L’intelligenza delle piante: il bello dell’antispecismo. Al MUSE di Trento un progetto per ripensare l’Antropocene “Postnatural gardening: pratiche ecologiche per una cura interspecie” a cura di Alice Labor

L’intelligenza delle piante: il bello dell’antispecismo. Al MUSE di Trento un progetto per ripensare l’Antropocene

“Postnatural gardening: pratiche ecologiche per una cura interspecie” a cura di Alice Labor

Dal 9 marzo al 28 aprile 2024 l’Agorà del Museo di scienze naturali (MUSE) di Trento ospita il progetto “Postnatural gardening”, uno spazio di idee, letture e laboratori nato dalla volontà dei curatori della mostra e dei ricercatori MUSE di ridare un significato a termini scientifici e comuni con i quali ci relazioniamo al mondo vegetale. A partire da un programma di profonda riflessione sull’Antropocene, che tenta di rispondere alle crisi dell’epoca di transizione in cui viviamo, il progetto si propone di far incontrare più prospettive, sguardi diversi che spaziano dagli scienziati e botanici a critici d’arte e filosofi.  

Postnatural gardening. Ecological practises for interspecies care, exhibition view at MUSE, Trento 2024. (©MUSE – Science Museum. Photo Michele Purin)

Il focus è la botanica, tema che viene sviscerato principalmente tramite la creazione di un glossario al cui interno sono inserite parole e significati di azioni attraverso le quali ci prendiamo cura delle piante, come “trapiantare”, e di aggettivi a esse associate, come “invasive”. 

Antispecismo allargato al mondo vegetale 

Il fine è mettere in discussione il punto di vista antropocentrico cambiando narrazioni e classificazioni spesso obsolete e tassonomie strettamente accademiche. Il disclaimer viene dichiarato esplicitamente e fa riferimento a una vera e propria contrattazione di compromessi nel linguaggio utilizzato nell’esposizione, anche a rischio di portare a spaesamento i visitatori, gli scienziati e chi si occupa di antispecismo

Il tema dello specismo, e di conseguenza anche dell’antispecismo, è stato, a partire dagli anni Settanta, declinato soprattutto in termini di “etica animale” o “liberazione animale”, includendo dunque relazioni che intercorrono tra animali umani e animali non-umani. Solo successivamente, grazie al lavoro di esponenti come Dorion Sagan e Kim Tallbear, questa visione è stata ampliata con la trattazione anche del mondo vegetale. 

La visione di Sagan, che porta a pensare a un’ispirazione e influenza materna, è quella di una vita biologica che consiste di un misto di culture : una simbiogenesi. Tutte le specie viventi sono esse stesse delle comunità interspecifiche, il risultato di comunità co-evolute attraverso relazioni simbiotiche, a volte singole vite che ospitano intere comunità al loro interno. 

Tallbear intende invece la simbiogenesi più come la sintesi di conoscenze e pratiche tramandate attraverso generazioni. Dice, “il materiale e il sociale si co-costituiscono […] come le cellule umane e i batteri che insieme creano creature “composite” che coabitano, si nutrono gli uni degli altri, o si creano e ri-creano fra loro.” 

Intelligenza vegetale 

Proprio nel filone di questo approccio interspecifico e interculturale si inseriscono gli studi di Stefano Mancuso e Monica Gagliano riguardo l’intelligenza vegetale. Le loro ricerche si concentrano sul comportamento e l’apprendimento delle piante partendo da una posizione dis-antropocentrica, fondata sul presupposto che l’intelligenza vegetale non possa essere comparata a quella umana, in quanto alternativa, non inferiore e non superiore, bensì diversa.

L’intelligenza rappresenta in questo caso un attributo intrinseco della vita che coinvolge ogni organismo vivente sulla terra, senza distinzioni. Da una prospettiva antispecista, si propone una riflessione sul legame fondamentale tra gli esseri viventi e l’intelligenza, non tanto come capacità superiore caratteristica degli organismi più complessi, ma la vita stessa che sorge da processi intelligenti.

Stefano Mancuso studia la capacità delle piante, in particolare del loro apparato radicale, di percepire stimoli e comunicare tramite segnali di natura per lo più elettrochimica. Attraverso questi segnali le piante sarebbero in grado di attuare processi decisionali, muoversi e addirittura riconoscere altre piante. 

Metaphysics of mixture. Notes on postnatural gardening (©muse.it)

Nel suo libro “Thus Spoke the Plant”, invece, Monica Gagliano, ospite della mostra con un gruppo di lettura aperto al pubblico martedì 23 aprile dalle 18.30 alle 20.30, testimonia la necessità di confrontarsi con culture che tradizionalmente non partecipano del pregiudiziale primato ontologico umano e impararne le strategie di comunicazione con le piante. Tra queste culture, la cultura sciamanica peruviana, la comunità Lakota della California e gli aborigeni dell’Australia centrale.

Un giardino postnaturale: piante e animali in un rapporto di interazione reciproca  

La creazione di un giardino postnaturale spinge a mettere in discussione i valori su cui si basa l’epoca contemporanea e a ridefinire nuovi modi di stare al Mondo attraverso una prospettiva che ricolloca l’uomo lontano dal suo ruolo centrale e dominante in vista di un orizzonte di azione comune. Il tutto supportato da pratiche ecologiche per risignificare abitudini radicate in alcune società, per proteggere la natura nel suo complesso e rispettare il valore di tutti i suoi componenti, strettamente interconnessi tra loro. 

Per ogni sezione della mostra è presente un’introduzione al termine approfondito nel glossario insieme a contenuti multimediali e una serie di domande che i ricercatori stessi si sono posti e che vengono rivolte al pubblico. “La mostra sta riscuotendo un notevole successo – afferma ad Agenda17 Alice Labor, curatrice dell’evento – soprattutto nella fascia dei giovani tra i venti e i quarant’anni. Ciò che emerge dai feedback che stiamo ricevendo è che spesso il problema del linguaggio sta nell’utilizzo di termini troppo complessi per spiegare una relazione che in realtà ha una natura semplice, cioè la cura tra specie simili. Ciò porta ad astrarre e allontanare il concetto.” 

Alice Labor, curatrice della mostra e ricercatrice presso il Muse (©LinkedIn)

La cultura attuale, dopo le teorie dell’evoluzionismo e dalla psicoanalisi, è giunta a stabilire una classificazione dialettica non dinamica, che vede le specie del regno vegetale, del regno animale e del mondo umano come entità separate. Bisogna allontanare questo concetto di comprensione verso il cambiamento, una dialettica evolutiva della vita come insieme di entità in perenne trasformazione che interagiscono e si prendono cura l’una delle altre. L’invito è dunque quello di spostare i nostri sguardi su alberi, erbe, i loro fiori e frutti, ma anche funghi e licheni e ad abbracciare visioni orizzontali inclusive verso tutti gli altri esseri più-che-umani, creando alleanze basate sull’empatia e la coesistenza.

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