Bilancio della pandemia: bene la scienza, abbastanza bene i cittadini, insufficienze per la sanità e male la comunicazione A tre anni dall'inizio, dati, analisi e commenti delineano un quadro chiaro. Il contributo di Unife

Bilancio della pandemia: bene la scienza, abbastanza bene i cittadini, insufficienze per la sanità e male la comunicazione

A tre anni dall'inizio, dati, analisi e commenti delineano un quadro chiaro. Il contributo di Unife

È il  23 gennaio 2020 quando 60 milioni di persone nella provincia cinese di Hubei – di cui 11 nella sola città di Wuhan – entrano nel primo rigido lockdown di queste proporzioni nella storia. Un mese dopo,  il  21 febbraio, viene identificato quello che erroneamente sarà il “paziente zero” italiano (un 38enne di Codogno), dopo che a fine gennaio sono  stati riscontrati a Roma due casi di coronavirus in turisti cinesi. Nel giro di pochissimi giorni si arriva a centinaia di casi: è l’inizio della prima ondata per il nostro Paese, a cui si cerca di porre rimedio con il lockdown nazionale a partire da domenica 8 marzo. Il virus si diffonde rapidamente e in un territorio sempre più vasto. L’epidemia è in gran parte fuori controllo, e  l’11 marzo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) decide di dichiarare lo stato di pandemia.

Meno di un mese dopo, il 2 aprile, nasce “Laboratori Aperti” il web giornale di comunicazione scientifica su Covid-19 realizzato dal Laboratorio DOS- Design Of Science dell’Università di Ferrara per “per aiutare i cittadini ad affrontare insieme i problemi imposti dalla pandemia”. Da una parte il giornale dà spazio alla voce diretta degli studenti con la rubrica quotidiana “Vita da studenti”, dall’altra seleziona e presenta le conoscenze scientifiche che si vengono organizzando a livello internazionale e i contributi di tanti docenti dell’Università di Ferrara, impegnati  da subito in diversi settori di ricerca, da quello medico ed epidemiologico alle scienze umane, da architettura a giurisprudenza, dalle scienze della vita a economia.

Quel lavoro iniziato allora è confluito e si è ulteriormente allargato dall’aprile del 2021 con la pubblicazione di Agenda17  il web magazine  del Laboratorio DOS dedicato all’ Agenda 2030 dell’Onu, che all’Obiettivo 3 indica “assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”.

Ora che la pandemia da Sars-Cov2 sembra essere sotto controllo (in settembre, il direttore dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, aveva affermato che “si intravede la fine della pandemia”) è utile cominciare un primo bilancio. Ci servirà per il futuro: questa non è stata la prima zoonosi di questi anni, e sempre l’Oms allerta che non sarà l’ultima.

Bene la scienza

Dal punto di vista puramente scientifico è stata certamente una grande prova di efficienza dell’apparato di ricerca e della capacità di portare i risultati a livello operativo. In un tempo molto breve, rispetto al passato, sono stati approntati vaccini in grado di affrontare il nuovo virus, limitando la gravità e letalità della malattia, se non la sua diffusione. E per alcuni vaccini – quelli che utilizzano molecole di mRNA (acido ribonucleico messaggero) – , si è trattato di vere proprie innovazioni.  

Anche sull’efficacia dei vaccini – particolare attenzione era posta proprio a quelli “nuovi” con tecnologia mRNA – la ricerca ha dato velocemente risposte solide.

Nei primi mesi del 2022, l’Istituto superiore di sanità (Iss) era in grado di certificare che nel 2021 la campagna vaccinale ha permesso di evitare circa 8 milioni di casi, oltre 500mila ospedalizzazioni, più di 55mila ricoveri in terapia intensiva e circa 150mila decessi.

Nella primavera del 2022, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha quantificato la scarsa rilevanza degli effetti collaterali dei vaccini anti Covid-19, tema divenuto fondamentale per i cittadini, anche in seguito all’accendersi sui media di un dibattito che spesso nulla ha avuto di scientifico.

Più difficile è stato inquadrare il fenomeno del Long Covid (le conseguenze persistenti, sfuggenti e molto diversificate: sono stati individuati fino a 115 sintomi dell’infezione). Ma molti progetti di ricerca hanno cominciato a dare risposte.

Un aspetto molto interessante è stata la numerosità e varietà dei progetti di ricerca per trovare un vaccino efficace. Da una parte dimostra lo sforzo eccezionale che è stato fatto da molti Paesi per giungere presto a buoni risultati, dall’altro testimonia come la ricerca scientifica, anche in casi come questi, finisca per intrecciarsi con complesse vicende geopolitiche. Noi abbiamo seguito i casi del vaccino russo SputnikV e di quello cubano Soberana. 

SputnikV (vaccino “tradizionale” che utilizza due vettori virali differenti) dopo una fase di ricerca internazionale nel 2021, che ha coinvolto anche il nostro ateneo, ha conosciuto un iter di approvazione molto travagliato, ma è stato adottato da molti Paesi extraeuropei, non senza polemiche politiche e scientifiche.

Il caso del vaccino cubano  Soberana è interessante perché si tratta di un caso di “autarchia” che ha funzionato dal punto di vista scientifico (potrebbe addirittura essere  il primo prodotto in Italia) e, poiché sviluppato sulla base di un precedente vaccino pediatrico testato per la sua efficacia e sicurezza, è stato accolto con fiducia, limitando così i casi di esitazione vaccinale soprattutto dei genitori.

Insufficienze per la sanità

La qualità dei risultati scientifici non è sempre andata di pari passo con una buona gestione delle strutture sanitarie. Dal punto di vista dell’Obiettivo 3 dell’Agenda Onu (“assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”) la questione centrale è stata la distribuzione delle risorse che è stata fortemente squilibrata comportando non solo l’esclusione dalla vaccinazione di moltissime persone nel Sud del Mondo ma anche il pericolo dell’insorgenza di nuove e più letali varianti del virus dovute alla su ampia circolazione. 

Già nei primi mesi del 2021 era chiaro che c’erano troppi ostacoli per l’accesso universale ai vaccini, con il risultato che venivano esclusi i deboli dei Paesi ricchi e i Paesi poveri. Cominciò a circolare la proposta del blocco ei brevetti delle case farmaceutiche.

Nel luglio del 2021, un articolo pubblicato su Nature Medicine dimostra che i Paesi più poveri, dove si sta ritardando con le somministrazioni, possono dare impulso alla vaccinazione su scala mondiale. Qui infatti la disponibilità a vaccinarsi da parte della popolazione è notevolmente maggiore rispetto ai Paesi con reddito medio-alto e grazie al loro contributo si potrebbe bloccare la progressione dell’epidemia.

Nell’agosto dello stesso anno  la rivista Nature si schiera con l’Oms per sospendere la terza dose nei Paesi ricchi e vaccinare prima i Paesi poveri. La proposta farà molto discutere, anche perché la scarsità di dosi non è il solo problema, ma è sintomatica dell’urgenza della questione.

Un anno dopo, settembre del 2022, è ormai chiaro che  la strategia globale per fermare la pandemia con un accesso equo alle cure è fallita. Si rischiano nuove varianti in tutto il Mondo poiché non si sono vaccinati i Paesi poveri.

Le conclusioni le tira a fine anno The Lancet, che  con una commissione (Lancet Commission), guidata di Jeffrey Sachs, economista ed esperto di politiche pubbliche della Columbia University di New York City, pubblica il rapporto “Lezioni per il futuro dalla pandemia di Covid-19”. La commissione rileva milioni di morti e gravi responsabilità dei Governi e dell’Oms, che va riformata e segnala la mancata la “prosocialità”: l’azione dei Governi per i bisogni dell’intera società umana. Da qui, afferma, bisognerà ripartire per il futuro.

Per fortuna qualche iniziativa positiva si registra. Restringendo l’attenzione al nostro Paese si segnalano casi come quelli per venire incontro ai problemi delle 50mila persone povere e senza tetto che spesso non non hanno accesso al Servizio sanitario nazionale.

Abbastanza bene i cittadini

Un largo spazio si è dato in questi anni di pandemia al fenomeno novax  e quello dell’esitazione vaccinale in un contesto di crescente sfiducia nella scienza. Molti dati e ricerche segnalano però che il fenomeno è stato sovrastimato, perlomeno rispetto alla rappresentazione mediatica che ne è stata esibita e all’utilizzo politico che ne è stato fatto.

A metà del 2022, secondo i dati raccolti da diversi istituti di ricerca, mai come durante Covid-19, i rapporti di fiducia sono stati messi a dura prova. Eppure, nel Mondo, i cittadini hanno rafforzato la loro fiducia nella ricerca scientifica, nelle istituzioni di ricerca e negli scienziati. Anche nel nostro Paese il responso è largamente positivo, sovvertendo i commenti di numerosi osservatori e le discussioni che imperversano nei media a proposito della fiducia pubblica nella ricerca scientifica e negli scienziati.

Anche l’Eurobarometro registra per due anni consecutivi atteggiamenti ampiamente favorevoli dei cittadini dell’Unione nei confronti della vaccinazione e della strategia di vaccinazione messa in atto: l’82% degli europei intervistati, infatti, ha dichiarato di essere a favore della vaccinazione. Resta una minoranza di irriducibili, significativa soprattutto nei Paesi dell’Est.

Male la comunicazione

A lungo si è parlato di infodemia come di un  nefasto corollario della pandemia. Effettivamente, non solo ci sono stati stato un volontario sovraccarico di informazioni contrastanti – spesso politicamente gonfiate – e un’eccessiva esposizione mediatica di “esperti” in conflitto fra loro, ma, ed è la cosa che più ci interessa dal punto di vista dell’Agenda  Onu, la comunicazione ha spesso fallito nel portare tutti ad accettare con serenità le cure disponibili, in primis i vaccini.

Eppure è nota da tempo la diffidenza verso i vaccini:  dal primo vaccino contro il vaiolo agli attuali  per Covid-19, è da più di tre secoli che l’umanità esita di fronte a questa forma di prevenzione. Ma non si tratta di pura ignoranza: bisogna analizzare diversi fattori che variano per i diversi Paesi e che non coincidono affatto con la parte meno informata e istruita della popolazione. 
Già nel 2021 autorevoli studi internazionali avevano rilevato che ci sono motivazioni frequenti per spiegare l’esitazione che bisogna conoscere per intervenire efficacemente. L’esitazione vaccinale si combatte con investimenti in umanità, cultura e consulenza capillare e non assumendo un atteggiamento paternalistico o di disprezzo. Invece, come rileva una recente indagine dell’Università di Ferrara concentrata soprattutto sull’esitazione per la dose booster, abbiamo assistito a una comunicazione confusa, che impone di ripensare il modello comunicativo in molti ambiti della società della conoscenza, anche al di là della pandemia.

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