I cambiamenti climatici hanno un impatto sempre più tangibile sulla vita del Pianeta e sullo “stato di salute” delle popolazioni. Lo “stato di salute” non è una mera “assenza di malattia” sia essa fisica o mentale, ma un più ampio stato di benessere globale.
Forma fisica e mentale a rischio a causa del cambiamento climatico
Nel sesto rapporto di valutazione dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo scientifico delle Nazioni Unite che valuta lo stato delle conoscenze sui cambiamenti climatici) dal titolo “Cambiamenti climatici 2022: impatti, adattamento e vulnerabilità” sono dettagliate le prove di un aumento dei rischi per la salute dovute alle temperature sempre più alte. Nelle popolazioni anziane si registrano livelli più elevati di mortalità a causa delle isole di calore urbane (Urban Heat Island-UHI) durante gli eventi di ondata di calore; uno studio del 2021 su Nature Climate Change stima un terzo di morti globali provocate dal caldo estremo.
L’aumento della temperatura dell’aria peggiora l’effetto delle isole di calore nelle nostre città con un impatto negativo anche sulla produttività di almeno metà della futura popolazione urbana mondiale.
Ma sono ampiamente descritti anche gli effetti dello stress da calore e della disidratazione sulla salute e la forma fisica e mentale, correlati a problemi comportamentali e di apprendimento, che compromette la concentrazione e le capacità cognitive sia negli adulti che nei bambini.
Tra le fasce colpite ci sono anche le persone ancora attive, con particolare vulnerabilità per il lavoro all’aperto: a causa delle alte temperature nel 2018 sono andate perse 45 miliardi di ore di produttività lavorativa rispetto al 2000.
Non solo l’umore, le capacità cognitive e le abilità: anche il comportamento sembrerebbe risentire pesantemente delle alte temperature che appaiono associate ad un aumento dell’aggressività interpersonale e inter-gruppo e dei crimini violenti.
Entro il 2100, tra la metà e i tre quarti della popolazione umana potrebbe essere esposta a periodi di condizioni climatiche potenzialmente letali derivanti dall’impatto combinato di calore estremo e umidità.

Esiste una conseguenza ancora più insidiosa e meno visibile che può impattare sul benessere delle persone e ha portato a coniare neologismi come ecoansia e solastalgia.
Si tratta dello stato di ansia sviluppato in riferimento alle conseguenze dei cambiamenti climatici sulla propria vita e sul proprio futuro. In generale questo stato di angoscia sembrerebbe avere un impatto maggiore sulle popolazioni indigene, maggiormente in simbiosi con l’ambiente circostante, mostrando un aumento della depressione, dell’abuso di sostanze psicotrope o di eventi suicidari.
Aumenta il rischio di esposizione a sostanze indesiderate e a radiazioni ultraviolette
I fattori ambientali influenzano l’incidenza delle malattie non trasmissibili. Esse rappresentano il più alto carico di malattie a livello globale.
Sono sensibili al clima le malattie respiratorie non infettive, le malattie cardiovascolari, il cancro e le malattie endocrine, incluso il diabete mentre si prevede un peggioramento del carico delle malattie allergiche a causa dell’aumentata esposizione ad aeroallergeni.

Aumenterà inoltre il rischio di esposizione a sostanze indesiderate come gli idrocarburi policiclici aromatici cancerogeni, perché le inondazioni che seguono le precipitazioni estreme possono causare la mobilitazione di sedimenti dove queste sostanze di scarto industriale si sono accumulate. L’aumento del caldo-umido o lo stress idrico può favorire infine anche l’esposizione alle aflatossine tossiche e si stima che questo si verificherà nei prossimi anni in Europa, India Africa e Nord America.
Sicurezza alimentare e migrazioni: il ruolo dei fattori socio-economici
Le pratiche e la produzione agricole e la qualità nutritiva delle colture alimentari sono sensibili ai cambiamenti a lungo termine di temperatura, umidità e precipitazioni.
Anche germi, microrganismi potenzialmente tossici e altri organismi nocivi risentono dei cambiamenti climatici: il cibo può quindi diventare un potenziale veicolo di nuove malattie. Il ben noto fenomeno delle specie invasive legato ai cambiamenti climatici può avere un impatto su animali e piante e il riscaldamento delle acque di oceani e mari ha conseguenze sull’intero ecosistema marino, con la proliferazione di alghe tossiche e la contaminazione dei prodotti ittici.
Il Global Nutrition Report (GNR) 2020 sottolinea che il clima può influenzare in modo importante almeno quattro aspetti legati alla nutrizione umana: produzione e disponibilità di cibo, stabilità delle scorte alimentari, accesso e utilizzo del cibo.
L’ aumento degli eventi climatici estremi ha una ricaduta ancora più drammatica su colture agricole e approvvigionamento di cibo delle popolazioni più povere del Pianeta con un aumento delle comunità umane che si trovano in condizioni di insicurezza alimentare. La Banca Mondiale prevede che entro il 2030 il numero di poveri causati dalle conseguenze sulla nutrizione potrebbe raggiungere la cifra di 122 milioni. Questo ha un impatto importante anche sulle migrazioni.
Nel decennio 2010-2019 si stima che gli eventi estremi legati al clima abbiano causato la migrazione di circa ventitré milioni di persone in media all’anno, lasciando molte altre in uno stato di povertà (dati Onu Italia).
Nonostante sia difficile, come segnala l’IPCC Report, generalizzare relazioni statistiche, ancora una volta l’aspetto socio-economico sembra determinante in molti contesti perché influenza l’accessibilità a opzioni di adattamento alternative meno pericolose e costose rispetto all’allontanamento (migrazione).
In genere, gli appartenenti a stati sociali più elevati e istruiti, hanno sia maggiore possibilità di accesso ad alternative alla migrazione, sia maggiori capacità economiche di affrontare la spesa della migrazione, al contrario delle fasce più povere, forzate a migrare dagli eventi climatici estremi che li privano delle poche fonti di sostentamento nel luogo di residenza.
