La didattica online piace agli studenti. Se di qualità e integrata con la presenza I risultati di una ricerca Unife smentiscono alcune voci di stampa

La didattica online piace agli studenti. Se di qualità e integrata con la presenza

I risultati di una ricerca Unife smentiscono alcune voci di stampa

All’Università di Ferrara il modello di didattica online che si è affermato dopo il lockdown – ma già oggetto di precedenti originali sperimentazioni didattiche – è quello cosiddetto blended: l’integrazione fra lezioni in aula e diverse modalità di insegnamento in Rete. È un modello che piace alla grande maggioranza degli studenti, come segnalano i risultati di un’indagine empirica condotta all’inizio dell’anno accademico in corso da Marco Pedroni – docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi a Unife – su un campione di studenti frequentanti il Dipartimento studi umanistici.

Due terzi degli studenti sono soddisfatti

Gli studenti coinvolti nell’indagine sono i 392 iscritti al corso di Sociologia dei processi culturali, che figura nel piano di studi dei corsi di laurea in Scienze e tecnologie della comunicazione e Manager degli itinerari culturali del Dipartimento di studi umanistici, e un piccolo numero di studenti di altri corsi di laurea dell’ateneo. Le domande non riguardavano il solo corso di Sociologia dei processi culturali, ma tutti i corsi frequentati al momento dell’indagine.

Il modello blended attuato dal Dipartimento di studi umanistici per le lauree triennali si articola in un incontro di approfondimento o una lezione in presenza alla settimana, da trasmettere anche in streaming, e il resto delle lezioni erogato da remoto.

Dei 145 rispondenti al questionario, somministrato alla fine di ottobre, due terzi (66,9%) ha dichiarato soddisfazione o forte soddisfazione per la didattica mista, mentre solamente uno studente su sei si dichiara insoddisfatto o fortemente insoddisfatto e un altro su sei si dichiara né soddisfatto né insoddisfatto.

Le esigenze degli studenti. Le loro voci e quelle della stampa

L’indagine ha preso il via anche per capire le rimostranze per la didattica a distanza espresse pubblicamente da alcuni studenti all’inizio dell’anno accademico in corso, rimostranze riprese dalla stampa, soprattutto in un lungo articolo del giornale online Il Post.

Marco Luca Pedroni, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Ferrara (©unife.it)

Il Post, viene ricordato nella presentazione della ricerca, ha denunciato “l’eccesso di lezioni online e di prudenza da parte dellAteneo, a fronte di un corpo studentesco che chiede, inascoltato, di tornare alle lezioni in presenza”. “Le lezioni sono registrate – affermava il quotidiano digitale – e gli incontri con i docenti rari: finora le proteste delle associazioni studentesche non sono state ascoltate”.

“Proprio mentre l’articolo de Il Post veniva pubblicato – afferma Pedroni nella presentazione – la mia classe di Sociologia dei processi culturali era impegnata in una riflessione sulla didattica online come oggetto culturale. Chi produce la didattica online e con quali obiettivi? In quale contesto e con quali significati sociali? Come viene recepita dai suoi destinatari?

In questo contesto è nata un’indagine empirica per comprendere le pratiche di ricezione della didattica online presso gli studenti Unife.”

Insomma, si è attivato un “doveroso atto di ascolto” delle opinioni degli studenti rilanciate dalla stampa per “cogliere la complessità delle loro esigenze didattiche post-pandemiche”, per cercare di approfondire, al di là delle voci della cronaca, la situazione complessiva. All’allarme lanciato, come suo compito, dai media, devono seguire l’analisi delle istituzioni e la ricerca scientifica.

L’obiettivo è quello – fondamentale per un’istituzione di ricerca – di “sfuggire alla dicotomia tra una celebrazione acritica degli strumenti digitali e un ritorno alla normalità pre-Covid che non tenga conto dei mutamenti sociali intervenuti in questi ultimi due anni.”

L’indagine sul campo consente di capire un risultato sorprendente

I risultati, come abbiamo visto, sono dissonanti rispetto alla rappresentazione mediatica, ma soprattutto consentono di indagare a fondo i motivi di soddisfazione e insoddisfazione e capire da cosa sono determinati.

La prima e più significativa variabile di cui tener conto è la distinzione fra chi studia solamente e chi affianca un’attività lavorativa allo studio. Quattro studenti su dieci (41,7%) si trovano nella condizione di dover lavorare e studiare contemporaneamente

Le ragioni di soddisfazione

Essere studenti a tempo pieno o lavorare contemporaneamente allo studio influisce significativamente sulle motivazioni di soddisfazioni per la didattica blended. 

Gli studenti lavoratori la approvano perché la vedono anzitutto come un elemento di attenuazione dello svantaggio dovuto all’impegno lavorativo. Le motivazioni di soddisfazione indicate sono: “Attenuazione o cancellazione della differenza tra frequentanti e non frequentanti”, “Migliore gestione dei permessi di lavoro, necessari solo per lezioni in aula” e “Conciliazione di studio, lavoro e famiglia”. In alcuni casi, addirittura, “Didattica online come incentivo o fattore dirimente per l’iscrizione all’università”.

Fra chi studia solamente, le motivazioni di soddisfazione sono significativamente diverse. Ma anche in questo caso indicano che l’online dà un contributo rilevante ad affrontare situazioni di difficoltà. Fra queste “Conciliazione di studio e vita privata per studenti pendolari”, “Riduzione dei costi di viaggio o soggiorno”, “Maggiore inclusività (studenti con difficoltà relazionali)”, “Migliori risultati di apprendimento per studenti con Disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa)”. 

Le ultime due motivazioni – peraltro già segnalate da altre fonti – contraddicono l’idea comune secondo cui proprio gli studenti con difficoltà sarebbero particolarmente penalizzati dalla didattica a distanza, e meritano un adeguato approfondimento.

Altre motivazioni sono invece più strettamente legate alla didattica, ma anche queste segnalano elementi interessanti, non legati alla condizione pandemica, di cui tener conto in maniera strutturale per una migliore efficacia del percorso formativo: “Possibilità di rivedere le lezioni”, “Più tempo per studiare”, “Possibilità di seguire le lezioni in orari scomodi (prima mattina/tardo pomeriggio”.

Le ragioni di insoddisfazione

Il primo elemento interessante è che le motivazioni di insoddisfazione non vedono la differenza del caso precedente  tra studenti a tempo pieno e studenti lavoratori. Questi ultimi risultano largamente favorevoli alla didattica mista. 

Fra le ragioni di insoddisfazione alcune sono quelle fondamentali, legate ai rapporti interpersonali, e che dovrebbero essere attentamente considerate per calibrare una miscela blended efficace. “Riduzione dei rapporti sociali (tra studenti; tra studenti e professori)”, “Una parte dei corsi prevede solo materiali videoregistrati e non lo streaming, indispensabile per il confronto”, “Impossibilità di vivere la vita universitaria (mancata occasione di crescita personale)”.

Altre ragioni di  insoddisfazione chiamano invece direttamente in causa la capacità dell’ateneo di offrire la parte della didattica erogata online a un livello qualitativo tale da non pregiudicarne le potenzialità: “Inadeguatezza di alcuni docenti”, “Scarsa attenzione di alcuni docenti agli studenti collegati da casa durante le lezioni blended”, ”Mancata regolarità (in alcuni corsi) nella pubblicazione dei materiali online”, “Basso numero di lezioni in presenza (nel quadro di un’alternanza presenza/online comunque apprezzata)” e “Uso di molteplici piattaforme (Moodle, Classroom)”.

Dati confermati

Alfredo Alietti, docente di Sociologia urbana presso l’Università di Ferrara (©unife.it)

L’indagine condotta da Pedroni finisce per confermare e approfondire alcuni aspetti di un altro lavoro di ricerca condotto nello stesso Dipartimento dal sociologo Alfredo Alietti nella primavera di quest’anno.

A questa rilevazione avevano risposto circa 600 studenti del Dipartimento di studi umanistici, e di loro otto su dieci (81,6%) assegnano la sufficienza alla qualità delle lezioni online, con quasi la metà (42,4%) che esprimono una votazione uguale o superiore a otto punti su dieci.

Se si allarga il giudizio a tutta la qualità dell’esperienza della didattica online, al di là del sole lezioni, il giudizio resta ampiamente positivo. Sette intervistati su dieci (71,4%) assegnano la sufficienza all’online, e quattro su dieci (39,1%) esprimono una votazione uguale o superiore a otto punti su dieci.

Infine – ed è il dato sicuramente più interessante perché consente di uscire dalla visione emergenziale del problema – solamente due studenti su dieci (22,2%) dichiarano di voler tornare solamente in aula con il docente, mentre un terzo vorrebbe continuare l’online come integrazione alle lezioni in presenza, e il gruppo più numeroso (40,5%) si dichiara assolutamente favorevole all’online come sperimentato nell’anno di blocco.

Una contrapposizione fuorviante, fare dell’e-learning una risorsa di qualità

“Nell’indagine – concludono i ricercatori del lavoro condotto da Pedroni – risultano complessivamente minoritari gli incondizionati entusiasmi così come le nette condanne della didattica online.” 

In molte delle risposte fornite alle domande aperte, che consentono di cogliere meglio alcuni aspetti qualitativi, gli studenti che vorrebbero tornare in presenza riconoscono comunque l’utilità dei materiali online quale strumento di consolidamento dell’esperienza di studio, e l’esistenza di un’ampia quota di compagni di corso, lavoratori e fuori sede, che possono beneficiare della didattica da remoto.

Parimenti, negli studenti lavoratori e fuori sede che apprezzano la didattica online è chiara la percezione della insostituibilità della lezione in presenza a livello relazionale.

“Emerge, in sintesi – concludono gli autori – ,  l’auspicio del ritorno ai corsi in presenza senza la cancellazione di quanto di positivo ha da offrire la didattica online e la necessità di superare la sterile contrapposizione, alimentata dalle rappresentazioni mediatiche, tra fautori e detrattori della didattica online e del modello blended.” Senza dimenticare che “pur nel quadro di un apprezzamento maggioritario della didattica online di Unife, gli studenti lamentano in alcuni casi la riproposizione di lezioni videoregistrate durante il precedente anno accademico e la scarsa attenzione di alcuni docenti a chi è connesso da remoto durante le lezioni in aula trasmesse contemporaneamente in streaming.”


Sono questi, per altro, i temi del dibattito che abbiamo alimentato per molti mesi sulla rubrica “Università – L’anno che verrà” del webmagazine Laboratori Aperti, ospitando interventi di docenti, ricercatori e studenti e auspicando di fare dell’e-learning una risorsa di qualità.

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