Responsabilizzare le piattaforme online: l’Europa ci prova con il Digital Services Act Per Fioravanti di Unife le nuove regole sono un passo decisivo per imporre alle big tech la protezione degli utenti. Ora bisogna applicarle

Responsabilizzare le piattaforme online: l’Europa ci prova con il Digital Services Act

Per Fioravanti di Unife le nuove regole sono un passo decisivo per imporre alle big tech la protezione degli utenti. Ora bisogna applicarle

“Con il Digital Services Act recentemente approvato in sede europea si compie un altro passo decisivo verso il rafforzamento della protezione degli utenti in rete. Si tratta infatti di un modello per regolare i servizi digitali, che agiscono come intermediari tra i cittadini europei e i prodotti, contenuti o servizi offerti attraverso la rete.” È quanto dichiara ad Agenda17 Cristiana Fioravanti, docente di Diritto dell’Unione europea presso l’Università di Ferrara.

Il Digital Services Act (DSA) è il nuovo accordo europeo contro i contenuti illegali e nocivi online. L’obiettivo è responsabilizzare le piattaforme e tutelare l’utente digitale, riequilibrando il rapporto in chiave di trasparenza, privacy e protezione dei dati.

La nuova intesa raggiunta fra Consiglio e Parlamento europeo apre la strada all’approvazione di un più ampio pacchetto legislativo, la cui proposta era stata presentata a dicembre 2020 dalla Commissione per estendere le discipline del diritto commerciale e civile alle piattaforme online

Cristiana Fioravanti, docente di diritto dell’Unione europea presso l’Università di Ferrara (foto di Maria Grazia Campantico)

“Si tratta – prosegue Fioravanti – di un regolamento difensivo nei confronti del cittadino digitale e che, allo stesso tempo, favorisce l’innovazione. Lo scopo è garantire una migliore tutela di chi utilizza Internet e i social, grazie a nuovi standard cui dovranno adeguarsi le piattaforme online assumendosi precise responsabilità. Stiamo parlando dei colossi che dominano l’economia in rete quali Facebook, Twitter e Google e Tik Tok. L’obiettivo è contrastare la pubblicazione di contenuti illegali e dannosi, ovvero la disinformazione, imponendo alle big tech l’obbligo di vigilare con maggior attenzione sui contenuti pubblicati dagli utenti e rendendo più agevole segnalare problemi per aiutare le autorità a punire l’inosservanza delle norme.

La norma inserisce infatti per le big tech l’obbligo di valutare i rischi che i loro sistemi possono comportare: non solo contenuti e prodotti illegali, ma anche proteggere l’integrità dei loro servizi dall’uso di tecniche manipolative. Alle grandi piattaforme e ai motori di ricerca sarà richiesto di condurre autonomamente analisi dei rischi associati alla diffusione di contenuti illegali e all’impatto su diritti fondamentali, processi democratici, sicurezza pubblica, violenza di genere e verso i minori e salute fisica e mentale degli utenti.”

Il DSA sarà applicato a tutti gli intermediari online operanti in Europa, come i prestatori di servizi di hosting, motori di ricerca, piattaforme e mercati online, introducendo obblighi graduati in base alla natura dei servizi e commisurati al numero degli utilizzatori, al fine di bilanciare la tutela degli utenti con le esigenze del mercato e dell’innovazione.

Controllare identità, contraffazione e contenuti illegali per tutelare utenti e cittadini

Tra gli obblighi introdotti per tutti i siti di vendita online ci sarà il preventivo tracciamento dei fornitori con verifica dell’identità, per intercettare rapidamente merci contraffatte e contenuti illegali, con conseguente immediato obbligo di rimozione.

Per piattaforme e motori di ricerca di rilevanti dimensioni arrivano poi obblighi rigorosi come il divieto di ricorrere a dark pattern (interfacce) e pratiche ingannevoli, per contrastare la manipolazione delle azioni degli utenti del web, senza più spingerli a fare cose indesiderate, a garanzia di una maggiore tutela della privacy e protezione dei dati. In altre parole, divieto di usare tecniche come quella di propinare agli utenti oggetti o servizi sulla base di algoritmi che studiano il comportamento umano e i suoi gusti/esigenze a seconda dei click fatti.

“L’uso di tecnologie biometriche per il riconoscimento facciale, la possibilità di introdurre ulteriori restrizioni sull’uso di algoritmi per la sorveglianza in luoghi pubblici e l’identificazione digitale – sostiene Fioravanti – sono di fatto sistemi di sorveglianza per individuare persone sospettate di aver commesso un crimine. Per evitare l’incertezza legale, sarà importante allineare il DSA con il Regolamento generale sulla protezione dei dati (General Data Protection Regulation, GDPR) del 2016.”

Gli obblighi di trasparenza permetteranno anche a ricercatori, associazioni e Organizzazioni non governative che si occupano di diritti fondamentali nell’era digitale di esercitare maggiore vigilanza, per garantire che i diritti dei loro utenti siano debitamente protetti con regole chiare sull’uso dei loro dati.

Per le big tech che non rispetteranno le disposizioni previste sanzioni fino al 6% del giro d’affari annuo globale, con il rischio di divieto di operare nel mercato europeo. In particolare, le grandi aziende saranno chiamate a rispettare il regolamento non appena entrerà in vigore, al più tardi il 1 gennaio 2024, mentre per le realtà più piccole è prevista una dilazione.

Garantire ora l’applicazione del regolamento, soprattutto per tutelare i minori

Se da un lato viene richiesta una maggiore responsabilità alle big tech, offrendo così all’utente e consumatore in rete una maggiore forma di tutela, con un’Europa che si dimostra leader della regolamentazione digitale a tutto tondo, dall’altro resta un punto critico: tutto ciò sarà infatti possibile solo con un’efficace attuazione della regolamentazione.

“Ai legislatori dell’Unione – conclude Fioravanti – spetta ora il compito di completare l’iter di approvazione della nuova disciplina europea, soprattutto per assicurare una migliore tutela dei minori. Le piattaforme accessibili ai minori, infatti, dovranno mettere in atto speciali misure di protezione e sarà vietata la pubblicità mirata basata sull’uso dei loro dati personali. Ciò in linea anche con l’azione al contrasto alla condivisione non consensuale di immagini pornografiche o sessualmente esplicite a scopo vendicativo (revenge porn), con la previsione della rimozione immediata di tali contenuti.”

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