Gli Stati membri delle Nazioni unite all’Assemblea delle nazioni unite per l’ambiente (United Nations Environment Assembly UNEA-5.2) hanno deciso all’unanimità di elaborare un Trattato giuridicamente vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica. È un impegno solenne accolto con grande favore e, persino commozione, da parte dei delegati presenti. Ma occorrerà un grande e difficile impegno per conseguire risultati concreti. Un passaggio prioritario e fondamentale per la riduzione dell’inquinamento da sostanze di sintesi come la plastica è quello di conoscere ciò che viene immesso nell’ambiente. Ma siamo molto lontani da questo obiettivo.
La capacità a livello globale di valutare i rischi delle sostanze chimiche e monitorarne l’impatto ambientale non sta al passo con il tasso di produzione e diffusione delle sostanze stesse. A evidenziarlo è uno studio recentemente pubblicato su Environmental Science & Technology e realizzato da un gruppo internazionale di quattordici ricercatori sulla base di un centinaio di studi precedenti.
Sarebbero 350mila, secondo le stime riportate dagli autori, le sostanze chimiche presenti sul mercato globale. Dal 1950 a oggi, la produzione è cresciuta di cinquanta volte e le previsioni la vedono triplicata al 2050 rispetto ai valori del 2010.
Dal momento che ciò che produciamo viene in parte rilasciato nell’ambiente, queste stime sono indicative anche di una reale e potenziale pressione inquinante. A ritmi di crescita così elevati, non sembra tuttavia accompagnarsi una gestione legislativa efficace. Se si considera infatti l’ultimo decennio, sono state registrate circa 70mila nuove sostanze, di cui circa 30mila solo nelle economie emergenti, dove i sistemi di controllo sono carenti.
Un altro aspetto problematico delle legislazioni in materia di sostanze chimiche riguarda la disomogeneità di norme e processi regolatori fra i diversi Paesi. Può cambiare ad esempio lo scopo stesso dei procedimenti: in alcuni casi possono includere controlli sull’attendibilità dei dati di sicurezza forniti e approfondimenti sui rischi, in altri limitarsi a richiedere semplicemente la completezza dei campi di informazione previsti senza ulteriori indagini.
La plastica si conferma tra le sostanze più pericolose
All’interno della produzione chimica i ricercatori individuano come elemento particolarmente critico le materie plastiche. Anche la produzione di plastica ha visto un aumento costante a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, in particolare tra il 2000 e il 2015, quando si è osservato un incremento del 79% a livello mondiale.
La presenza di questo materiale nell’ambiente, in particolare delle microplastiche, è diffusa. La quantificazione soffre però di incertezze legate a diversi fattori, tra cui l’incapacità dei sistemi industriali di alcuni Paesi di monitorare i rilasci, e la diversificazione dei percorsi di dispersione nell’ambiente. Inoltre la conoscenza dei meccanismi di influenza sui sistemi naturali è ancora limitata, nonostante alcuni effetti di tossicità su specie marine legati all’inquinamento da plastica siano già stati individuati.
Confrontarsi con il REACH per una chimica sostenibile
Il regolamento europeo Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction for Chemicals (REACH), che mira a una tempestiva e precisa identificazione delle proprietà delle sostanze chimiche per garantire una protezione più efficace dell’ambiente e della salute, è entrato in vigore nel 2007.
Secondo lo studio, fino a dicembre 2020 erano circa 12mila le sostanze registrate come non intermedie (con minori requisiti di sicurezza richiesti), con una produzione annua di oltre una tonnellata, ma di queste circa l’80% deve essere ancora valutato dagli enti regolatori.
Questa situazione spiega forse perché l’Europa abbia deciso di attuare un processo di revisione del regolamento che, iniziato a gennaio 2022 con una consultazione pubblica, dopo le valutazioni delle autorità competenti, dovrebbe approdare in Commissione europea entro la fine dell’anno.
La revisione avverrà nell’ambito della Strategia in materia di sostanze chimiche per la sostenibilità (Chemicals Strategy for Sustainability), che mira a raggiungere importanti obiettivi sul piano della sicurezza, quali bandire le sostanze chimiche più pericolose, identificare i rischi associati al cocktail di sostanze diverse e creare un processo “one substance one assessment” che semplifichi la valutazione dei rischi.
Un piano per l’economia circolare: agire sulla plastica
Anche la plastica è oggetto di particolare attenzione da parte delle istituzioni europee. Nel febbraio 2021, infatti, il Parlamento europeo ha accolto il nuovo Piano d’azione per l’economia circolare (Circular Economy Action Plan), proposto dalla Commissione e che dovrà implementare diversi interventi per la sostenibilità, tra cui misure per ridurre la produzione e il consumo di plastica.
Un primo obiettivo punta a rendere tutti gli imballaggi riutilizzabili o riciclabili entro il 2030, ma si chiedono anche norme vincolanti sul contenuto minimo di plastica riciclata all’interno dei prodotti.
Riguardo invece al problema delle microplastiche, molto diffuse nell’ambiente ma dai rischi ancora non pienamente compresi, si pensa a limitarne l’aggiunta intenzionale così come a predisporre interventi per la loro cattura durante il ciclo di vita dei prodotti. Inoltre, sarà necessario migliorare i metodi di misurazione del rilascio involontario, ad esempio da pneumatici e articoli tessili, e dell’accumulo nell’ambiente marino.
Un’azione, quella sulla plastica ma più in generale per la sostenibilità, da condurre di concerto con gli altri Stati a livello globale, come riconosce la Commissione europea nella sua comunicazione sul Piano del marzo 2020.