Haiti: crisi ambientale e umanitaria in uno dei Paesi più poveri del mondo Ma più delle catastrofi naturali la colpa è delle diseguaglianze sociali e dell’instabilità e violenza politica

Haiti: crisi ambientale e umanitaria in uno dei Paesi più poveri del mondo

Ma più delle catastrofi naturali la colpa è delle diseguaglianze sociali e dell’instabilità e violenza politica

A pochi giorni dal terremoto che ha colpito Haiti lo scorso 14 agosto, una tempesta tropicale si è abbattuta su vaste zone del Paese impedendo le già difficili operazioni di ricerca dei sopravvissuti. 

A causa delle scarse osservazioni meteorologiche nel Paese, non si sa quanta pioggia sia caduta, ma secondo i meteorologi Jeff Masters e Bob Henson della Yale Climate Connections le precipitazioni hanno raggiunto in molti luoghi almeno otto centimetri.

Quello che è certo è che le piogge della tempesta tropicale hanno favorito ulteriori frane, già numerose per effetto del terremoto, causando l’interruzione di alcune delle principali vie di comunicazione.

Si stima che siano almeno 650mila le persone, molte delle quali bambini, senza riparo contro le intemperie né accesso a cibo, acqua potabile e assistenza sanitaria, mentre cresce il rischio di possibili epidemie.

Il recente terremoto di magnitudo 7.2 ha colpito circa 1,2 milioni di persone, compresi 540mila bambini. Secondo la Protezione civile quasi 60mila abitazioni sono andate distrutte, mentre si contano almeno 2.500 vittime e oltre 12mila feriti, numeri purtroppo destinati a crescere.  

I soccorsi e la risposta umanitaria sono resi difficili, oltre che dal contesto ambientale devastato che ha reso impraticabili strade e fatto crollare ponti, dalla violenza criminale di gang che controllano le principali vie d’accesso alla capitale Port-au-Prince.

Haiti, che non si è ancora risollevata dal terremoto del 2010 che aveva causato 230mila morti e 220mila feriti, è collocata in una posizione che la espone a rischio di tempeste tropicali e terremoti. 

Ma il vero problema del Paese è che all’elevato rischio naturale si somma una drammatica situazione di diseguaglianza sociale e instabilità politica che amplifica e moltiplica i disastri naturali.

Un terremoto di magnitudo 7 ha distrutto gran parte di Port-au-Prince, la capitale, e ha devastato il Paese. Il bilancio stimato è di 300mila vittime. (© Damon Winter/The New York Times)

Le radici della diseguaglianza 

Secondo Marlene Daut, dell’Università della Virginia, la diseguaglianza economica di Haiti nasce dal colonialismo francese. “Dopo un periodo di sfruttamento delle materie prime e del lavoro durante il periodo coloniale – afferma la studiosa -, in seguito alla rivoluzione haitiana, i francesi hanno chiesto agli abitanti della ex colonia una somma equivalente a ventuno miliardi di dollari per mantenere la loro libertà. Essendo un Paese di nuova formazione e non riconosciuto, il rimborso ai francesi l’ha lasciato indebitato e incapace di fornire i servizi sociali necessari ai suoi cittadini.”

Sempre secondo l’autrice, mentre nella Francia metropolitana il 14,1% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, in Martinica e Guadalupa, dove oltre l’80% della popolazione è di origine africana, i tassi di povertà sono rispettivamente del 38% e del 46%, e ad Haiti si raggiunge il 59%. Inoltre, mentre il reddito medio annuo di una famiglia francese è di 31.112 dollari, è solo di 450 dollari per una famiglia haitiana. 

Le misure della diseguaglianza 

L’Indice di sviluppo umano (Isu) è un indice dello sviluppo dei vari Paesi calcolato tenendo conto dei tassi di speranza di vita, di istruzione e del reddito nazionale lordo pro capite. Per l’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) è divenuto uno strumento standard per misurare il benessere di un Paese. 

Nel 2018, con un punteggio di 0,498, Haiti si è classificata secondo questo indice al 168° posto su 189 (nel 2020 era al 170 posto su 187). Nonostante i notevoli miglioramenti di alcuni indicatori di sviluppo tra il 1990 e il 2017, compreso un aumento di nove anni dell’aspettativa di vita alla nascita, i progressi sono sostanzialmente stagnanti dal 2015.

Haiti è anche tra i Paesi più diseguali al Mondo: quando le disuguaglianze nell’istruzione, nel reddito e la salute vengono prese in considerazione, il punteggio dell’indice di sviluppo umano corretto scende a 0,304 su cui pesano notevoli disparità di genere nella sfera pubblica e privata.

Secondo l’indice di Gini, che misura la deviazione della distribuzione del reddito all’interno del Paese (con il valore 0 che indica nessuna disuguaglianza e 100 la massima) Haiti nel 2017 aveva un coefficiente di Gini di 41,1 in  miglioramento rispetto al 60,8 del 2015  (nello stesso anno l’indice italiano era 35,4).

Con tutto ciò, ad Haiti la disponibilità di cibo sicuro e in quantità adeguata rappresenta una sfida, come ricorda il World Food Programme delle Nazioni unite (WFP). Ad Haiti dal 2009 la produzione agricola è diminuita in modo tale da non soddisfare la domanda interna, il che significa che l’approvvigionamento alimentare dipende dalle importazioni. 

La sicurezza alimentare e la nutrizione sono influenzate negativamente da povertà diffusa, mezzi di sussistenza insostenibili, vulnerabilità a fattori di stress quali la pandemia, disastri ambientali, eventi climatici, prezzi alimentari elevati causati da elevati costi di produzione e importazione, programmi sociali insufficienti. 

Forze delle Nazioni unite fanno la guardia mentre i residenti aspettano cibo e cure a Hinche, 2008 (©Eduardo Munoz/Reuters)

In tale contesto il gruppo più debole è costituito da circa 100mila bambini “invisibili”: secondo le stime riportate dal Fondo delle Nazioni unite per l’infanzia (Unicef) ad Haiti il 19% dei minori non è registrato all’anagrafe civile. Ciò impedisce loro di godere dei diritti fondamentali e aumenta i rischi di violenza, abuso abbandono e sfruttamento.

Petion-Ville è una rappresentazione visiva delle disuguaglianze di Haiti. Vi abitano molte famiglie di ceto medio-alto. Ci sono anche molte fiorenti attività commerciali e hotel. Ma dietro il centro, in montagna, dilaga uno dei più grandi slum dell’isola.

Pètion-Ville si erge su una collina che sovrasta il resto miserabile della città (© @Ig_haiti)

Instabilità e violenza politica

Il Paese soffre anche di una storica instabilità e violenza politica rese ancor più drammatiche dall’uccisione, lo scorso 7 luglio, del presidente Moise. In un clima di generale insicurezza e violenze si è consumata anche la pandemia, che solo recentemente, da luglio, ha potuto contare sull’accesso al vaccino anti Covid-19 e in misura minima, se si considera che a fine agosto sono appena 26.058 le dosi somministrate (0,2 % della popolazione) e appena 3.360 le persone che hanno completato il ciclo vaccinale. 

Haiti ha sofferto e soffrirà anche delle conseguenze economiche della pandemia. In occasione del Word Economic Forum 2021 Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International, ha dichiarato: “Il virus della disuguaglianza porterà a un aumento esponenziale delle disuguaglianze, come mai prima d’ora. Una distanza tanto profonda tra ricchi e poveri da rivelarsi più letale del virus stesso. Mentre un’élite di pochi miliardari ha tratto enormi profitti dalla pandemia, le piccole e medie attività stentano a resistere, e sempre più persone perdono il lavoro, finendo in povertà.”

A fronte dell’urgenza di supportare l’obiettivo di sviluppo sostenibile 2 (sconfiggere la fame) il WFP delle Nazioni unite ha previsto un piano dedicato, l’Haiti Country Strategic Plan (2019 – 2023, che si pone l’obiettivo di delineare politiche e strategie nazionali aggiornate per la sovranità alimentare, la sicurezza alimentare e la nutrizione, con la finalità di perseguire per Haiti l’obiettivo di sviluppo sostenibile “fame zero”. 

Il WFP fornisce assistenza alimentare nelle emergenze e lavora con le comunità per migliorarne la nutrizione e promuoverne la resilienza (©World Food Programm on Twitter)

Si tratta di un piano strategico concentrato su sei risultati strategici complementari: fornire assistenza diretta alle popolazioni colpite da crisi e cronicamente vulnerabili (risultati strategici 1 e 2); rafforzare l’accesso dei piccoli proprietari ai mercati istituzionali e costruire la loro resilienza e capacità di gestire i rischi legati al clima (risultati strategici 3 e 4); sostenere le istituzioni nazionali e i partner nel loro lavoro verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, in particolare l’obiettivo di sviluppo sostenibile 2 (risultati strategici 5 e 6). 

L’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne sono questioni trasversali in tutto il Country Strategic Plan (CSP), che ha puntato sulla capacità operativa delle associazioni umanitarie presenti sul territorio auspicando una partnership a livello tecnico e politico con i ministeri principali. A seguito della pandemia di Covid-19, il WFP ha provveduto a una revisione della risposta alle crisi del piano strategico prevedendo un corrispondente aumento del budget. Oltre all’aumento del numero complessivo dei beneficiari, particolare attenzione verrà riservata all’infanzia, alle famiglie vulnerabili, alle donne in gravidanza e allattamento. Saranno altresì promosse l’educazione alimentare e l’uguaglianza di genere tra i beneficiari, e previsto il sostegno al Ministero degli affari sociali e del lavoro per costruire la loro capacità istituzionale a lungo termine.

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