto il primo incontro del corso Mutazione climatica, crisi energetica e guerre.

La locandina del primo incontro del corso “Mutazione climatica, crisi energetica e guerre” (©unife.it)

Promosso dal Centro di servizio per il volontariato (Csv) in collaborazione con l’Università di Ferrara, il Centro di Ateneo per la cooperazione allo sviluppo internazionale e l’Università di Modena e Reggio Emilia, il corso mira ad approfondire i legami esistenti tra dimensioni economiche, sociali ed ecologiche della crisi climatica.

Clima, disuguaglianze e armi nucleari: il futuro dell’Umanità a rischio

L’analisi di Ferrajoli si è concentrata sulle catastrofi, in parte già in atto, destinate a colpire l’Umanità nel prossimo futuro. “Anzitutto – spiega – il riscaldamento climatico, che determina l’inabitabilità di parti crescenti del Pianeta. Noi ne siamo meno consapevoli perché viviamo nella parte più ricca del Mondo, ma si stanno già verificando non solo cataclismi e varie forme di sconvolgimento climatico, ma anche disastri nelle periferie, che sono all’origine dei flussi migratori. 

C’è poi una crescita senza precedenti delle disuguaglianze, che portano alla morte per fame, sete e malattie di milioni di persone e che sono oggi più visibili che in qualunque altro momento del passato e, quindi, più scandalose e intollerabili. 

È inoltre in atto una corsa agli armamenti, durante una guerra della quale siamo tutti corresponsabili. La tesi che non ci sono alternative è ideologica, di legittimazione dell’esistente: le alternative ci sono, a partire dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite (Onu) che, dopo aver stabilito il diritto di difesa dei popoli aggrediti, impone di prendere tutte le misure necessarie per la pace a qualunque costo, perché qualunque costo è minore di miliardi di persone uccise dalle armi nucleari.” 

Gli strumenti del diritto internazionale non bastano

A fronte dunque di queste emergenze dobbiamo dunque chiederci se gli strumenti giuridici di cui disponiamo sono sufficienti a fronteggiarle. “Dobbiamo essere consapevoli – prosegue il giurista – che sono cambiate le coordinate del diritto e delle Costituzioni. Nel Dopoguerra, la democrazia fu rifondata attraverso l’introduzione di Costituzioni rigide, cioè sopra ordinate a qualunque altra fonte e che nessun potere di maggioranza può né abolire né violare o derogare. 

Oggi invece i poteri politici ed economici si sono spostati fuori dai confini nazionali e le nostre Costituzioni sono impotenti nei confronti delle aggressioni selvagge che ne derivano. Anche gli strumenti del diritto internazionale, come la Dichiarazione dei diritti e i molti patti e convenzioni, rimangono ineffettivi, perché non sono Costituzioni rigide e possono esser violati. I diritti fondamentali, infatti, di per sé soli non sono vincolanti: servono leggi di attuazione che introducano delle garanzie.”

Una Costituzione della Terra per tutelare i diritti fondamentali

Le relazioni internazionali sono dunque dominate da Stati e mercati, dotati di una potenza distruttiva enorme. Secondo Ferrajoli, per questo motivo è necessario rifondare la legittimità dello Stato assoluto sul consenso popolare e la sottoposizione al diritto, con una prospettiva però internazionale.

“Ci sono oggi – prosegue – poteri molto più potenti di quelli politici: nessuna sfera pubblica è infatti all’altezza dei poteri selvaggi dell’economia e della politica degli Stati dotati di armamenti nucleari. 

Luigi Ferrajoli, giurista, ex magistrato e filosofo del diritto (©uniroma3.it)

Il primo passo da compiere per rispondere alle sfide globali è chiamarle con il loro nome: sono crimini, anche se non in senso penale. Dobbiamo cioè emanciparci dall’idea che tutto quanto non proibito penalmente è, se non giusto, almeno permesso e lecito, perché è a causa di essa che si legittima la prospettiva per la quale non è colpa di nessuno se andiamo verso l’inabitabilità della Terra o il disastro nucleare: chiamarli crimini permette di sollevare il problema della loro legittimità. 

Dall’altro lato, bisogna porre limiti ai grandi poteri. Ho scritto una Costituzione della Terra per dimostrare che è possibile, a partire dal superamento del nesso tra Costituzione, Stato nazionale e popolo, perché le Costituzioni avanzate stabiliscono esattamente l’opposto, cioè l’uguaglianza di tutti gli esseri umani in quanto persone. I diritti fondamentali sono universali e l’idea di una Costituzione della Terra non è un cambio di paradigma, ma è prendere sul serio quel che già scritto nelle nostre Carte internazionali, ma che attualmente è privo di garanzie.”

Sovranità e cittadinanza devono diventare universali

Per questo motivo, è necessario superare le nozioni di sovranità e cittadinanza: secondo Ferrajoli, infatti, la prima è antigiuridica, perché non sono ammissibili poteri assoluti in un ordinamento di diritto, mentre la seconda è diventata l’ultima fonte di discriminazione per ragioni di nascita. “Ecco dunque – spiega – che l’uguaglianza si ottiene tramite l’identificazione della cittadinanza con la stessa Umanità e la sovranità, che appartiene al popolo, equivale alla somma di quei frammenti di sovranità in cui consistono i diritti fondamentali, di cui tutti siamo ugualmente titolari. 

Questo vuol dire sovranità e cittadinanza universali, che sono dimensioni sostanziali della democrazia. Una Costituzione è quindi tanto più importante a livello europeo che italiano, e a livello mondiale che europeo, perché è a livello mondiale che sono maggiori le differenze che vanno tutelate e le disuguaglianze che vanno ridotte.

Tutto ciò è possibile solo con un patto di convivenza, che è nell’interesse di tutti, anche dei potenti.”

Pace e democrazia sono fenomeni artificiali: bisogna costruirli

Il giurista distingue infine due tipi di realismo, per spiegare il motivo per cui questa prospettiva non è utopistica come può sembrare. “Da un lato – conclude – un realismo ‘volgare’, che naturalizza ciò che è artificiale, come la politica, il diritto e l’economia, che sono invece dimensioni dell’agire umano, legittimando così l’idea che non ci sono alternative. 

Dall’altro lato il realismo ‘razionale’, quello delle Costituzioni, che consiste nell’opporre il dover esser normativo della politica e del diritto al gioco naturale dei poteri selvaggi: perché la guerra è un fenomeno naturale, mentre la pace è artificiale e deve essere istituita tramite un patto di convivenza. Ed è artificiale la democrazia, mentre sono naturali l’autocrazia, la legge del più forte, la violenza. 

Ma sono artificiali anche le leggi dei più deboli, cioè i diritti fondamentali. Per questo i problemi che abbiamo davanti sono risolvibili: non significa essere ottimisti, anche se non mi illudo che una Costituzione della Terra si realizzerà. Tuttavia, senza una limitazione dei poteri selvaggi di Stati e mercati, e senza garanzie dell’uguaglianza, il disastro è assicurato. 

I movimenti pacifisti ed ecologisti devono pretendere la rinuncia ai poteri politici dei singoli Stati, perché il mantenimento di questi poteri e la difesa degli interessi sono miopi rispetto alle prospettive catastrofiche che abbiamo davanti.”

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