Binge drinking si diffonde fra i giovani e minaccia lo sviluppo cognitivo. Ma è tutto il consumo di alcolici che sta cambiando

Binge drinking si diffonde fra i giovani e minaccia lo sviluppo cognitivo. Ma è tutto il consumo di alcolici che sta cambiando

Durante la pandemia l’acquisto online di bevande alcoliche è aumentato del 250%. Dai primi dati del rapporto 2021 dell’Istituto superiore di sanità (Iss) emergono dati preoccupanti sulle abitudini di consumo di alcol nei giovani e sulle loro conseguenze.

Secondo il rapporto, il consumo di alcol sta cambiando, soprattutto fra i giovani sotto i venticinque anni. È in questa fascia di età, che si concentra il fenomeno del binge drinking, ovvero il bere per ubriacarsi, consumando velocemente grosse quantità di alcolici 

Le linee guida internazionali indicano che  l’assunzione di sostanze alcoliche nei giovani fino ai diciotto anni può provocare danni fisici e psicologici irreversibili, a causa dell’incapacità dell’organismo di smaltirle. Secondo il Ministero della salute, il consumo zero è l’unico riferimento possibile per questa categoria di età.  Eppure gli indicatori principali dei rapporti Iss continuano a denunciare un aumento, di anno in anno, del numero di giovani consumatori a rischio e di binge drinkers.

L’effetto dannoso del binge drinking sugli adolescenti

Le evidenze scientifiche mostrano che  sin dalla pre-adolescenza il cervello è  in continua trasformazione e che le connessioni cerebrali vengono continuamente rimodellate negli anni, soprattutto a livello della corteccia prefrontale. Questa zona del cervello, deputata all’espressione di comportamenti razionali si sviluppa durante una finestra temporale ben definita, dai dodici ai venticinque anni. Il riscontro di nuove abitudini di eccesso di consumo di alcool, ovvero di binge drinking, è particolarmente presente in questa popolazione, tanto da allarmare le istituzioni sanitarie che cercano da diversi anni di arginare il problema.

11 milioni e 200mila ragazzi sopra gli 11 anni bevono ogni giorno, e di questi 8 milioni e 700mila sono considerati ad alto rischio
(©Michael Discenza_Unsplash)

In base alle statistiche, nel 2019, il 66,8% della popolazione al di sopra degli 11 anni, pari a più 36 milioni di persone, ha consumato almeno una bevanda alcolica nel corso dell’anno. Di questi, 11 milioni e 200mila bevono ogni giorno e, a loro volta, 8 milioni e 700mila sono considerati ad alto rischio per il consumo di più unità alcoliche (un bicchiere di vino, un aperitivo o una birra) al giorno (due per le donne e tre per gli uomini), mentre gli altri 2 milioni e mezzo, nonostante il consumo quotidiano inferiore, hanno comunque un rischio moderato.

Tra i rischi alcol-correlati sono da ricordare le malattie come il cancro, le patologie epatiche e cardiovascolari, e le morti dovuti a incidenti stradali indirettamente legati allo stato di ebbrezza dei guidatori. Rischi che comportano la morte di migliaia di persone ogni anno solo in Italia. 

Ma oltre ai più noti, c’è un fattore di rischio ancora misconosciuto ai più, soprattutto tra i giovani: quello per cui l’effetto tossico dell’etanolo, contenuto in diverse percentuali negli alcolici (dal 6% fino al 70% di alcuni distillati), possa provocare un danno biologico irreversibile al cervello dei giovani consumatori, inibendo lo sviluppo cognitivo dei ragazzi a causa dell’interruzione della rimodulazione neuronale chiamata pruning (potatura), un processo che affina i collegamenti sinaptici del cervello e che si svolge durante tutta l’adolescenza per concludersi solo verso i venticinque anni.

 E’ questa l’età che l’Iss indica come consigliata per iniziare a consumare alcol. Qualsiasi consumo prima dei venticinque anni deve essere considerato come abuso in quanto, implica un’interruzione del raggiungimento dell’età adulta mentale a causa di questa cristallizzazione cerebrale indotta dall’alcol.

Qualsiasi uso di alcolici prima dei venticinque anni è da considerarsi abuso in quanto rischioso dal punto di vista cerebrale (©Zachary Kadolph_Unsplash)

L’effetto principale di questa mancata maturità cognitiva è un un comportamento impulsivo e in una perdita di funzioni cognitive che determinano una maggiore propensione a esporsi a  rischi per la propria vita e per la propria salute

Come la pandemia da Covid-19 ha influenzato la dipendenza da alcol

Alcuni dati preliminari riferiti alla pandemia, citati nel report Iss Istisan 2021 e relativi aggiornamenti in occasione dell’Alcohol Prevention Day (APD) 2021, e nel rapporto Iss COVID-19 n. 5/2021, riportano un aumento del fenomeno dell’home delivery che nel settore delle bevande alcooliche ha visto un’impennata tra il 181% e il 250%. 

Nonostante le rigide misure di contenimento dovute allo stato di emergenza pandemica, il rapporto denuncia che “l’approvvigionamento delle bevande alcoliche non ha conosciuto pause nel periodo del lockdown“. Al contrario, “il mercato ha rafforzato nuovi canali alternativi e anche meno controllati relativamente al divieto di vendita a minori”, cambiando “le abitudini degli italiani”.

Durante il lockdown sono nati nuovi canali alternativi e  meno controllati relativamente al divieto di vendita di alcolici ai minori (©infografica a cura di Dario Tobruk, Francesca Borsetti, Beatrice Uguagliati, Arianna Torres, Laura Scalvenzi)

L’isolamento forzato, commenta l’Iss, ha portato a “un incremento di consumo incontrollato, anche favorito da aperitivi digitali sulle chat e sui social network, spesso in compensazione della tensione conseguente all’isolamento, alle problematiche economiche, lavorative, relazionali e dei timori diffusi nella popolazione resa sicuramente più fragile dalla pandemia”.

Allo stesso tempo, si è presentato un ridotto calo dei binge drinkers: i consumatori che bevono molto e in poco tempo, al solo scopo di ubriacarsi, sono diminuiti  dal 9,5% al 8,2%. mentre il  del consumo fuori pasto dal 9,4% è calato al 8,6%, probabilmente dovuto al lockdown che impediva le attività sociali.

Seppure le vendite al dettaglio nei bar, pub e ristoranti sono crollate in ragione delle misure di restrizione, rendendo complesso in questa fase avere delle stime, è grazie all’Istituto europeo dipendenze (Ieud) che emergono alcune prime interpretazioni dei dati su come la pandemia abbia peggiorato la situazione.

Dai dati forniti sul loro sito è possibile constatare che ad acquistare alcolici online sono soprattutto gli uomini, con un incremento del 100% rispetto all’anno precedente, mentre in generale il 63% degli italiani già identificato a rischio ha pericolosamente incrementato il consumo, avvicinandosi a una vera e propria dipendenza.

È l’Istat a disegnare l’inversione delle abitudini di consumo, rispetto ai dieci anni precedenti la pandemia rilevando che, nonostante la quota totale dei consumatori sia in calo di due punti, il consumo si è spostato dal contesto domestico quotidiano (dal 27% al 20,2%) a quello fuori pasto (dal 41,5% al 46,6%), e occasionale (dal 25,5% al 30,6%).

Nell’arco degli ultimi  dieci anni, queste abitudini si sono diffuse tra tutte le fasce d’età, ma è in quella giovanile (18-24 anni) che si osserva il maggior scostamento tra il consumo giornaliero, che passa dal 16,2% al 10,2%, a quello occasionale che, aumenta dal 63,4% al 66,9%. 

Tali dati possono essere parzialmente confermati dall’aumento del 20% di richieste di interventi pervenuti all’Istituto Ieud , che si occupa di queste problematiche. “E’ infatti in famiglia – segnala il direttore Raffaele Lovaste – in situazioni di lockdown più o meno stretto,che può diventare insopportabile condividere le giornate con chi beve”.

Del resto, come denunciato dall’Iss, le chiusure obbligate hanno coinvolto anche i servizi di assistenza per le dipendenze e i centri di alcologia e salute mentale che “hanno registrato una crescita di difficile gestione prima, durante e dopo i lockdown per la scarsità delle risorse a disposizione, per la quantità di richieste inevase a causa delle restrizioni anti-Covid-19 e per l’impreparazione relativa a soluzioni digitali, solo tardivamente introdotte”.

One thought on “Binge drinking si diffonde fra i giovani e minaccia lo sviluppo cognitivo. Ma è tutto il consumo di alcolici che sta cambiando

  1. Il fenomeno descritto nell’articolo è oggetto di intervento da parte del Governo attraverso l’attuazione del Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, ma lo era anche nel precedente documento 2014-2018 con gli esiti chiariti dai nuovi dati. In sostanza il nuovo Piano prevede misure preventive, a partire dall’adozione di politiche “volte alla regolazione dell’accesso alla sostanza”. Ovviamente sono previste iniziative di educazione che coinvolgono tutti gli attori in causa, in particolare alla famiglia e alla scuola viene riconosciuto un ruolo cruciale nel contrasto del fenomeno, ben noto alle istituzioni in tutte le sue implicazioni, non solo di natura clinica.

    La tematica offre lo spunto per fare luce anche su un altro trend in preoccupante aumento ma “socialmente accettato” – lo riferisce il Piano – ossia l’abuso di psicofarmaci non prescritti tra i giovani. Nel merito spero di leggere un altro vostro bel pezzo.
    Buon proseguimento.

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