Sempre più critico lo sci estivo sul ghiacciaio dello Stelvio. E una sentenza boccia un nuovo impianto In tribunale vince la biodiversità con un verdetto “apripista”. Ma contro la monocoltura dello sci servono scelte complesse

Sempre più critico lo sci estivo sul ghiacciaio dello Stelvio. E una sentenza boccia un nuovo impianto

In tribunale vince la biodiversità con un verdetto “apripista”. Ma contro la monocoltura dello sci servono scelte complesse

Le immagini che vengono in questi giorni dallo Stelvio sono impressionanti: quello che era un paradiso per i patiti dello sci estivo e un ideale campo d’allenamento per gli atleti è diventato un purgatorio in cui ritagliarsi qualche ora mattutina di neve ancora sciabile.

A oltre 3mila metri ampie zone del ghiacciaio del Livrio, sopra il Passo dello Stelvio, sono scoperte. Ma si continua a sciare (©rainews.it 2023, fotogramma)

Il futuro della montagna, lo abbiamo scritto più volte, non sono neve artificiale e nuovi impianti. Il cambiamento climatico renderà sempre più difficile l’attuale turismo di massa, che mette a rischio i delicati equilibri delle terre alte.

Cambiare questo modello turistico significa tutelare gli ecosistemi montani e la biodiversità in essi presente. Proprio nel Parco nazionale dello Stelvio, pochi mesi fa, una sentenza ha fatto un passo in questa direzione: sarà la prima di molte altre o continuerà a prevalere la logica del profitto a scapito della tutela ambientale e delle comunità locali?

Bloccato l’ennesimo impianto: servono più tutele per fauna e suolo

Il 18 aprile scorso il Consiglio di Stato ha dato ragione a nove associazioni di protezione ambientale (Club alpino italiano (Cai) della Regione Lombardia, Fondo per l’ambiente italiano (Fai), Federazione nazionale pro natura, Italia nostra, Legambiente, Lega italiana per la protezione degli uccelli (Lipu), Mountain Wilderness, World Wild Fund for Nature (WWF) e Touring club italiano) contro la costruzione di un nuovo impianto nel Parco, per la mancanza della Valutazione ambientale strategica (Vas) nel progetto.

La Delibera 106/2018 aveva autorizzato un nuovo impianto di risalita e una nuova pista a Solda (BZ), in un’area di 4,45 ettari nel Comune di Stelvio, all’interno del carosello sciistico Ortler-Ronda. Successivamente il Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Provincia autonoma di Bolzano aveva respinto il ricorso presentato mentre ora, dopo quasi tre anni, è stata riconosciuta la tutela dell’area.

Le associazioni lamentavano il mancato rispetto del dovere di tutela dei siti Natura 2000 coinvolti. Si tratta dei siti Ortler Madatschspitze e Ulten Sulden, che accolgono sei diversi habitat, otto specie faunistiche considerate a rischio in Alto Adige e aree di grande importanza paesaggistica e naturalistica.

In particolare, l’impianto avrebbe un forte impatto su molte specie di uccelli d’alta quota, che rischiano di andare a sbattere contro i cavi aerei. Lipu sottolinea poi come le piste eliminino zone fondamentali per la nidificazione e l’alimentazione dei volatili, poiché rimuovono rocce e vegetazione e diventano inospitali per gli insetti.

Inoltre, la creazione delle piste danneggia il suolo causando una perdita di carbonio organico e una riduzione degli habitat anche nelle zone circostanti, con ripercussioni dunque molto ampie.

Una sentenza “apripista”. Ma bisogna ripartire dalle comunità con soluzioni di adeguata complessità 

Questa  sentenza può e deve diventare diventare un punto di riferimento per il futuro.

Sono ormai moltissimi i soggetti pubblici e privati, i ricercatori e i cittadini che sostengono la necessità di un turismo alternativo per la montagna: la neve è sempre meno ed è indispensabile dare priorità al recupero dell’esistente. Le soluzioni alternative ci sono: dalla mobilità sostenibile, che aiuta anche le popolazioni locali, a un turismo diversificato, esteso a ogni periodo dell’anno e fatto di sport diversi, cultura, gastronomia locale e contatto con la natura.

Come afferma Dematteis, la monocoltura dello sci è diventata invece un accanimento terapeutico che va abbandonato, in favore di alternative più creative che incentivano la rinaturalizzazione dell’ambiente montano. 

I numeri riportati dall’ultimo dossier Nevediversa di Legambiente, d’altra parte, testimoniano la non sostenibilità del sistema attualmente dominante: nel 2023 gli impianti dismessi toccano i 249, quelli temporaneamente chiusi sono 138 e quelli definiti “ad accanimento terapeutico”, con forti iniezioni di denaro pubblico, sono 181.

Un turismo alternativo e sostenibile, in equilibrio con la montagna, è però possibile e lo dimostra il caso di Ostana, in Piemonte.

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