Fuoripista vietato La monocoltura dello sci non regge al cambiamento climatico

Fuoripista vietato

La monocoltura dello sci non regge al cambiamento climatico

A Filzmoos, in Austria, per la mancanza di neve si scia su una pista artificiale in mezzo al terreno asciutto (ⓒAP Photo/Matthias Schrader)

La stagione sciistica si scontra con l’assenza di neve. La nuova normalità è la neve artificiale: dalle Olimpiadi invernali alle piste di tutto il Mondo, gli sport invernali non possono rinunciarvi. Le Olimpiadi di Pechino, ad esempio, si sono affidate quasi completamente all’innevamento artificiale, in una Regione i cui inverni si sono già accorciati di oltre dieci giorni rispetto agli anni Settanta. 

Sono infatti stati consumati 180 milioni di litri d’acqua per una superficie di 800mila metri quadrati, prelevati anche dalle fonti idriche necessarie alle attività agricole.

Per una pista da sci di 1.600 metri servono fino a 20mila metri cubi di acqua, ma anche una temperatura idonea a mantenerla: diverse gare di Coppa del Mondo di sci alpino, ad esempio, sono state cancellate per l’impossibilità di preparare le piste.
E lo scenario è destinato a peggiorare, con una perdita di quindici giorni di innevamento nelle aree montuose mondiali rispetto al 1982. L’ultimo report della World Meteorological Organization (WMO), inoltre, ha ipotizzato che tra quattordici anni non potremo più sciare sulle Dolomiti, dove si stima tra il 2036-2065 un aumento di oltre il 10% del rischio climatico indiretto per eventi legati alla presenza di neve sempre più scarsa e sempre più bagnata a causa dell’aumento della temperatura.

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