Farmaci nelle acque di scarico: in pericolo sistemi ambientali e salute Più medicinali e inquinamento, mentre tracciamento e smaltimento sono scarsi, secondo Paola Verlicchi di Unife, che guida un innovativo progetto di depurazione con energie rinnovabili

Farmaci nelle acque di scarico: in pericolo sistemi ambientali e salute

Più medicinali e inquinamento, mentre tracciamento e smaltimento sono scarsi, secondo Paola Verlicchi di Unife, che guida un innovativo progetto di depurazione con energie rinnovabili

Il consumo di medicinali anni non è mai stato così elevato. Secondo stime dell’IMS Institute for Healthcare Informatics, nel 2020 sono state somministrate 4500 miliardi di dosi a livello globale. Sebbene i benefici siano innegabili, non mancano gli effetti collaterali, tra i quali, oltre al fenomeno dell’antibioticoresistenza, rientra anche il problema del loro smaltimento.

Infatti i farmaci,una volta somministrati,non sono completamente assimilati dal corpo umano e vengono rilasciati come tali o come loro metaboliti nelle acque di scarico urbane. Queste sono sottoposte a trattamenti di depurazione che però non sono in grado di rimuovere i farmaci immessi nell’ambiente attraverso lo scarico finale. Farmaci scaduti o non utilizzati vengono spesso smaltiti tramite i rifiuti organici e, attraverso le acque di scarico,sono dispersi nell’ambiente. Epidemie e pandemie contribuiscono al problema perché causano, nelle acque reflue, picchi nelle concentrazioni dei medicinali più usati per le cure. 

Le ripercussioni sugli ecosistemi sono pesanti: ad esempio, pesci di sesso maschile possono manifestare segni di femminilizzazione a causa dei cambiamenti ormonali provocati nel sistema endocrino dalla presenza in acqua degli estrogeni usati nelle pillole contraccettive. 

Il ciclo di vita dei farmaci: dalla produzione  al rilascio nell’ambiente. (©G. Orive et al., Science 2022, 377, 6603, https://doi.org/10.1126/science.abp9554)

Ciò si aggiunge alle già numerose criticità riguardanti gli ecosistemi acquatici, non ultime quelle, come l’aumento dei batteri fecali, dovute ai cambiamenti climatici. Le conoscenze al riguardo sono però limitate perché il problema, oltre a essere non facile da inquadrare e da quantificare, è anche relativamente recente. 

Ne parliamo con Paola Verlicchi, professoressa associata di Ingegneria sanitaria ambientale dell’Università di Ferrara ed esperta di sistemi di trattamento di acque reflue e potabili.

Si trova solo quello che si cerca

 “L’Italia è stata tra i primi Paesi a livello mondiale a segnalare la presenza di farmaci nelle acque, grazie ad uno studio pubblicato nel 2000 su The Lancet dall’Istituto Mario Negri di Milano su campioni di acqua superficiale del Po,Lambro ed Adda – afferma ad Agenda17 -. Tuttavia a livello nazionale la conoscenza della presenza di farmaci è limitata a pochi corpi idrici principalmente in Emilia-Romagna, nell’area milanese e in alcuni punti dell’Arno e del Tevere.” 

In Italia, infatti, si contano pochi gruppi di ricerca impegnati in questi monitoraggi. Le criticità sono numerose e cominciano già dal campionamento, che deve essere rappresentativo e affidabile

La presenza di composti di natura farmaceutica dipende poi dal tasso di consumo dei medicinali, dalle trasformazioni metaboliche a cui possono andare incontro negli organismi, dall’arricchimento o meno dei corpi idrici da parte precipitazioni piovose o nevose che possono diluire i carichi sversati. “Ogni composto – spiega Verlicchi – richiede una metodica e una tecnica analitica per la sua rilevazione. Il livello di rilevabilità cambia a seconda della metodica e dello strumento usato. Ciò significa che se un composto non viene rilevato non vuol dire che non ci sia. Si tratta di analisi molto costose. A differenza degli inquinanti che comunemente vengono ricercati, per la cui rilevazione sono sufficienti qualche decina di euro, nel caso dei farmaci si ricerca la presenza di microinquinanti, presenti in concentrazione dell’ordine del microgrammo per litro o nanogrammo per litro, svariate migliaia di volte più piccole, che necessitano di attrezzature complesse e di personale altamente specializzato in laboratori accreditati e, per questo, i costi possono arrivare a diverse centinaia di euro. Non siamo perciò in grado di conoscere la qualità dell’acqua superficiale sotterranea, in fase di depurazione o di potabilizzazione ovunque, ma solo in alcuni punti e comparti ambientale.”

Paola Verlicchi, docente Unife esperta di trattamento di acque reflue e potabili (©Nowelties – European Joint Doctorate)

Durante la fase più acuta della pandemia, si sono poi registrate difficoltà aggiuntive legate al lockdown. “Con la maggior parte del personale costretto a casa – prosegue la docente- laboratori e centri di ricerca limitavano le analisi ai casi più urgenti. I dati che abbiamo a disposizione di quel periodo sono quelli forniti dagli enti di controllo o dagli enti gestori degli impianti di trattamento. 

Abbiamo inoltre le stime dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali (Osmed) basate sulla spesa periodica per i medicinali per abitante o posto letto e sul consumo negli ospedali. Queste cifre però possono nascondere le quantità reali, perché il costo dei medicinali può variare nel tempo, i dati degli ospedali tengono conto delle richieste alle farmacie ospedaliere, ma non di eventuali accumuli in reparto e, in generale, la dose giornaliera somministrata non corrisponde alla quantità acquistata o richiesta. Sono numeri, cioè, che possono essere affetti da forti incertezze e che per questo vanno trattati con prudenza” 

Al netto di tutte le difficoltà di questo tipo di indagini, tuttavia, si è registrato un picco di consumo di antipiretici e antibiotici durante la pandemia. Inoltre, i microinquinanti dovuti ai farmaci sono ormai presenti nei corpi idrici di tutto il tutto il Mondo.

Le direttive europee ci sono, ma le iniziative dei Paesi scarseggiano

A livello comunitario, l’Unione Europea ha affrontato il problema attraverso la definizione di una Watch List nel 2015, cioè una lista di sostanze da tenere sotto controllo che, a partire dal 2018, viene aggiornata con frequenza biennale. I composti in lista sono monitorati per verificare la loro presenza nei corpi idrici e quantificare la loro pericolosità per gli ecosistemi ambientali. 

“Nella watch list del 2018 e del 2020 sono stati inclusi diversi antibiotici, per la preoccupazione, a livello mondiale, nei confronti del crescente sviluppo di batteri e geni a loro resistenti – prosegue Verlicchi -. Le direttive europee relative alla salvaguardia dei corpi idrici e alla corretta gestione e trattamento delle acque reflue sono in fase di modifiche, sulla base di studi condotti da esperti. A questo proposito, nel 2020-2022, ho fatto parte di un gruppo di lavoro istituito dall’UE, composto da quattordici esperti dei diversi Paesi Europei, per individuare i microinquinanti chiave da tenere sotto controllo nel monitorare le performance degli impianti di trattamento e suggerire eventuali modifiche da apportare a queste infrastrutture, soprattutto in quelle di grandi dimensioni.”

In Europa si contano tuttavia soltanto poche iniziative a livello governativo volte a contrastare il problema dei microinquinanti farmacologici nei corpi idrici. I Paesi Bassi, ad esempio, stanno promuovendo politiche ambientali per uno smaltimento più efficace dei rifiuti farmaceutici e dal 2018 stanno finanziando una campagna di ricerca per sviluppare farmaci più ecosostenibili, mentre la Svezia è impegnata nella ricerca di metodi alternativi di trattamento delle acque reflue. 

“In Italia – spiega la docente – gli impianti di depurazione delle acque reflue devono rispettare standard normativi  fissati dal D. Lgs 152/2006 relativi a molti parametri, spesso chiamati macroinquinanti: sostanze organiche, composti dell’azoto, fosforo, solidi sospesi, oli, grassi, Escherichia Coli, qualche pesticida. Si tratta di sostanze le cui concentrazioni sono molto superiori rispetto a quelle dei microinquinanti. Anche se gli studi dimostrano che gli impianti di depurazione attuali possono parzialmente rimuovere alcuni microinquinanti dalle acque reflue, un’efficace rimozione si ottiene solo con specifiche tecnologie in grado di attaccare, degradare e/o mineralizzare le molecole dei farmaci o di altri microinquinanti di interesse, particolarmente resistenti ai trattamenti.”

Ed è a questo proposito che in Svizzera si è deciso di dotare gli impianti di depurazione con più di 80mila abitanti di end-of-pipe treatments, cioè trattamenti aggiuntivi per la rimozione dalle acque reflue dei microinquinanti più frequenti. Si tratta di processi costosi ma efficaci.

Progetto Unife con fonti rinnovabili

Le tecnologie sperimentali sviluppati finora, come la nanofiltrazione e l’osmosi inversa, prevedono costi di manutenzione molto elevati se applicati alle acque reflue e non sono pertanto implementabili a livello pratico. 

La professoressa Verlicchi e il suo team di esperti stanno studiando  sistemi basati su processi elettrochimici: “si sfrutta – ci spiega – la reattività di molecole instabili come i radicali, in grado di attaccare le molecole da rimuovere senza lasciare prodotti tossici. Così si produce un effluente finale di ottima qualità che può essere avviato anche al riuso diretto per l’agricoltura.” 

Queste tecnologie hanno però lo svantaggio di essere molto energivore. Il suo gruppo di ricerca è perciò al lavoro all’interno del progetto europeo JPI SERPIC (Sustainable Electrochemical Reduction of contaminants of emerging concern and Pathogens in wastewater treatment plants effluent for Irrigation of Crops) per testare una tecnologia basata su processi elettrofotochimici. 

L’apparecchiatura che si sta testando è accoppiata a pannelli fotovoltaici, per ricavare l’energia necessaria al funzionamento in modo del tutto pulito da fonti rinnovabili. La luce solare potrebbe avere anche un ruolo importante in alcuni processi di degradazione osservati nelle molecole più resistenti, anche a causa della loro lunga permanenza nei corpi idrici. “Il progetto è iniziato il 1° settembre 2021 e la apparecchiatura è stata messa a punto a livello pilota e si sta costruendo un impianto dimostrativo che sarà testato presso l’Università UCLM spagnola nel corso dei prossimi due anni. Sulla base dei dati di laboratorio ottenuti, la tecnologia in fase di studio sembra poter rimuovere microinquinanti e batteri antibiotico resistenti e quindi potrebbe risultare un’opzione per trattamenti di affinamento anche in vista di un riuso diretto dell’effluente finale, specie nelle aree aride o con scarsità di acqua” conclude la docente.

(Testo aggiornato il 2/12/2022)

One thought on “Farmaci nelle acque di scarico: in pericolo sistemi ambientali e salute

Più medicinali e inquinamento, mentre tracciamento e smaltimento sono scarsi, secondo Paola Verlicchi di Unife, che guida un innovativo progetto di depurazione con energie rinnovabili

  1. Molti anni fa ad un incontro sollevai il problema dell’inquinamento da farmaci, il docente ordinario..pace all’anima sua, mi guardò con sufficienza e minimizzò il problema.Parlo del 1978.Io gli dissi che come chimico ero preoccupato ed in quel perido mi stavo occupando dell’inquinamento provocato dall’insediamento chimico dell’ACNA a Cengio.Mi stupisco che non sia ancora superato il concetto di concentrazione, si dev intervenire sul quantitativo dei microinquinati che costituiscono il COD non biodegradabile, comunque è troppo tardi…riusciranno a mettere una piccola pezza, troppe t di sostanze raggiungono le acque marine .Apprezzai moltissimo il libro della prof.Verlicchi, purtroppo un ottimo testo che evidenzia un problema trascuratissimo.Lo scarico dei reflui sia ospedalieri sia delle RSA……paragonato solo da laureati in legge assimilabile ad uno scarico domestico.Auguro a tutti voi ricercatori di riuscire ad imporre una svolta nella gestione dei reflui ospedalieri prima dello scarico in fognatura;una ultima considerazione.Dove lavoravo, nel 1975, io aprivo regolarmente le finestre per arieggare ed evitare che il fumo delle sigarette persistesse nella stanza; dicevo sempre che prima o poi qualcuno avrebbe introdotto il divieto di fumare negli ambienti di lavoro, nei ristoranti e nei luoghi di svago.Mi derisero…..dopo molti anni il sogno si avverò-

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *