Long-Covid: rischio difficile da stimare. Nuovi biomarcatori segnalano una complessa interazione fra l’infezione e numerosi altri fattori individuali Molte ricerche, utili però soprattutto dal punto di vista metodologico e della formulazione di ipotesi

Long-Covid: rischio difficile da stimare. Nuovi biomarcatori segnalano una complessa interazione fra l’infezione e numerosi altri fattori individuali

Molte ricerche, utili però soprattutto dal punto di vista metodologico e della formulazione di ipotesi

Mentre il numero di infezioni da SARS-CoV-2 risale e Covid-19 entra in una fase endemica, è ancora work in progress la conoscenza e la gestione delle conseguenze a lungo termine di questo virus: la sindrome post Covid-19 o Long-Covid. Un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Nature ha identificato dei potenziali biomarcatori nel sangue di pazienti affetti da Long-Covid che potrebbero facilitare la diagnosi e, in futuro, la comprensione delle dimensioni del fenomeno.

Come già riportato su Agenda17, il Long-Covid è una condizione multisistemica che può colpire diversi organi, come il sistema cardiocircolatorio, i polmoni, il pancreas, l’apparato gastrointestinale, il sistema nervoso, immunitario e riproduttivo. La manifestazione delle patologie è spesso in sovrapposizione, il che può complicarne la diagnosi e i trattamenti.

Organi interessati da sindrome post-Covid e relative patologie.
Immagine adattata da [©Davis et al., Nature Reviews microbiology, 2023]

Quanto è frequente il Long-Covid?

La molteplicità e la generalità di alcuni sintomi – come affaticamento e disturbi gastrointestinali- rappresentano un primo ostacolo non solo alla diagnosi, ma anche alla comprensione della prevalenza del Long-Covid nei pazienti. Gli studi di ricerca e meta analisi pubblicate negli ultimi tre anni indicano infatti frequenze di Long-Covid che variano moltissimo da studio a studio, con percentuali di incidenza dal 3%  all’ 80%. 

Secondo il lavoro recentemente pubblicato da un gruppo di ricercatori dell’Università di San Francisco, definizioni imprecise ed errori metodologici in alcuni studi epidemiologici, come la mancanza di appropriati controlli, hanno portato a una distorsione del rischio stimato della sindrome post Covid-19. 

Secondo il Cdc, il 25% dei pazienti con Long-Covid è significamente limitato nelle sue attività quotidiane (© freepick)

I recenti dati del Center for Disease Control and prevention (CDC), stimano che il 10% delle persone di età superiore a 18 anni con precedente infezione da SARS-CoV-2 presenta sintomi da Long-Covid, e di questi, il 25% ha riportato limitazioni significative nelle attività quotidiane. 

La prevalenza di Long-Covid è risultata in diminuzione nel periodo dello studio, da giugno 2022 a giugno 2023: in particolare, i casi sono risultati in calo da giugno 2022  fino a gennaio 2023 e successivamente si sono stabilizzati. Il calo dei casi puo’ essere dovuto all’aumento della copertura vaccinale, che ha contribuito al calo delle ospedalizzazioni e delle infezioni acute, oltre all’ utilizzo di antivirali che hanno aiutato la risoluzione della malattia. 

I pazienti ospedalizzati sembrano avere infatti un maggior rischio di sviluppare la sindrome post-Covid. Gli altri fattori di rischio individuati sono: l’obesità, il diabete di tipo 2, età 30-60 anni e genere femminile. Secondo alcuni esperti, potrebbe esserci una connessione tra la maggior incidenza nelle donne di malattie autoimmuni e l’aumentata frequenza di Long-Covid.

Biomarcatori del sangue rivelano l’interazione fra l’infezione e numerosi altri fattori 

In uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Nature, i ricercatori del Icahn School of Medicine del Mount Sinai e della Yale School of Medicine hanno identificato dei potenziali biomarcatori nel sangue di pazienti con Long-Covid. 

Gli scienziati hanno utilizzato un approccio esplorativo per analizzare le cellule presenti nel sangue di 273 individui, confrontando pazienti con Long-Covid, ex pazienti Covid senza sequele e un gruppo di controllo mai infettato da SARS-CoV-2.

Con l’aiuto di algoritmi di machine learning, hanno trovato delle differenze misurabili nelle cellule del sistema immunitario e negli ormoni dei pazienti. In particolare, è risultata evidente una alterazione di alcune popolazioni cellulari del sistema immunitario, oltre ad alti livelli di anticorpi, sia contro SARS-CoV-2, che contro virus della famiglia degli Herpesvirus come i virus di Epstein-Barr (EBV, noto per la causare la mononucleosi)  e Varicella zoster (VZV). 

Questi dati supportano l’ ipotesi che la riattivazione di virus latenti sia tra le cause del Long-Covid, assieme a infezione persistente da parte di SARS-CoV-2, infiammazione cronica, disbiosi (squilibrio dei batteri intestinali), autoimmunità e danno ai tessuti. 

Inoltre, i pazienti con Long-Covid presentano livelli ridotti di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”.  Questo ormone è prodotto dalle ghiandole surrenali quando il corpo ha bisogno di energie: stimola il rilascio di grassi nel sangue e l’aumento della glicemia per soddisfare questa necessità.  La carenza di questo fattore potrebbe spiegare il senso di spossatezza comune nei pazienti con Long-Covid. 

L’identificazione di nuovi biomarcatori è un passo importante per migliorare la conoscenza  e la diagnosi di questa nuova patologia multisfaccettata. Rimangono ancora molte domande aperte, tra cui la durata dei sintomi da Long-Covid, l’eventuale fardello di disabilità e l’impatto sulla società.

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